Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma: - se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa; - e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
ho un solo dubbio: se noi usiamo la sala "in compresenza", non rischiamo di fornire argomenti alla gestione condivisa che gli occupandi propongono? magari al prossimo incontro ci sentiamo dire che il modello da loro proposto funzione e con la scusa che ci lasciano la sala quando ci serve intanto se la tengono...
Marco Ghimenti Università di Pisa
2013/5/6 Marco Abate abate@dm.unipi.it
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva,
cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni
(sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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Condivido in pieno il dubbio!
Franco Favilli
ho un solo dubbio: se noi usiamo la sala "in compresenza", non rischiamo di fornire argomenti alla gestione condivisa che gli occupandi propongono? magari al prossimo incontro ci sentiamo dire che il modello da loro proposto funzione e con la scusa che ci lasciano la sala quando ci serve intanto se la tengono...
Marco Ghimenti Universit� di Pisa
2013/5/6 Marco Abate abate@dm.unipi.it
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilit� a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per gioved� o venerd�'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci
serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro
contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco pi� spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento�) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attivit� istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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Associati mailing list Associati@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/associati
Caro Marco, capisco il dubbio, ma la mia sensazione è che far vedere che possiamo completamente fare a meno della sala occupata sia peggio, in quanto confermerebbe l'opinione degli occupandi dell'essersi impossessati di una sala per noi inutile (e se per noi è inutile, perché mai restituirla?). Ciò detto, quello della prorettrice era giusto un suggerimento, e ovviamente ognuno deciderà liberamente se seguirlo o meno.
Ciao, Marco
Inviato da iPhone
Il giorno 06/mag/2013, alle ore 22:37, Marco Ghimenti marco.ghimenti@dma.unipi.it ha scritto:
ho un solo dubbio: se noi usiamo la sala "in compresenza", non rischiamo di fornire argomenti alla gestione condivisa che gli occupandi propongono? magari al prossimo incontro ci sentiamo dire che il modello da loro proposto funzione e con la scusa che ci lasciano la sala quando ci serve intanto se la tengono...
Marco Ghimenti Università di Pisa
2013/5/6 Marco Abate abate@dm.unipi.it
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)?
Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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Cari
in prima istanza condivido quanto proposto da Marco. Io ritengo che le trattative curate da Luigi e Andrea paertano con una richiesta di scuse da parte degli occupanti.
Quindi ritengo che quando si abbia necessita' dell'aula per compiti istituzionali (lezioni, esami, seminari di cicli ivi previsti), infatti per rendere questa azione incisiva escluderei in questo momento l'uso dell'aula per attivita' estemporanee come riceviemnto studenti, incontri per seminari informali etc. etc., la si cerchi di usare.
Penso che questo riequilibri l'azione degli occupanti e la ridimensioni nel caso siano remissivi verso queste esigenze istituzionali. Altrimenti personalmente io chiamerei senza discussioni con gli occupanti la forza pubblica per segnalare nella contingenza l'interruzione di un pubblico servizio. Altri tra i colleghi potranno agire altrimenti comunque facendo emergere la contraddizione di una minoranza chje con la forza impedisce lo svolgersi di attivita' istituzionali per cui la maggioranza degli studenti paga.
v.
On Tue, 7 May 2013, Marco Abate wrote:
Caro Marco, capisco il dubbio, ma la mia sensazione è che far vedere che possiamo completamente fare a meno della sala occupata sia peggio, in quanto confermerebbe l'opinione degli occupandi dell'essersi impossessati di una sala per noi inutile (e se per noi è inutile, perché mai restituirla?). Ciò detto, quello della prorettrice era giusto un suggerimento, e ovviamente ognuno deciderà liberamente se seguirlo o meno.
Ciao, Marco
Inviato da iPhone
Il giorno 06/mag/2013, alle ore 22:37, Marco Ghimenti marco.ghimenti@dma.unipi.it ha scritto:
ho un solo dubbio: se noi usiamo la sala "in compresenza", non rischiamo di fornire argomenti alla gestione condivisa che gli occupandi propongono?magari al prossimo incontro ci sentiamo dire che il modello da loro proposto funzione e con la scusa che ci lasciano la sala quando ci serve intanto se la tengono...
