---------- Forwarded message ---------- Date: Wed, 15 Oct 2008 19:25:14 +0200 From: Stefano Bennati s.bennati@ing.unipi.it To: destinatari-ignoti: ; Subject: APPELLO PER L'UNIVERSITA'
A tutti i destinatari della mailing-list A_ Dottorato
Ho ricevuto da un collega di Firenze un appello che contiene una presa di posizione molto netta sulla attuale situazione dell'Università italiana. Ritengo utile farlo conoscere, al di là del fatto di condividerne o meno l'intera impostazione culturale.
Un cordiale saluto da
Stefano Bennati *^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
From: * "Giorgio Einaudi" <giorgio.einaudi.est@esteri.it mailto:giorgio.einaudi.est@esteri.it> *Date: * October 14, 2008 12:48:57 AM GMT+02:00 *Subject: * *universita' italiana*
Sono venuto a conoscenza di una presa di posizione sul dibattito innescato in Italia da una legge che riguarda l'Università e che sta provocando reazioni forti della comunità. Trovo l'appello ben fatto e ho deciso di contribuire a renderlo noto. Se siete d'accordo, fatelo circolare per favore. Troverete sotto indicazioni di come firmarlo.
Cordiali saluti,
Giorgio
Prof. Giorgio Einaudi Scientific Attachè -- Embassy of Italy 3000 Whitehaven St., N.W. Washington , D.C. 20008 Tel: 202-612-4436 Fax: 202-518-2143 E-mail: giorgio.einaudi@esteri.it mailto:giorgio.einaudi@esteri.it Web: www.ambwashingtondc.esteri.it http://www.ambwashingtondc.esteri.it
Invitiamo tutti i ricercatori e docenti italiani in Italia o all'estero a diffondere il seguente appello e, se condiviso, a controfirmarlo. La propria adesione va inviata per email all'indirizzo *meritonella133@gmail.com mailto:meritonella133@gmail.com* indicando: nome e cognome, posizione ricoperta ,dipartimento e università o istituto di ricerca. In calce si trova un elenco dei primi firmatari.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Una università più meritocratica
La recente approvazione della legge n.133, 6 Agosto 2008, (http://www.camera.it/parlam/leggi/08133l.htm ) ha riportato l'attenzione del paese sullo stato dell'Università. Da molti anni esiste un consenso internazionale sul fatto che l'Università italiana soffra di vari e gravi mali che ne impediscono un corretto funzionamento. Le insufficienze sono forse più platealmente evidenti nel campo della ricerca, ma anche dal lato della didattica vi sono evidenti problemi riguardo al numero di fuori-corso, al ridotto numero di laureati rispetto agli iscritti, all'inadeguatezza della formazione universitaria per il mercato del lavoro. In ambito internazionale esiste anche un diffuso consenso secondo cui gran parte di questi mali troverebbe soluzione se si adottasse un sistema di merito che premi le università virtuose ed emargini quelle mediocri. Qualifichiamo come "internazionale" la natura del consenso perché fuori d'Italia nessuno dubita che tale sia il problema, mentre all'interno del Paese, ed all'interno del mondo universitario italiano, ancora poche sono le voci francamente critiche mentre ancora troppi sono coloro che sostengono che tutto va bene o che i pochi problemi derivano soltanto da scarsità di risorse. Negli ultimi quattro mesi ci hanno rinfrancato le frequenti dichiarazioni in cui il ministro Gelmini affermava di essere consapevole dell'importanza di una riforma meritocratica del settore.
Il contenuto effettivo della legge 133, per la parte che attiene al settore universitario, ci ha purtroppo deluso. Nonostante le buone intenzioni, trattasi di un'occasione perduta che, di fatto, potrebbe fare ulteriore danno al sistema universitario italiano. Nella parte che qui interessa, la legge 133 prevede: (1) la limitazione del turnover al 20% dei pensionamenti, con proporzionale riduzione del finanziamento ordinario; (2) la possibilità per le università di trasformarsi in fondazioni senza scopo di lucro per raccogliere finanziamenti e donazioni dei privati.
Non vogliamo qui discutere se sia appropriato, da un punto di vista macroeconomico e di politica di bilancio, ridurre i fondi che vanno all'università ed alla ricerca per se. Dubitiamo fortemente che questa sia una buona idea, ma non è questo il momento per occuparsene. Assumiamo, quindi, la necessità di tagliare i fondi universitari purché questo sia fatto in maniera ottimale, nell'interesse del Paese. La creazione di fondazioni è invece un'operazione che trova il nostro consenso in quanto permetterebbe alle università italiane di raggiungere quell'autonomia patrimoniale, operativa e financo didattica che tanto loro manca e che è necessario presupposto alla valutazione dei risultati in sede di assegnazione di risorse pubbliche. Ma queste riforme vanno fatte bene, la qual cosa questa legge non fa.
