Caro Franco,
grazie per le informazioni, di cui non ero a conoscenza. Nei singoli corsi di studio potrebbe però essere opposta la frase tra parentesi "o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso”. Ovvero, se la commissione didattica paritetica ritiene che il singolo docente non promuova abbastanza, avrebbe il deterrente in consiglio per chiedere che a quel corso venga aumentato il numero di appelli scritti. Il messaggio tacito sembrerebbe “promuovi, se no ti aumentiamo gli appelli”. Inoltre la decisione finale sarà presa comunque dai Dipartimenti. Forse per l’importante contributo che diamo come Dipartimenti di Matematica e di Fisica, dovremmo avere anche un maggior numero di rappresentanti alla Scuola di Ingegneria. Il rischio è di trovarsi a vedere ratificate decisioni prese da altri, pur mantenendo la parvenza della supposta rappresentanza. Spero però che una decisione presa dal dipartimento possa essere portata ufficialmente all'attenzione del Consiglio della Scuola. Riguardo a ciò che sostiene Stefano, riducendo da 7 a 5 gli appelli scritti, gli studenti potranno ancora mantenere il loro metodo di provare l'esame come fosse un'esercitazione aggiuntiva, tanto che in ottimi atenei italiani come Padova e il Politecnico di Milano ne hanno 5, senza avere 2 assistenti e 10 tutor. Non sono a conoscenza di proteste e/o rivoluzioni in tali atenei, ma li ho visti classificati secondo l'ANVUR l'uno in prima posizione e l'altro in diciottesima, nella lista dei primi venti atenei italiani, dove il nostro purtroppo non c'era.
Saluti, Valentino
Il 11/01/16 11:30, FRANCO FLANDOLI ha scritto:
Cari tutti,
mi permetto di entrare nella discusisone solamente su un aspetto pratico.
L'accordo che emerse nella Scuola di Ingegneria dopo almeno un anno di discussioni fu che le prove scritte in aprile/novembre dovevano riguardare quei corsi che rallentano i fuoricorso nel loro tentativo di laurearsi, quindi tipicamente i corsi del terzo anno triennale e secondo magistrale.
Non si è formalizzato questo vincolo (terzo anno triennale e secondo magistrale) sia perché non giustificato rispetto alle regole di ateneo, sia per poter includere, in casi eccezionali, qualche esame di anni precedenti (o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso).
Pertanto siete tutti perfettamente autorizzati, nei vari consigli di corso di studio di appartenenza, a ribadire che le prove scritte in più NON sono state pensate per le materie di base.
Purtroppo l'Ateneo, pur avendo accolto l'indicazione di Ingegneria di togliere l'obbligo delle prove scritte ad aprile/novembre (è stata necessaria una modifica del regolamento, altrimenti erano obbligatorie per tutti), ha incluso una frasetta del tipo che la motivazione dev'essere di mancanza di aule.
A causa di questo, è possibile che in qualche consiglio di corso di studio regni un po' di confusione e ci si scordi dello spirito con cui è stato approvato il regolamento attuale. Quindi insistete che lo spirito era che gli scritti dovevano riguardare le materie degli ultimi anni. Ceraolo e molti altri possono confermarlo, dovessero esserci discussioni.
In commissione paritetica della Scuola di Ingegneria ho più volte illustrato i pregi dei sistemi esteri (francese ecc.) ma ovviamente il discorso cade lì. Il massimo che è emerso è stato un generico interesse di alcuni colleghi - esempio Bennati - a immaginare qualche corso pilota che faccia un esperimento (nel senso di rafforzare l'esperienza didattica durante il corso, con homeworks ecc., e cercare di esaurire gli esami col primo appello). Non sarebbe assurdo proporre qualche corso pilota, potremmo pensarci. Non credo che questo eliminerebbe i 7 appelli nemmeno per quel corso ma potrebbe dimostrare la superiorità di certi metodi didattici e provare l'inutilità di molti degli appelli successivi.
Saluti, Franco
Il 09.01.2016 17:00 direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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