Caro Marco,
ti scrivo (a te e a tutti quelli che leggono in copia) per dire quello che sento in questo momento. Cioè che secondo me quella di Rosalba è un'ottima proposta. Vorrei inoltre aggiungere un'altra motivazione, oltre a quelle da te elencate, per fare come suggerisce la prorettrice. Ovvero, "creare un legame" con quei ragazzi. Che voglio dire con questa frase? A volte, per poter comunicare appieno, il linguaggio ordinario non basta e bisogna esprimersi per metafore. Ecco allora la mia metafora, con la quale cerco di comunicarti appieno quello che sento. Tu certamente conosci il "Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupery. Il capitolo XXI inizia così:
In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
La bellissima storia del piccolo principe continua, ma a me basta questa parte. Per me i ragazzi della sala occupata sono come la volpe, che non è addomesticata e chiede di essere addomesticata.
Per finire, io chiedo a te, così come a tutti noi, di custodire gelosamente il segreto che alla fine del capitolo la volpe rivela al piccolo principe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Paolo
Il giorno 06 maggio 2013 21:15, Marco Abate abate@dm.unipi.it ha scritto:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva,
cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni
(sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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