Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Completamente d'accordo e mi permetto di aggiungere una postilla: quando si fanno gli esami si dovrebbero verbalizzare anche le prove non superate, anche se ad esclusivi fini statistici e senza alcuna conseguenza per lo studente. Probabilmente il sistema di registrazione degli esami già lo consente e se non sbaglio in altri dipartimenti del nostro ateneo lo fanno, ma da noi non è la prassi. Avere queste statistiche può aiutare a valutare l'efficienza del nostro sistema (per usare un eufemismo) e in ogni caso serve a rendere conto, anche all'esterno, del nostro impegno di lavoro. Non si capisce perché si debba rendere conto di tutta la nostra attività didattica e di ricerca con il contagocce, con valutazioni e autovalutazioni, quando invece uno degli impegni più gravosi non viene in alcun modo conteggiato.
Alessandro Berarducci
Il giorno 09/gen/2016, alle ore 08.00, Direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Completamente d'accordo anche io. Spero che riusciremo prima possibile a ritornare a numeri più ragionevoli. Può essere interessante conoscere il motivo del numero 7. Secondo le parole di un rappresentante degli studenti:
"(…) infatti i 7 appelli servono perché in media ogni corso di laurea a ingegneria ha 7 esami all'anno. In questo modo è possibile, in teoria, preparare un esame diverso per ogni appello."
Detto così sembra un argomento convincente. In effetti ricordo che quando ero studente gli amici ingegneri preparavano ognuno dei circa sette esami per ognuno dei circa sette diversi appelli. Come mai? Semplicemente non erano presenti *tutte* le materie in *tutte* le date; quello che non era possibile (né se ne sentiva bisogno) era scegliere l'ordine preferito fra i 7!
Saluti P.
(PS intendo 7!=5040 )
Completamente d'accordo e mi permetto di aggiungere una postilla: quando si fanno gli esami si dovrebbero verbalizzare anche le prove non superate, anche se ad esclusivi fini statistici e senza alcuna conseguenza per lo studente. Probabilmente il sistema di registrazione degli esami già lo consente e se non sbaglio in altri dipartimenti del nostro ateneo lo fanno, ma da noi non è la prassi. Avere queste statistiche può aiutare a valutare l'efficienza del nostro sistema (per usare un eufemismo) e in ogni caso serve a rendere conto, anche all'esterno, del nostro impegno di lavoro. Non si capisce perché si debba rendere conto di tutta la nostra attività didattica e di ricerca con il contagocce, con valutazioni e autovalutazioni, quando invece uno degli impegni più gravosi non viene in alcun modo conteggiato.
Alessandro Berarducci
Il giorno 09/gen/2016, alle ore 08.00, Direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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Definire "*sciagura* tutta italiana" il nostro ordinamento degli esami mi sembra proprio la parola adatta.
Ed e figlia della "*demagogia* politica tutta italiana".
Cordiali saluti a tutti, Vieri
2016-01-09 17:00 GMT+01:00 direttore@dm.unipi.it:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Anch'io sono pienamente d'accordo con il Direttore, e mi sembra un'ottima cosa porre con forza il problema "appelli d'esame".
Per completezza, aggiungo che la riduzione ad un unico appello comporta anche una riorganizzazione del lavoro didattico.
Tipicamente, nei corsi all'estero di cui ho esperienza, sono previsti veloci tests a scadenza settimanale o bisettimanale, e nei corsi con molti studenti, l'aiuto di diversi TA ("teaching assistants") per le esercitazioni. Il voto finale e' per meta' determinato dai punteggi ottenuti nei test, e per l'altra meta' dallo scritto finale.
Nel mondo dei sogni, mi piacerebbe vedere preso sul serio questo tipo di riorganizzazione della didattica per i corsi di servizio.
Cordialmente, Mauro Di Nasso
P.S. Ho indirizzato questo mio commento solo alla lista "docenti". Se si apre un'utile discussione per confrontare le opinioni tra i docenti di matematica, mi sembra piu' opportuno - per il momento - non coinvolgere ingegneria.
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Cari colleghi,
mi trovo in disaccordo con quanto affermato da Carlo Petronio, sia sul metodo che sul merito.
