carissimi, se posso dire la mia opinione (da recente pensionato, e dunque teoricamente, ma non personalmente, interessato alla questione), vorrei spezzare una lancia in favore dell'intervento di cerami. o almeno, di quello che leggo tra le righe dei servizi giornalistici che l'hanno riportato, il che lascia sempre supporre una semplificazione, per non dire un travisamento, di cio' che e' stato detto in origine. ho gia' ricordato in un mio articolo su repubblica di qualche settimana fa, che sia negli stati uniti che in unione sovietica (i due paesi in cui ho avuto la piu' lunga esperienza, di una ventina d'anni nel primo e di un paio d'anni nel secondo) si fa una distinzione fra ricerca e didattica. e non solo, come alcuni di voi hanno ricordato, nel senso che ci sono universita' di ricerca ("di serie A") e universita' di didattica ("di serie B"). anche all'interno delle prime e' infatti possibile (e potrei citare per nome e cognome vari casi che conosco personalmente), aver fatto ricerca ai massimi livelli, e col tempo aver diminuito, o addirittura sospeso, questa attivita', pur rimanendo validamente al servizio nella didattica, senza alcun ostracismo. cosi' come e' possibile aver fin da subito dedicato quasi tutto il proprio tempo alla didattica, anche in universita' di primo livello (ivy league, per intenderci). trovo abbastanza pretenzioso e pretestuoso sostenere che "non si puo' fare della buona didattica se non si e' fatto (e, addirittura, non si continuna a fare) della buona ricerca". la cosa naturalmente e' vera per i corsi avanzati(ssimi) di dottorato, che sono appunto quelli in cui si insegna la ricerca in corso, e la cosa e' in tal caso tautologica. ma non vedo come non si possano insegnare non solo i corsi di base, ma anche quelli abbastanza avanzati, senza aver fatto ricerca nel campo. al contrario, nelle universita' in cui sono stato io l'insegnamento dei corsi di base (cioe' quasi tutti i corsi undergraduate, e i primi graduate) viene spesso dato indipendentemente dalle proprie aree di ricerca, e io (da logico) mi sono trovato a insegnare (spesso controvoglia) analisi, geometria, combinatoria, storia delle matematiche, programmazione funzionale, e varie altre materie. cio' detto, e per tornare a cerami, nelle sue parole vedo non tanto una mancanza di rispetto per la ricerca, quanto piuttosto la realistica presa d'atto che spesso (ovviamente, non sempre, e forse, ma meno ovviamente, nemmeno di norma) cio' che viene passato appunto come tale, in realta' non e' che esercizio di poca fantasia e di poco impatto: lo testimoniano i lavori spesso presentati ai concorsi, e non soltanto da coloro che poi non hanno vinto il posto. ed e' proprio l'invenzione dei fattori di impatto a dimostrare che la situazione e' endemica anche all'estero. credo dunque che sarebbe bene evitare di agire e pensare sulla base del motto "qualunque ricerca e' meglio di qualunque insegnamento", che dovrebbe invece essere sostituito da "non tutta la ricerca e' buona, e una buona didattica e' meglio e piu' utile di una cattiva ricerca". a ciascuno il suo, come d'altronde si dice nel motto degli stati uniti. cordialmente, buona ricerca e buona didattica a tutti! pgo