Marco Ghimenti Università di Pisa
2013/5/6 Marco Abate abate@dm.unipi.it Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'. Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma: - se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa; - e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento. Ciao, Marco _______________________________________________ Ricercatori mailing list Ricercatori@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ricercatori
Caro Marco, ho notato che per alcuni turisti stranieri e diventata un tipo di attrazione la possibilita di vedere l'aula occupata. Mi sembra va segnalato al "governo" dell'Universita' di Pisa questo fatto e la neccessita' di una soluzione breve. Saluti Vladimir
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilit� a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per gioved� o venerd�'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva,
cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni
(sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco pi� spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento�) tenti di usarla, con toni
gentili ma
fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attivit� istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata.
Mi pare che chiedere di usarla "come se non fosse occupata" significhi che gli occupandi escono mentre qualcuno di noi la utilizza. E' troppo chiedere questo? Saluti Rita
Caro Marco,
ti scrivo (a te e a tutti quelli che leggono in copia) per dire quello che sento in questo momento. Cioè che secondo me quella di Rosalba è un'ottima proposta. Vorrei inoltre aggiungere un'altra motivazione, oltre a quelle da te elencate, per fare come suggerisce la prorettrice. Ovvero, "creare un legame" con quei ragazzi. Che voglio dire con questa frase? A volte, per poter comunicare appieno, il linguaggio ordinario non basta e bisogna esprimersi per metafore. Ecco allora la mia metafora, con la quale cerco di comunicarti appieno quello che sento. Tu certamente conosci il "Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupery. Il capitolo XXI inizia così:
In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
La bellissima storia del piccolo principe continua, ma a me basta questa parte. Per me i ragazzi della sala occupata sono come la volpe, che non è addomesticata e chiede di essere addomesticata.
Per finire, io chiedo a te, così come a tutti noi, di custodire gelosamente il segreto che alla fine del capitolo la volpe rivela al piccolo principe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Paolo
Il giorno 06 maggio 2013 21:15, Marco Abate abate@dm.unipi.it ha scritto:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva,
cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni
(sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
Ordinari mailing list Ordinari@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ordinari
invece del principe andrebbero ascoltate le galline!... MF
2013/5/7 Paolo Lisca lisca@dm.unipi.it
Caro Marco,
ti scrivo (a te e a tutti quelli che leggono in copia) per dire quello che sento in questo momento. Cioè che secondo me quella di Rosalba è un'ottima proposta. Vorrei inoltre aggiungere un'altra motivazione, oltre a quelle da te elencate, per fare come suggerisce la prorettrice. Ovvero, "creare un legame" con quei ragazzi. Che voglio dire con questa frase? A volte, per poter comunicare appieno, il linguaggio ordinario non basta e bisogna esprimersi per metafore. Ecco allora la mia metafora, con la quale cerco di comunicarti appieno quello che sento. Tu certamente conosci il "Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupery. Il capitolo XXI inizia così:
In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
La bellissima storia del piccolo principe continua, ma a me basta questa parte. Per me i ragazzi della sala occupata sono come la volpe, che non è addomesticata e chiede di essere addomesticata.
Per finire, io chiedo a te, così come a tutti noi, di custodire gelosamente il segreto che alla fine del capitolo la volpe rivela al piccolo principe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Paolo
Il giorno 06 maggio 2013 21:15, Marco Abate abate@dm.unipi.it ha scritto:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci
serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni
(sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
Ordinari mailing list Ordinari@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ordinari
Ordinari mailing list Ordinari@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ordinari
La volpe siamo noi o i ragazzi? v.
On Tue, 7 May 2013, Paolo Lisca wrote:
Caro Marco,
ti scrivo (a te e a tutti quelli che leggono in copia) per dire quello che sento in questo momento. Cioè che secondo me quella di Rosalba è un'ottima proposta. Vorrei inoltre aggiungere un'altra motivazione, oltre a quelle da te elencate, per fare come suggerisce la prorettrice. Ovvero, "creare un legame" con quei ragazzi. Che voglio dire con questa frase? A volte, per poter comunicare appieno, il linguaggio ordinario non basta e bisogna esprimersi per metafore. Ecco allora la mia metafora, con la quale cerco di comunicarti appieno quello che sento. Tu certamente conosci il "Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupery. Il capitolo XXI inizia così:
In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
La bellissima storia del piccolo principe continua, ma a me basta questa parte. Per me i ragazzi della sala occupata sono come la volpe, che non è addomesticata e chiede di essere addomesticata.