Sul metodo: se si vuole prendere via mail una posizione cosi' netta sul problema degli appelli, argomento che ha un cospicuo interesse per gli studenti, allora si mandi la mail per conoscenza anche agli studenti e non solo ai docenti.
Sul merito: gli studenti non sono bambini, ma persone maggiorenni. Ci sono gli studenti bravi e quelli meno bravi, talvolta demotivati da corsi troppo difficili o male insegnati (anche noi avremo qualche colpa sugli esiti didattici disastrosi). Nei panni di uno studente medio, non normalista, volendo preparare al meglio i numerosi esami (molti piu' di quelli che c'erano ai bei tempi miei e di Carlo Petronio), riuscirei a fare non piu' di un esame ad appello. Quindi i 7 appelli di ingegneria non mi sembrano esagerati. Personalmente non mi sento ne' depresso, ne' deresponsabilizzato, ne' demotivato, ne' umiliato dal dover fare didattica ed esami. Preparare e correggere sette prove scritte in un anno non mi pare un compito gravoso, visto che mi pagano anche per questo. Infine, non capisco perche' un eventuale appello straordinario, per lavoratori o per fuori corso, debba avere regole differenti dagli altri appelli. Quindi, secondo me, prova scritta si', se l'esame prevede una prova scritta.
Saluti
Paolo Acquistapace
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Scusa Paolo ma questo punto:
Nei panni di uno studente medio, non normalista, volendo preparare al meglio i numerosi esami (molti piu' di quelli che c'erano ai bei tempi miei e di Carlo Petronio), riuscirei a fare non piu' di un esame ad appello. Quindi i 7 appelli di ingegneria non mi sembrano esagerati.
è l'argomento che ripetono sempre anche i rappresentanti degli studenti. Sette o fossero pure dieci date per gli appelli vanno benissimo: quello che non va bene è avere t u t t e le materie presenti t u t t e le volte. Un' aberrazione consumistica.
P.
Cari colleghi,
anche io sono preoccupato per questa situazione. Adesso siamo a 9 appelli? ma che senso ha?
Credo che il numero spropositato di appelli che mettiamo sia un contentino che cerca, senza riuscirci, di compensare il fatto che da noi il supporto alla didattica è quasi inesistente.
Come è già stato notato, in molti altri paesi c'è un solo appello o due, ma gli studenti sono seguiti costantemente e personalmente dagli assistenti e dai tutors. In questo modo molti di loro arrivano velocemente alla preparazione necessaria e l'appello è quasi una formalità.
Noi lasciamo gli studenti arrangiarsi da soli in corsi di 150-250, dove quasi tutti non avranno la possibilità di interagire con il docente o con l'esercitatore (quando c'è). Credo che sia esperienza comune a tutti il fatto che in ogni corso c'è un gruppo di 20-25 studenti molto attivi che fanno molte domande, vengono a ricevimento, etc...; ma gli altri 170? Ci parliamo solo all esame.
Per questo gli appelli diventano una specie di esercitazioni supplementari, "per provare" e capire piano piano cosa c'è da fare per "passare".
Questo fa si che molti studenti poi procedano nello studio più lentamente e si laureino in ritardo. Cosa di cui poi l'industria e la politica si lamentano da sempre senza fare nulla.
E' chiaro che non si può passare per magia e senza risorse supplementari da un corso con 7 appelli e un unico docente a un corso con 2 appelli, un docente, 2 assistenti e 10 tutor.
Però io credo che si dovrebbe provare ad andare in quella direzione, cercando le risorse per aumentare il supporto alla didattica (sono poche centinaia di euro a corso!) e ridurre gradualmente il numero degli appelli.
Saluti Stefano
Il 11-01-2016 10:44 majer@dm.unipi.it ha scritto:
Scusa Paolo ma questo punto:
Nei panni di uno studente medio, non normalista, volendo preparare al meglio i numerosi esami (molti piu' di quelli che c'erano ai bei tempi miei e di Carlo Petronio), riuscirei a fare non piu' di un esame ad appello. Quindi i 7 appelli di ingegneria non mi sembrano esagerati.
