Caro Paolo,
ti confesso di essere molto stupito da questa tua email, fermo restando la massima stima che tu sai io abbia per il tuo lavoro. Riguardo ai destinatari, sono sicuro che la email di Carlo giungerà senza difficoltà anche agli studenti, visto che non c’è organo di ateneo dove non siedano anche loro. Personalmente, oltre ad essere totalmente d'accordo con la email di Carlo, mi metto senza la minima esitazione tra coloro che sono profondamente umiliati dal preparare esami a ripetizione. L’umiliazione si trasforma in depressione quando penso che quel tempo che viene inutilmente buttato potrebbe essere speso per la ricerca, che non solo fa parte dei nostri obblighi istituzionali, ma si traduce persino in benefici finanziari per l’ateneo (tramite l’ANVUR). Sono d’accordo con te, gli studenti non sono bambini ma maggiorenni, e proprio per questo non hanno bisogno di avere quell’impressionante numero di esami, eccessivo persino se confrontato con altre buone università italiane, ma imbarazzante se confrontato con una qualunque università straniera. L’Università ha anche il compito di formare la futura classe dirigente e io ne vorrei una preparata, che si sa organizzare, non siamo la scuola dell’obbligo e la laurea non è un diritto. Gli studenti però hanno diritto ad una buona didattica e proprio per questo essa richiede già molto tempo, senza bisogno di una mostruosità come 7 appelli, che nuocciono alla didattica stessa! Penso che tutti coloro che la pensino come Paolo nel nostro dipartimento, non so se molti o un’esigua minoranza, lo dicano chiaramente, ma mi auguro che questo Dipartimento riuscirà a mantenere la sua missione che lo ha sempre caratterizzato, ovvero la ricerca. Spero che non siano alcuni studenti e/o alcuni colleghi, per ragioni di natura non-didattica e non-scientifica (come lo è senza alcun dubbio l'ottavo appello scritto), a dirci come deve essere il nostro lavoro o la stessa Università in cui viviamo ogni giorno.
Valentino
Il 10/01/16 17:33, acquistp@student.dm.unipi.it ha scritto:
Cari colleghi,
mi trovo in disaccordo con quanto affermato da Carlo Petronio, sia sul metodo che sul merito.
Sul metodo: se si vuole prendere via mail una posizione cosi' netta sul problema degli appelli, argomento che ha un cospicuo interesse per gli studenti, allora si mandi la mail per conoscenza anche agli studenti e non solo ai docenti.
Sul merito: gli studenti non sono bambini, ma persone maggiorenni. Ci sono gli studenti bravi e quelli meno bravi, talvolta demotivati da corsi troppo difficili o male insegnati (anche noi avremo qualche colpa sugli esiti didattici disastrosi). Nei panni di uno studente medio, non normalista, volendo preparare al meglio i numerosi esami (molti piu' di quelli che c'erano ai bei tempi miei e di Carlo Petronio), riuscirei a fare non piu' di un esame ad appello. Quindi i 7 appelli di ingegneria non mi sembrano esagerati. Personalmente non mi sento ne' depresso, ne' deresponsabilizzato, ne' demotivato, ne' umiliato dal dover fare didattica ed esami. Preparare e correggere sette prove scritte in un anno non mi pare un compito gravoso, visto che mi pagano anche per questo. Infine, non capisco perche' un eventuale appello straordinario, per lavoratori o per fuori corso, debba avere regole differenti dagli altri appelli. Quindi, secondo me, prova scritta si', se l'esame prevede una prova scritta.
Saluti
Paolo Acquistapace
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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