Cari colleghi,
come avrete visto si sta facendo strada l'idea, non insensata, di ricorrere a noi docenti della facoltà di scienze per coprire gli insegnamenti di base di Matematica che i colleghi di Ingegneria non sono in grado di coprire (avendo raggiunto già il minimo di 120 ore di didattica frontale). A questo proposito faccio presente che l'idea di mettere insieme i docenti delle stesse aree in un'unico dipartimento a cui affidare tutti i compiti didattici pertinenti (prescindendo quindi dalla facoltà di appartenenza) non è solo presente nella proposta di revisione dello statuto di cui tutti ben sappiamo, ma anche (per quel che si sente dire) nelle proposte di riforma della struttura delle università che sta preparando il ministero.
Di conseguenza, la questione della gestione delle risorse e del carico didattico dei docenti è diventata improvvisamente assai meno "astratta" di quanto non fosse solo pochi mesi fa.
A mio parere ci sono diversi interventi che potrebbero avere senso:
1. Al momento sia nel nostro corso di laurea che in altri il numero di ore previste per i corsi NON corrisponde a quello effettivamente svolto seguendo il calendario accademico predisposto dai corsi di laurea stessi (per esempio, i nostri corsi di 60 ore, a verifica fatta sui miei registri delle lezioni degli anni passati, durano in media di 70 ore, e cose simili valgono anche per molti corsi di servizio).
Fermo restando che alla fine quello che deve contare è il numero di ore effettivamente svolte secondo il registro delle lezioni, potrebbe avere senso uniformare a poco a poco il numero di ore previste per un corso con quelle effettivamente svolte (il presupposto è che queste ultime siano effettivamente necessarie e non un capriccio del docente) nel nostro corso di laurea ma anche (e sopratutto) fuori.
2. L'interpretazione dell'obbligo di 120 ore di didattica frontale che si sta affermando, anche per via di come sono state scritte le linee guida d'ateneo, sembra essere questa: se un professore (il discorso per i ricercatori è diverso) arriva a 120 ore non gli si possono imporre altri corsi. A quel punto le eventuali ulteriori necessità didattiche vanno scaricate sui docenti che ancora non arrivano a 120 ore. Il problema in questo modo di vedere le cose è che prescinde totalmente dai seguenti altri parametri: a) peso effettiva dei corsi in termini di esami e numero di studenti, b) altre atttività del docente (tesi, amministrazione, etc.), c) attività scientifica del docente.
Ritengo che noi dovremmo innazitutto stabilire un criterio di ripartizione AD USO INTERNO dei carichi didattici che tenga conto di questi fattori.
Ma oltre che ad affrontare la questione a livello di dipartimento, dovremmo anche portarla avanti a livello di facoltà e/o di ateneo.
In particolare non deve valere il principio che a un docente che non fa nessuna o quasi ricerca e non ha incarichi amministrativi non possano essere attribuiti corsi per più di 120 ore, imponendo di fatto lo stesso numero di ore ad un docente che invece fa ricerca e/o ha incarichi amministrativi. (A questo proposito faccio notare che in tutte le leggi esistenti il carico didattico dei professori viene stabilito solo in termini di minimo e non di massimo: solo le linee guida del nostro ateneo riescono a far sembrare vero il contrario.)
Riuscire ad affermare questo punto a livello di ateneo potrebbe essere utile per definire il futuro uso delle risorse.
3. Il carico didattico medio nel nostro dipartimento sta aumentando, e questa tendenza dovrebbe proseguire per un po'. Questo ci porterà prima o poi a doverci chiedere quali corsi attivare e quali no.
L'attuale programmazione didattica da questo punto di vista non è perfetta: non sono pochi i corsi che sono stati attivati costantemente attivati negli ultimi anni pur non raggiungendo un numero congruo di studenti (secondo le linee guida di ateneo) ma sopratutto è ineguale la distribuzione di tali corsi tra i docenti delle diverse sezioni (e di nuovo prescinde completamente da parametri quali la ricerca o altro).
Forse bisognerebbe definire una volta per tutte quali corsi di base spetta coprire a quali sezioni, dopodiché ogni sezione gestisce le proprie risorse come ritiene opportuno.