è l'argomento che ripetono sempre anche i rappresentanti degli studenti. Sette o fossero pure dieci date per gli appelli vanno benissimo: quello che non va bene è avere t u t t e le materie presenti t u t t e le volte. Un' aberrazione consumistica.
P. _______________________________________________ Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Caro Paolo,
ti confesso di essere molto stupito da questa tua email, fermo restando la massima stima che tu sai io abbia per il tuo lavoro. Riguardo ai destinatari, sono sicuro che la email di Carlo giungerà senza difficoltà anche agli studenti, visto che non c’è organo di ateneo dove non siedano anche loro. Personalmente, oltre ad essere totalmente d'accordo con la email di Carlo, mi metto senza la minima esitazione tra coloro che sono profondamente umiliati dal preparare esami a ripetizione. L’umiliazione si trasforma in depressione quando penso che quel tempo che viene inutilmente buttato potrebbe essere speso per la ricerca, che non solo fa parte dei nostri obblighi istituzionali, ma si traduce persino in benefici finanziari per l’ateneo (tramite l’ANVUR). Sono d’accordo con te, gli studenti non sono bambini ma maggiorenni, e proprio per questo non hanno bisogno di avere quell’impressionante numero di esami, eccessivo persino se confrontato con altre buone università italiane, ma imbarazzante se confrontato con una qualunque università straniera. L’Università ha anche il compito di formare la futura classe dirigente e io ne vorrei una preparata, che si sa organizzare, non siamo la scuola dell’obbligo e la laurea non è un diritto. Gli studenti però hanno diritto ad una buona didattica e proprio per questo essa richiede già molto tempo, senza bisogno di una mostruosità come 7 appelli, che nuocciono alla didattica stessa! Penso che tutti coloro che la pensino come Paolo nel nostro dipartimento, non so se molti o un’esigua minoranza, lo dicano chiaramente, ma mi auguro che questo Dipartimento riuscirà a mantenere la sua missione che lo ha sempre caratterizzato, ovvero la ricerca. Spero che non siano alcuni studenti e/o alcuni colleghi, per ragioni di natura non-didattica e non-scientifica (come lo è senza alcun dubbio l'ottavo appello scritto), a dirci come deve essere il nostro lavoro o la stessa Università in cui viviamo ogni giorno.
Valentino
Il 10/01/16 17:33, acquistp@student.dm.unipi.it ha scritto:
Cari colleghi,
mi trovo in disaccordo con quanto affermato da Carlo Petronio, sia sul metodo che sul merito.
Sul metodo: se si vuole prendere via mail una posizione cosi' netta sul problema degli appelli, argomento che ha un cospicuo interesse per gli studenti, allora si mandi la mail per conoscenza anche agli studenti e non solo ai docenti.
Sul merito: gli studenti non sono bambini, ma persone maggiorenni. Ci sono gli studenti bravi e quelli meno bravi, talvolta demotivati da corsi troppo difficili o male insegnati (anche noi avremo qualche colpa sugli esiti didattici disastrosi). Nei panni di uno studente medio, non normalista, volendo preparare al meglio i numerosi esami (molti piu' di quelli che c'erano ai bei tempi miei e di Carlo Petronio), riuscirei a fare non piu' di un esame ad appello. Quindi i 7 appelli di ingegneria non mi sembrano esagerati. Personalmente non mi sento ne' depresso, ne' deresponsabilizzato, ne' demotivato, ne' umiliato dal dover fare didattica ed esami. Preparare e correggere sette prove scritte in un anno non mi pare un compito gravoso, visto che mi pagano anche per questo. Infine, non capisco perche' un eventuale appello straordinario, per lavoratori o per fuori corso, debba avere regole differenti dagli altri appelli. Quindi, secondo me, prova scritta si', se l'esame prevede una prova scritta.
Saluti
Paolo Acquistapace
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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Cari tutti,
mi permetto di entrare nella discusisone solamente su un aspetto pratico.
L'accordo che emerse nella Scuola di Ingegneria dopo almeno un anno di discussioni fu che le prove scritte in aprile/novembre dovevano riguardare quei corsi che rallentano i fuoricorso nel loro tentativo di laurearsi, quindi tipicamente i corsi del terzo anno triennale e secondo magistrale.