Non lo fa perché il potenziale meritocratico insito nella trasformazione in fondazioni viene fortemente ridotto, se non totalmente eliminato, laddove la proposta di legge (art. 16, comma 9) indica che i fondi pubblici verranno utilizzati per "perequare" (ossia, bilanciare) i fondi privati: ai più meritevoli, in grado di raccogliere finanziamenti privati, arriveranno meno finanziamenti pubblici che fluiranno quindi, in maggiore quantità, ai meno meritevoli. Questo è l'opposto della meritocrazia tante volte invocata, e infatti in molti Paesi vige il principio esattamente opposto al comma 9, in base al quale lo Stato premia le università in proporzione ai fondi privati da esse raccolti, anziché punirle, fornendo oltre al finanziamento ordinario specifici fondi aggiuntivi (matching grants, con espressione inglese). In questo modo lo Stato concorrerebbe a premiare i meritevoli e punire i fannulloni, come contiamo il ministro Gelmini e l'intero Governo intendano fare. Consigliamo pertanto di eliminare l'anti-meritocratico criterio "perequativo" dal testo di legge e dalle finalità del finanziamento pubblico per l'università.
Ulteriori passi avanti si potrebbero compiere ampliando l'autonomia gestionale e contemporaneamente le responsabilità delle università, una volta costituite in fondazioni: (1) commisurando i finanziamenti statali alla produzione scientifica e ai risultati didattici in termini di numero e qualità dei laureati; (2) consentendo agli atenei maggiori margini di autonomia in materia di reclutamento dei docenti per poter accedere al mercato del lavoro accademico internazionale mediante contratti di tipo privatistico; (3) concedendo l' opportunità di fissare le tasse di iscrizione anche oltre l'attuale "tetto" del 20% sul totale dei fondi spesi.
Anche i tagli al finanziamento dell'Università possono diventare, nonostante la scarsa lungimiranza che li sottende, uno strumento per introdurre la meritocrazia: basta farli adeguatamente. Chiediamo, dunque, che i tagli di spesa siano accompagnati ora e subito da una seria riforma meritocratica. Chiediamo che le università italiane, i dipartimenti, i docenti e i ricercatori possano ricevere fondi dallo Stato solo a fronte di una periodica, imparziale e trasparente valutazione effettuata dalla comunità scientifica internazionale, come già accade nel resto delle istituzioni accademiche del mondo avanzato. In Italia, è necessario compiere tale esame in maniera generalizzata. Sulla base dei risultati si potranno poi allocare in modo equamente meritocratico i tagli desiderati.
In particolare, è opinione comune tra politici e commentatori che in mezzo ad un malcostume dilagante di nepotismi, familismi ed incompetenze, l'università italiana conosca ancora alcuni focolai di eccellenza che ne tengono alto il nome nel mondo con ricerche all'avanguardia ed altrettanto notevole insegnamento. Tali focolai d'eccellenza vanno alimentati e premiati. Chiediamo quindi che queste realtà vengano chiaramente identificate dalla comunità scientifica internazionale con i criteri obiettivi e trasparenti del peer reviewing condotto da scienziati esterni al sistema italiano.
L'attuale riforma punisce senza distinzioni tutto il mondo accademico italiano e questo non è né utile né saggio. Nessun criterio meritocratico viene introdotto, nessun trasferimento di risorse da chi non fa a chi fa viene attuato o anche solo incentivato. La legge 133 prescrive di qui al 2013 una riduzione del 13% del finanziamento ordinario all'università italiana senza però intervenire al suo interno e prefigurando quindi un sistema universitario identico al precedente, con tutti i suoi difetti e le sue distorsioni, solo rimpicciolito. Dubitiamo che questo possa essere utile al Paese. Anche se fosse vero che l'unico obiettivo consiste nel risparmiare (e ci auguriamo che non lo sia, perché ne va del futuro del paese) allora si risparmi tagliando brutalmente laddove non si insegna, non si fa ricerca, non si produce cultura, innovazione ed educazione di qualità, lasciando che le risorse fluiscano laddove si fa l'opposto. Anzi, si creino le condizioni legislative e di incentivi materiali perché le risorse, siano esse private o pubbliche, se ne vadano da laddove sono male utilizzate e si dirigano laddove possono essere ben utilizzate. Questa è la meritocrazia, quando funziona e quando la si vuol fare funzionare. Chiediamo al ministro Gelmini di seguire con i fatti le dichiarazioni a favore della meritocrazia da essa frequentemente rilasciate. Ora è il momento, ora si può fare, basta averne la volontà politica.
Primi firmatari
Alberto Bisin, Professor, Department of Economics, New York University
Michele Boldrin, J.G. Hoyt Distinguished University Professor, and Chair, Department of Economics, Washington University in Saint Louis
Nicola Di Cosmo, Henry Luce Foundation Professor of East Asian Studies, Institute for Advanced Studies, Princeton University
Giorgio Gilestro, Research Associate, Department of Psychiatry, University of Wisconsin , Madison
Nicola Lacetera, Assistant Professor, Weatherhead School of Management , Case Western Reserve University
Alberto Lusiani, Ricercatore di Fisica, Scuola Normale Superiore, Pisa
Andrea Moro, Associate Professor, Department of Economics, Vanderbilt University
Franco Peracchi, Professore Ordinario, Facoltà di Economia, Università di Roma "Tor Vergata"
Pietro Peretto, Associate Professor, Department of Economics, Duke University
Nicola Persico, Professor of Economics and Professor of Law and Society, New York University
Aldo Rustichini, Professor, Department of Economics, University of Minnesota , and Professor of Political Economy, Cambridge University
Pietro Senesi, Professore Associato di Politica Economica, Universita' di Napoli "L'Orientale"
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^