Scusate se mi intrometto di nuovo. Mettetevi nei panni di uno studente "medio", che si presenta ad un qualsiasi esame solo quando si sente preparato. Avete 7 materie, ognuna con 7 possibili date di presentazione, nel complesso ben distribuite. Però non potete presentarvi più di 3 volte ad ogni materia. Non vi pare (molto!) più che sufficiente per una buona distribuzione degli esami?
Inoltre, avendo studiato durante tutto l'anno, non si possono avere 2 esami pronti al primo appello? E dopo il periodo estivo? HBV -----------------
At 19.02 09/01/2016, majer@dm.unipi.it wrote:
Completamente d'accordo anche io. Spero che riusciremo prima possibile a ritornare a numeri più ragionevoli. Può essere interessante conoscere il motivo del numero 7. Secondo le parole di un rappresentante degli studenti:
"( ) infatti i 7 appelli servono perché in media ogni corso di laurea a ingegneria ha 7 esami all'anno. In questo modo è possibile, in teoria, preparare un esame diverso per ogni appello."
Detto così sembra un argomento convincente. In effetti ricordo che quando ero studente gli amici ingegneri preparavano ognuno dei circa sette esami per ognuno dei circa sette diversi appelli. Come mai? Semplicemente non erano presenti *tutte* le materie in *tutte* le date; quello che non era possibile (né se ne sentiva bisogno) era scegliere l'ordine preferito fra i 7!
Saluti P.
(PS intendo 7!=5040 )
Completamente d'accordo e mi permetto di aggiungere una postilla: quando si fanno gli esami si dovrebbero verbalizzare anche le prove non superate, anche se ad esclusivi fini statistici e senza alcuna conseguenza per lo studente. Probabilmente il sistema di registrazione degli esami già lo consente e se non sbaglio in altri dipartimenti del nostro ateneo lo fanno, ma da noi non è la prassi. Avere queste statistiche può aiutare a valutare l'efficienza del nostro sistema (per usare un eufemismo) e in ogni caso serve a rendere conto, anche all'esterno, del nostro impegno di lavoro. Non si capisce perché si debba rendere conto di tutta la nostra attività didattica e di ricerca con il contagocce, con valutazioni e autovalutazioni, quando invece uno degli impegni più gravosi non viene in alcun modo conteggiato.
Alessandro Berarducci
Il giorno 09/gen/2016, alle ore 08.00, Direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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