Non si è formalizzato questo vincolo (terzo anno triennale e secondo magistrale) sia perché non giustificato rispetto alle regole di ateneo, sia per poter includere, in casi eccezionali, qualche esame di anni precedenti (o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso).
Pertanto siete tutti perfettamente autorizzati, nei vari consigli di corso di studio di appartenenza, a ribadire che le prove scritte in più NON sono state pensate per le materie di base.
Purtroppo l'Ateneo, pur avendo accolto l'indicazione di Ingegneria di togliere l'obbligo delle prove scritte ad aprile/novembre (è stata necessaria una modifica del regolamento, altrimenti erano obbligatorie per tutti), ha incluso una frasetta del tipo che la motivazione dev'essere di mancanza di aule.
A causa di questo, è possibile che in qualche consiglio di corso di studio regni un po' di confusione e ci si scordi dello spirito con cui è stato approvato il regolamento attuale. Quindi insistete che lo spirito era che gli scritti dovevano riguardare le materie degli ultimi anni. Ceraolo e molti altri possono confermarlo, dovessero esserci discussioni.
In commissione paritetica della Scuola di Ingegneria ho più volte illustrato i pregi dei sistemi esteri (francese ecc.) ma ovviamente il discorso cade lì. Il massimo che è emerso è stato un generico interesse di alcuni colleghi - esempio Bennati - a immaginare qualche corso pilota che faccia un esperimento (nel senso di rafforzare l'esperienza didattica durante il corso, con homeworks ecc., e cercare di esaurire gli esami col primo appello). Non sarebbe assurdo proporre qualche corso pilota, potremmo pensarci. Non credo che questo eliminerebbe i 7 appelli nemmeno per quel corso ma potrebbe dimostrare la superiorità di certi metodi didattici e provare l'inutilità di molti degli appelli successivi.
Saluti, Franco
Il 09.01.2016 17:00 direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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Cari tutti, non entro nel merito della questione "appelli ad ingegneria", ma faccio una proposta pratica: perche' di questo argomento non ne parliamo di persona, convocando una riunione apposita?
Saluti, Carlo Carminati
Cari tutti,
mi permetto di entrare nella discusisone solamente su un aspetto pratico.
L'accordo che emerse nella Scuola di Ingegneria dopo almeno un anno di discussioni fu che le prove scritte in aprile/novembre dovevano riguardare quei corsi che rallentano i fuoricorso nel loro tentativo di laurearsi, quindi tipicamente i corsi del terzo anno triennale e secondo magistrale.
Non si è formalizzato questo vincolo (terzo anno triennale e secondo magistrale) sia perché non giustificato rispetto alle regole di ateneo, sia per poter includere, in casi eccezionali, qualche esame di anni precedenti (o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso).
Pertanto siete tutti perfettamente autorizzati, nei vari consigli di corso di studio di appartenenza, a ribadire che le prove scritte in più NON sono state pensate per le materie di base.
Purtroppo l'Ateneo, pur avendo accolto l'indicazione di Ingegneria di togliere l'obbligo delle prove scritte ad aprile/novembre (è stata necessaria una modifica del regolamento, altrimenti erano obbligatorie per tutti), ha incluso una frasetta del tipo che la motivazione dev'essere di mancanza di aule.
A causa di questo, è possibile che in qualche consiglio di corso di studio regni un po' di confusione e ci si scordi dello spirito con cui è stato approvato il regolamento attuale. Quindi insistete che lo spirito era che gli scritti dovevano riguardare le materie degli ultimi anni. Ceraolo e molti altri possono confermarlo, dovessero esserci discussioni.
In commissione paritetica della Scuola di Ingegneria ho più volte illustrato i pregi dei sistemi esteri (francese ecc.) ma ovviamente il discorso cade lì. Il massimo che è emerso è stato un generico interesse di alcuni colleghi - esempio Bennati - a immaginare qualche corso pilota che faccia un esperimento (nel senso di rafforzare l'esperienza didattica durante il corso, con homeworks ecc., e cercare di esaurire gli esami col primo appello). Non sarebbe assurdo proporre qualche corso pilota, potremmo pensarci. Non credo che questo eliminerebbe i 7 appelli nemmeno per quel corso ma potrebbe dimostrare la superiorità di certi metodi didattici e provare l'inutilità di molti degli appelli successivi.