Per finire, io chiedo a te, così come a tutti noi, di custodire gelosamente il segreto che alla fine del capitolo la volpe rivela al piccolo principe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Paolo
Il giorno 06 maggio 2013 21:15, Marco Abate abate@dm.unipi.it ha scritto: Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'. Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma: - se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa; - e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento. Ciao, Marco _______________________________________________ Ordinari mailing list Ordinari@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ordinari
Vorrei anche io dire qualcosa come Paolo, su questa occupazione e sulle occupazioni in generale. Le mie sono solo considerazioni astratte, slegate dall'occupazione dell'aula, situazione che non conosco anche perché sono in Francia da aprile.
Le occupazioni studentesche si ripresentano con la stessa liturgia da 40 anni. Come ogni gruppo liturgico o religioso, i partecipanti tendono a descriversi con caratteri di universalità che però raramente corrispondono alla realtà. Chi occupa pensa di "restituire alla cittadinanza" dei luoghi scarsamente inutilizzati. La realtà è che gli occupanti sono un soggetto privato come tanti altri, non sono "gli studenti" ma "alcuni (spesso pochi) studenti". Nonostante tutta la propaganda, i luoghi occupati non diventano mai parchi pubblici: diventano sempre luoghi privati, con gestori e avventori, come un bar, un circolo, una chiesa, una sede di partito o di associazione. Questo vale per l'aula occupata, per il Rebeldia, per il Teatro occupato, vale per tutti. Luoghi che possono essere splendidi, ma privati.
Tornando a noi, secondo me gli studenti possono legittimamente protestare per il fatto che non hanno spazi, anche con metodi illegali. Ma la risposta dell'università deve essere quella di dare spazi per tutti gli studenti e non solo per particolari sottogruppi.
Piuttosto che addomesticare una sola volpe, preferirei offrire uno spazio per tutte le volpi del bosco (o pianeta).
Bruno
Il 07 maggio 2013 14:14, Vincenzo Tortorelli tortorel@dm.unipi.it ha scritto:
La volpe siamo noi o i ragazzi? v.
On Tue, 7 May 2013, Paolo Lisca wrote:
Caro Marco,
ti scrivo (a te e a tutti quelli che leggono in copia) per dire quello che sento in questo momento. Cioè che secondo me quella di Rosalba è un'ottima proposta. Vorrei inoltre aggiungere un'altra motivazione, oltre a quelle da te elencate, per fare come suggerisce la prorettrice. Ovvero, "creare un legame" con quei ragazzi. Che voglio dire con questa frase? A volte, per poter comunicare appieno, il linguaggio ordinario non basta e bisogna esprimersi per metafore. Ecco allora la mia metafora, con la quale cerco di comunicarti appieno quello che sento. Tu certamente conosci il "Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupery. Il capitolo XXI inizia così:
In quel momento apparve la volpe. "Buon giorno", disse la volpe. "Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. "Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..." "Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..." "Sono una volpe", disse la volpe. "Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..." "Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata". "Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?" "Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?" "No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire 'addomesticare'?" "È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire 'creare dei legami'..." "Creare dei legami?" "Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".
La bellissima storia del piccolo principe continua, ma a me basta questa parte. Per me i ragazzi della sala occupata sono come la volpe, che non è addomesticata e chiede di essere addomesticata.
Per finire, io chiedo a te, così come a tutti noi, di custodire gelosamente il segreto che alla fine del capitolo la volpe rivela al piccolo principe:
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
Paolo
Il giorno 06 maggio 2013 21:15, Marco Abate abate@dm.unipi.it ha scritto: Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba
Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con
lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma: - se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa; - e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)? Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco _______________________________________________ Ordinari mailing list Ordinari@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ordinari
Ricercatori mailing list Ricercatori@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/ricercatori
Oddio, che mal di testa.... Qui si parla di cose elevate, di piccoli principi e di volpi da ammaestrare. Io non aspiro a competere con la loro sconfinata cultura, sono piu' terra-terra. E. pur non arrivando a caldeggiare la soluzione estrema dei "cazzottoni" auspicata da Viola, penso che, tutto sommato, un paio di pedate nel sedere sarebbero "ben applicate", come diceva il conte zio nei Promessi Sposi. Tanto per rimanere in ambito cul-turale G.P.