Giovanni Alberti
Cari Colleghi, mi assoccio al messaggio di Giovanni( e anche alle critiche). Al CCL di oggi non possiamo fare una discussione lunga perche e la programmazione che dobbiamo finire in un certo modo, ma i problemi posti bosogna essere approfonditi per chiarire le nostre regole interni, amegliorare la qualita' della didattica e preparare eventuali modifiche nel regolamento (come si sa abbiamo tempo per modificare UNIRED fino al anno prossimo in gennaio 2010). Un riassunto di quello che ha scritto Giovanni lo mettiamo come allegato del verbale oggi. Vorrei aggiungere la proposta di mettere sul tavolo insieme con Mat. Applicata non solo la pogrammazione, ma anche i eventuali nuovi posti. A presto vladimir
On Mon, 18 May 2009, Giovanni Alberti wrote:
Cari colleghi,
come avrete visto si sta facendo strada l'idea, non insensata, di ricorrere a noi docenti della facoltà di scienze per coprire gli insegnamenti di base di Matematica che i colleghi di Ingegneria non sono in grado di coprire (avendo raggiunto già il minimo di 120 ore di didattica frontale). A questo proposito faccio presente che l'idea di mettere insieme i docenti delle stesse aree in un'unico dipartimento a cui affidare tutti i compiti didattici pertinenti (prescindendo quindi dalla facoltà di appartenenza) non è solo presente nella proposta di revisione dello statuto di cui tutti ben sappiamo, ma anche (per quel che si sente dire) nelle proposte di riforma della struttura delle università che sta preparando il ministero.
Di conseguenza, la questione della gestione delle risorse e del carico didattico dei docenti è diventata improvvisamente assai meno "astratta" di quanto non fosse solo pochi mesi fa.
A mio parere ci sono diversi interventi che potrebbero avere senso:
Al momento sia nel nostro corso di laurea che in altri il numero di ore previste per i corsi NON corrisponde a quello effettivamente svolto seguendo il calendario accademico predisposto dai corsi di laurea stessi (per esempio, i nostri corsi di 60 ore, a verifica fatta sui miei registri delle lezioni degli anni passati, durano in media di 70 ore, e cose simili valgono anche per molti corsi di servizio).
Fermo restando che alla fine quello che deve contare è il numero di ore effettivamente svolte secondo il registro delle lezioni, potrebbe avere senso uniformare a poco a poco il numero di ore previste per un corso con quelle effettivamente svolte (il presupposto è che queste ultime siano effettivamente necessarie e non un capriccio del docente) nel nostro corso di laurea ma anche (e sopratutto) fuori.
L'interpretazione dell'obbligo di 120 ore di didattica frontale che si sta affermando, anche per via di come sono state scritte le linee guida d'ateneo, sembra essere questa: se un professore (il discorso per i ricercatori è diverso) arriva a 120 ore non gli si possono imporre altri corsi. A quel punto le eventuali ulteriori necessità didattiche vanno scaricate sui docenti che ancora non arrivano a 120 ore. Il problema in questo modo di vedere le cose è che prescinde totalmente dai seguenti altri parametri: a) peso effettiva dei corsi in termini di esami e numero di studenti, b) altre atttività del docente (tesi, amministrazione, etc.), c) attività scientifica del docente.
Ritengo che noi dovremmo innazitutto stabilire un criterio di ripartizione AD USO INTERNO dei carichi didattici che tenga conto di questi fattori.
Ma oltre che ad affrontare la questione a livello di dipartimento, dovremmo anche portarla avanti a livello di facoltà e/o di ateneo.
In particolare non deve valere il principio che a un docente che non fa nessuna o quasi ricerca e non ha incarichi amministrativi non possano essere attribuiti corsi per più di 120 ore, imponendo di fatto lo stesso numero di ore ad un docente che invece fa ricerca e/o ha incarichi amministrativi. (A questo proposito faccio notare che in tutte le leggi esistenti il carico didattico dei professori viene stabilito solo in termini di minimo e non di massimo: solo le linee guida del nostro ateneo riescono a far sembrare vero il contrario.)
Riuscire ad affermare questo punto a livello di ateneo potrebbe essere utile per definire il futuro uso delle risorse.
Il carico didattico medio nel nostro dipartimento sta aumentando, e questa tendenza dovrebbe proseguire per un po'. Questo ci porterà prima o poi a doverci chiedere quali corsi attivare e quali no.
L'attuale programmazione didattica da questo punto di vista non è perfetta: non sono pochi i corsi che sono stati attivati costantemente attivati negli ultimi anni pur non raggiungendo un numero congruo di studenti (secondo le linee guida di ateneo) ma sopratutto è ineguale la distribuzione di tali corsi tra i docenti delle diverse sezioni (e di nuovo prescinde completamente da parametri quali la ricerca o altro).
Forse bisognerebbe definire una volta per tutte quali corsi di base spetta coprire a quali sezioni, dopodiché ogni sezione gestisce le proprie risorse come ritiene opportuno.
Giovanni Alberti
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