Saluti, Franco
Il 09.01.2016 17:00 direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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Concordo con Carlo Carminati, e lo dicevo già nel mio messaggio: conto di parlarne al prossimo consiglio, che però non sarà immediatamente, e per questo ho preferito esprimere almeno la mia opinione personale agli ingegneri (che stanno iniziando a parlarne). Quindi, pur trovando interessanti molti spunti proposti, non alimento il dibattito elettronico e rimando al consiglio per l'eventuale approvazione di una mozione. Saluti, Carlo
Cari tutti, non entro nel merito della questione "appelli ad ingegneria", ma faccio una proposta pratica: perche' di questo argomento non ne parliamo di persona, convocando una riunione apposita?
Saluti, Carlo Carminati
Cari tutti,
mi permetto di entrare nella discusisone solamente su un aspetto pratico.
L'accordo che emerse nella Scuola di Ingegneria dopo almeno un anno di discussioni fu che le prove scritte in aprile/novembre dovevano riguardare quei corsi che rallentano i fuoricorso nel loro tentativo di laurearsi, quindi tipicamente i corsi del terzo anno triennale e secondo magistrale.
Non si è formalizzato questo vincolo (terzo anno triennale e secondo magistrale) sia perché non giustificato rispetto alle regole di ateneo, sia per poter includere, in casi eccezionali, qualche esame di anni precedenti (o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso).
Pertanto siete tutti perfettamente autorizzati, nei vari consigli di corso di studio di appartenenza, a ribadire che le prove scritte in più NON sono state pensate per le materie di base.
Purtroppo l'Ateneo, pur avendo accolto l'indicazione di Ingegneria di togliere l'obbligo delle prove scritte ad aprile/novembre (è stata necessaria una modifica del regolamento, altrimenti erano obbligatorie per tutti), ha incluso una frasetta del tipo che la motivazione dev'essere di mancanza di aule.
A causa di questo, è possibile che in qualche consiglio di corso di studio regni un po' di confusione e ci si scordi dello spirito con cui è stato approvato il regolamento attuale. Quindi insistete che lo spirito era che gli scritti dovevano riguardare le materie degli ultimi anni. Ceraolo e molti altri possono confermarlo, dovessero esserci discussioni.
In commissione paritetica della Scuola di Ingegneria ho più volte illustrato i pregi dei sistemi esteri (francese ecc.) ma ovviamente il discorso cade lì. Il massimo che è emerso è stato un generico interesse di alcuni colleghi - esempio Bennati - a immaginare qualche corso pilota che faccia un esperimento (nel senso di rafforzare l'esperienza didattica durante il corso, con homeworks ecc., e cercare di esaurire gli esami col primo appello). Non sarebbe assurdo proporre qualche corso pilota, potremmo pensarci. Non credo che questo eliminerebbe i 7 appelli nemmeno per quel corso ma potrebbe dimostrare la superiorità di certi metodi didattici e provare l'inutilità di molti degli appelli successivi.
Saluti, Franco
Il 09.01.2016 17:00 direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Docenti mailing list Docenti@fields.dm.unipi.it https://fields.dm.unipi.it/listinfo/docenti
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Caro Franco,
grazie per le informazioni, di cui non ero a conoscenza. Nei singoli corsi di studio potrebbe però essere opposta la frase tra parentesi "o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso”. Ovvero, se la commissione didattica paritetica ritiene che il singolo docente non promuova abbastanza, avrebbe il deterrente in consiglio per chiedere che a quel corso venga aumentato il numero di appelli scritti. Il messaggio tacito sembrerebbe “promuovi, se no ti aumentiamo gli appelli”. Inoltre la decisione finale sarà presa comunque dai Dipartimenti. Forse per l’importante contributo che diamo come Dipartimenti di Matematica e di Fisica, dovremmo avere anche un maggior numero di rappresentanti alla Scuola di Ingegneria. Il rischio è di trovarsi a vedere ratificate decisioni prese da altri, pur mantenendo la parvenza della supposta rappresentanza. Spero però che una decisione presa dal dipartimento possa essere portata ufficialmente all'attenzione del Consiglio della Scuola. Riguardo a ciò che sostiene Stefano, riducendo da 7 a 5 gli appelli scritti, gli studenti potranno ancora mantenere il loro metodo di provare l'esame come fosse un'esercitazione aggiuntiva, tanto che in ottimi atenei italiani come Padova e il Politecnico di Milano ne hanno 5, senza avere 2 assistenti e 10 tutor. Non sono a conoscenza di proteste e/o rivoluzioni in tali atenei, ma li ho visti classificati secondo l'ANVUR l'uno in prima posizione e l'altro in diciottesima, nella lista dei primi venti atenei italiani, dove il nostro purtroppo non c'era.
