Cari Colleghi,
come risposta ai sempre più frequenti attacchi sui
mass media relativi ai "concorsi truccati" con cui si vuole convincere
un'opinione pubblica (a cui in verità dell'Università, tranne l'aspetto
folkloristico delle manifestazioni, non sembra importare molto) che tutta
l'Università è malata e quindi tutti d'accordo che le sta bene se si
tagliano un pò di fondi, ecc. (destra e sinistra unite visto che la
campagna contro non ha un chiaro colore politico), abbiamo incominciato a
parlare di meritocrazia, di sorteggio dei commissari, di I.F., di studiosi
stranieri che dicano la loro e così via. Sembrano tutti dimenticare come vanno
e, con piccole modifiche, sono andate le cose e perchè siamo (chi lo è)
ricercatori o professori di I o II fascia. La storia può iniziare con il
professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di
svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare
poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo
parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di
continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la
tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un
affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro
molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta,
l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non
mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo
l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella
psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di
ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi
molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di
personale più degli altri settori, che ha eventuali candidati con le carte
in regola, che la sua ricerca è quotata anche internazionalmente, che la
didattica è esorbitante, che sta per andare in pensione, ecc. Deve convincere
che un posto di ricercatore, inizialmente (ma la storia si ripete per la
carriera successiva), su quel settore non è necessario, è indispensabile. Deve
convincere a livello di C.d.L. o di Dipartimento prima, di Facoltà dopo, altre
persone che diranno le stesse cose per i loro settori. La lotta è lunga (dato
che i posti sono pochi e poco frequenti), al termine della quale, se si è vinto,
l'Università bandisce quel posto. A questo punto X si fa nominare membro interno
(una volta si sarebbe fatto votare dai colleghi) della Commissione giudicatrice
e cercherà di convincere gli altri Commissari (eletti o sorteggiati che siano)
che il suo allievo è meritevole di vincere. La doppia (addirittura tripla
inizialmente) idoneità, oggi tanto contestata, gli veniva in aiuto in quanto
anche almeno un altro Commissario poteva essere soddisfatto (e prepararsi a sua
volta alla lotta perchè l'idoneo, chiamato, fosse pagato da una Università che
non aveva richiesto il posto e poteve non avere molti fondi). Quasi (ripeto
quasi) tutti noi siamo all'Università con un iter di questo tipo. Invece, in
nome di una meritocrazia fine a se stessa, se il candidato di X fosse stato meno
bravo, avrebbe dovuto vincere un altro più meritevole che però forse faceva
altra ricerca con strumenti diversi, che potrebbe essere scontento di
trasferirsi, che alla prima occasione ritorna nell'Università di provenienza
(alle volte, ripeto alle volte, si inserisce perfettamente e dimostra di essere
stato un ottimo acquisto, in questo caso però che ne facciamo dell'altro?
aspetta vent'anni per un successivo concorso?).
Ecco, secondo me tenendo ben presente tutto questo
iter dobbiamo cercare di individuare l'anello debole della catena di eventi ed
intervenire lì. Infine, sempre a proposito di meritocrazia, chi pensa di avere
vinto un concorso perchè raccomandato e non perchè lo meritava?
Grazie, con un cordiale saluto, Giovanni U. Floris,
Università di Cagliari