Saluti, Valentino
Il 11/01/16 11:30, FRANCO FLANDOLI ha scritto:
Cari tutti,
mi permetto di entrare nella discusisone solamente su un aspetto pratico.
L'accordo che emerse nella Scuola di Ingegneria dopo almeno un anno di discussioni fu che le prove scritte in aprile/novembre dovevano riguardare quei corsi che rallentano i fuoricorso nel loro tentativo di laurearsi, quindi tipicamente i corsi del terzo anno triennale e secondo magistrale.
Non si è formalizzato questo vincolo (terzo anno triennale e secondo magistrale) sia perché non giustificato rispetto alle regole di ateneo, sia per poter includere, in casi eccezionali, qualche esame di anni precedenti (o per volontà del docente o perché fosse riconosciuto che rappresenti un blocco per gli studenti fuori corso).
Pertanto siete tutti perfettamente autorizzati, nei vari consigli di corso di studio di appartenenza, a ribadire che le prove scritte in più NON sono state pensate per le materie di base.
Purtroppo l'Ateneo, pur avendo accolto l'indicazione di Ingegneria di togliere l'obbligo delle prove scritte ad aprile/novembre (è stata necessaria una modifica del regolamento, altrimenti erano obbligatorie per tutti), ha incluso una frasetta del tipo che la motivazione dev'essere di mancanza di aule.
A causa di questo, è possibile che in qualche consiglio di corso di studio regni un po' di confusione e ci si scordi dello spirito con cui è stato approvato il regolamento attuale. Quindi insistete che lo spirito era che gli scritti dovevano riguardare le materie degli ultimi anni. Ceraolo e molti altri possono confermarlo, dovessero esserci discussioni.
In commissione paritetica della Scuola di Ingegneria ho più volte illustrato i pregi dei sistemi esteri (francese ecc.) ma ovviamente il discorso cade lì. Il massimo che è emerso è stato un generico interesse di alcuni colleghi - esempio Bennati - a immaginare qualche corso pilota che faccia un esperimento (nel senso di rafforzare l'esperienza didattica durante il corso, con homeworks ecc., e cercare di esaurire gli esami col primo appello). Non sarebbe assurdo proporre qualche corso pilota, potremmo pensarci. Non credo che questo eliminerebbe i 7 appelli nemmeno per quel corso ma potrebbe dimostrare la superiorità di certi metodi didattici e provare l'inutilità di molti degli appelli successivi.
Saluti, Franco
Il 09.01.2016 17:00 direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
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Gentili colleghi docenti del DM,
Ho assistito nei giorni scorsi ad una discussione riguardo agli "appelli straordinari a ingegneria" innescata da un messaggio del direttore del DM, riportato qui sotto, indirizzato per conoscenza a tutti voi.
Tale discussione stranamente sembra non considerare, o non considerare completamente, l'iter seguito presso l'ateneo e la Scuola di Ingegneria per l'individuazione del regolamento per la definizione degli appelli straordinari.
Tale discussione ha seguito la via istituzionale, passando per organi di ateneo (Commissione Didattica e Senato Accademico), organi della Scuola (Commissione Paritetica e Consiglio della Scuola), ed è ora all'attenzione dei Corsi di Studio che stanno riunendosi per deliberare per alla parte di loro competenza. Ogni decisione è stata quindi ampiamente discussa, con contributi da parte di tutte le componenti docenti e studenti.
A questo punto mi sembra ovvio, per "garbo istituzionale", lasciare lavorare i CDS serenamente.
Certamente la specificità di Ingegneria fa sì che un numero elevato di prove scritte potrebbe creare grosse difficoltà logistiche e avere un impatto negativo sulla didattica, come abbiamo già fatto notare per via istituzionale agli organi di ateneo che poi hanno deliberato una modifica di regolamento didattico che in qualche modo ci viene incontro. Ma sono fiducioso che i CDS opereranno con il necessario equilibrio nell'individuazione degli appelli straordinari di Aprile e delle relative modalità.
Per vostra comodità riporto nell'allegato: - regolamento per gli appelli della Scuola di Ingegneria - deliberazione sugli appelli del Dicembre 2015.
Massimo Ceraolo
Il 09/01/2016 17:00, direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
Caro Massimo,
fermo restando che ci sentiremo nei prossimi giorni come convenuto, ti rispondo al volo facendo un appello ai miei colleghi perché NON parta un nuovo dibattito elettronico. Le decisioni come tu dici saranno prese nei luoghi istituzionalmente preposti, con responsabilità, e ci sarà una presa di posizione ufficiale del nostro dipartimento.
Mi assumo invece completamente di persona la responsabilità per avere aperto il tema in parte ignorando il percorso istituzionale precedente, il quale però, lasciamelo dire, è stato fortemente viziato dalle iniziative decisamente non istituzionali della componente studentesca, che mi sembra abbia finito per condizionare in modo non giusto le altre, ma questa è appunto una mia opinione personale.
Cari saluti e a presto, Carlo
Gentili colleghi docenti del DM,
Ho assistito nei giorni scorsi ad una discussione riguardo agli "appelli straordinari a ingegneria" innescata da un messaggio del direttore del DM, riportato qui sotto, indirizzato per conoscenza a tutti voi.
Tale discussione stranamente sembra non considerare, o non considerare completamente, l'iter seguito presso l'ateneo e la Scuola di Ingegneria per l'individuazione del regolamento per la definizione degli appelli straordinari.
Tale discussione ha seguito la via istituzionale, passando per organi di ateneo (Commissione Didattica e Senato Accademico), organi della Scuola (Commissione Paritetica e Consiglio della Scuola), ed è ora all'attenzione dei Corsi di Studio che stanno riunendosi per deliberare per alla parte di loro competenza. Ogni decisione è stata quindi ampiamente discussa, con contributi da parte di tutte le componenti docenti e studenti.
A questo punto mi sembra ovvio, per "garbo istituzionale", lasciare lavorare i CDS serenamente.
Certamente la specificità di Ingegneria fa sì che un numero elevato di prove scritte potrebbe creare grosse difficoltà logistiche e avere un impatto negativo sulla didattica, come abbiamo già fatto notare per via istituzionale agli organi di ateneo che poi hanno deliberato una modifica di regolamento didattico che in qualche modo ci viene incontro. Ma sono fiducioso che i CDS opereranno con il necessario equilibrio nell'individuazione degli appelli straordinari di Aprile e delle relative modalità.
Per vostra comodità riporto nell'allegato:
- regolamento per gli appelli della Scuola di Ingegneria
- deliberazione sugli appelli del Dicembre 2015.
Massimo Ceraolo
Il 09/01/2016 17:00, direttore@dm.unipi.it ha scritto:
Cari Massimo, Donato, Giovanni e Marco,
vi scrivo per i vostri ruoli di Presidente della Scuola di Ingegneria e di Direttori dei Dipartimenti di Ingegneria del nostro Ateneo, mettendo in copia i miei colleghi matematici e il Direttore del Dipartimento di Fisica.
So che in alcuni Consigli di Corso di Studio sta iniziando il dibattito sugli appelli straordinari, e in particolare sulla decisione se includere in essi o meno la prova scritta per i corsi che la prevedono. Ciò in ottemperanza al Regolamento Didattico di Ateneo, che prevede che la deliberazione sia presa dai Consigli di Dipartimento su proposta dei Consigli di Corso di Studio e dopo che la materia sia stata discussa in Commissione Didattica di Dipartimento. Questo quadro normativo non prevede un pronunciamento dei Dipartimenti che partecipano tramite i loro docenti alla didattica dei Corsi di Studio, talora in modo molto cospicuo come per i docenti del Dipartimento di Matematica (e di quello di Fisica) per i corsi di Laurea in Ingegneria. Ciascuno dei miei colleghi coinvolti nei singoli Corsi di Studio avrà modo di intervenire nelle relative discussioni e votazioni, ma è mia intenzione portare la questione per un parere, pur non richiesto, anche nel Consiglio di Dipartimento di Matematica. Nel frattempo, vista l'urgenza, vi esprimo la mia opinione, che mi auguro possa essere quella della maggioranza dei matematici.
L'esistenza di un numero di appelli superiore a uno o due all'anno è una sciagura essenzialmente solo italiana, sulla quale commento brevemente nella certezza che le motivazioni che vi si oppongono vi siano ben note. I molti appelli deresponsabilizzano completamente sia lo studente (che infatti ormai, secondo la vulgata corrente, non sostiene un esame, ma lo "prova", sapendo che se il tentativo fallisce può "riprovarci" nel giro di qualche settimana), sia il docente (che può benissimo proporre prove infattibili o comunque gestirle in modo arbitrario, tanto nel mare magnum delle "prove" nessuno se ne accorge). Questo comporta enormi perdite di tempo ed energie da parte di tutti, e un esito didattico disastroso: gli studenti invece che organizzarsi e concentrarsi percepiscono il meccanismo dell'esame come inaffidabile e sono indotti a "provarlo" a ripetizione senza una preparazione seria, in attesa della fatidica "volta buona"; i docenti sono depressi dal lavoro inutile, demotivati dalla scarsità della preparazione degli studenti, e di fatto a loro volta indotti a condurre l'esame in modo leggero e arbitrario, per spirito di sopravvivenza. Con tutta evidenza, è una spirale perversa la cui soluzione è così semplice che la sanno tutti tranne noi italiani: un appello all'anno, con uno di recupero per casi straordinari.
Fatte queste considerazioni generali, torno però realista e pur con sforzo aderisco al quadro normativo attuale, dato dal nostro Regolamento Didattico di Ateneo recentemente modificato proprio su questa materia e su impulso della Scuola di Ingegneria. Per dire che secondo me:
- in nessun modo si debba andare oltre il numero minimo di appelli
obbligatori; quindi per i Corsi di Studio (la netta maggioranza, mi pare) che già prevedono 7 appelli ordinari, che sia fissato un solo appello straordinario in assenza di prove in itinere, e nessuno in loro presenza;
- in nessun modo si debba prevedere l'offerta della prova scritta negli
appelli straordinari; è questo veramente il punto chiave della mia posizione: gli orali tutto sommato se vanno fatti si fanno, e non importa molto quando. Ma preparare e correggere uno scritto serio è operazione lunga e impegnativa, e aumentare ulteriormente il numero di scritti significa certamente alimentare i perversi meccanismi di cui dicevo sopra, garantendosi preparazioni sempre più approssimative, esami sempre più arbitrari, esiti didattici deprimenti, sperpero di tempo pagato con denaro pubblico di docenti la cui missione di ricerca non dovrebbe essere seconda a quella didattica.
Un'ultima considerazione. In più di un caso ho avuto la sensazione che colleghi di ingegneria attribuissero un'importanza secondaria alla questione del numero di appelli e tendessero per quieto vivere ad assecondare le (masochistiche a lungo termine, a mio avviso) richieste degli studenti. Ma molti di questi colleghi insegnano a corsi avanzati con pochi studenti, e dovrebbero a mio avviso immedesimarsi maggiormente nell'umiliazione (non esagero con il termine) a cui sono sottoposti i docenti delle materie dei primi anni dei corsi di base, costretti a offrire appelli a ripetizione per studenti che per lo più vengono, come si diceva, solo a "provarci".
Non avendone io la lista completa, chiedo gentilmente a Massimo di girare questo mio messaggio a tutti i presidenti dei Corsi di Studio.
Scusandomi per la lunghezza, vi saluto cordialmente, Carlo
-- Massimo Ceraolo Pisa University School of Engineering, chairman University of Pisa - Italy Tel: +39 050 2217021 Mobile: +39 340 9173634
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