Solo un piccolo quesito per il Direttore: chi e' abilitato a richiedere l'intervento della Questura per lo sgombero coatto della sala dell'ex DMA? Occorre il Rettore in persona o puo' bastare il Direttore? O magari anche soltanto il voto del Consiglio di Dipartimento? G.Puglisi
On Mon, 6 May 2013, Marco Abate wrote:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)?
Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
Associati mailing list Associati@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/associati
Caro Giuseppe,
ecco la risposta ufficiale del rettorato alla tua domanda:
"Il rappresentante legale dell'Ateneo è il Rettore ed è solo lui - salvo possibili deroghe - che può chiedere alla Questura di entrare in "casa propria".
I dirigenti e i Direttori di Dipartimento, si debbono limitare, per dovere d'ufficio, a segnalare eventuali situazioni che si qualificano come reati. [segnalazione che noi come dipartimento abbiamo fatto subito.]
Anche la normativa di riferimento ed inerente l'ordine pubblico (sparpagliata in un quadro abbastanza complesso che le risparmio) conferma ciò che le sto dicendo.
In ogni caso, nella tradizione delle università italiane e anche europee, l´ingresso delle forze dell´ordine viene sempre autorizzata dai Rettori."
Ciao, Marco
On 07/mag/2013, at 13:05, Giuseppe Puglisi puglisi@dm.unipi.it wrote:
Solo un piccolo quesito per il Direttore: chi e' abilitato a richiedere l'intervento della Questura per lo sgombero coatto della sala dell'ex DMA? Occorre il Rettore in persona o puo' bastare il Direttore? O magari anche soltanto il voto del Consiglio di Dipartimento? G.Puglisi
On Mon, 6 May 2013, Marco Abate wrote:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)?
Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
Associati mailing list Associati@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/associati
Ho capito. Dunque e' rimasto tutto come era un tempo. Grazie dell'attenzione G.
On Wed, 8 May 2013, Marco Abate wrote:
Caro Giuseppe,
ecco la risposta ufficiale del rettorato alla tua domanda:
"Il rappresentante legale dell'Ateneo è il Rettore ed è solo lui - salvo possibili deroghe - che può chiedere alla Questura di entrare in "casa propria".
I dirigenti e i Direttori di Dipartimento, si debbono limitare, per dovere d'ufficio, a segnalare eventuali situazioni che si qualificano come reati. [segnalazione che noi come dipartimento abbiamo fatto subito.]
Anche la normativa di riferimento ed inerente l'ordine pubblico (sparpagliata in un quadro abbastanza complesso che le risparmio) conferma ciò che le sto dicendo.
In ogni caso, nella tradizione delle università italiane e anche europee, l´ingresso delle forze dell´ordine viene sempre autorizzata dai Rettori."
Ciao, Marco
On 07/mag/2013, at 13:05, Giuseppe Puglisi puglisi@dm.unipi.it wrote:
Solo un piccolo quesito per il Direttore: chi e' abilitato a richiedere l'intervento della Questura per lo sgombero coatto della sala dell'ex DMA? Occorre il Rettore in persona o puo' bastare il Direttore? O magari anche soltanto il voto del Consiglio di Dipartimento? G.Puglisi
On Mon, 6 May 2013, Marco Abate wrote:
Carissimi,
ho parlato con la prorettrice agli affari studenteschi, Rosalba Tognetti, che ha dato la sua completa disponibilità a seguire in prima persona la questione della nostra sala occupata; nei prossimi due giorni in cui io saro' al CUN Andrea Maffei e Luigi De Pascale terranno i contatti con lei in modo da organizzare un incontro con gli occupandi per giovedì o venerdì'.
Nel frattempo, la prorettrice suggerisce (e io sono d'accordo con lei) di prendere in parola gli occupandi e chiedere di usare la sala quando serve come se non fosse occupata. E' possibile che gli occupandi possano fare resistenza e non e' detto che la si possa poi davvero utilizzare; ma:
- se non lo facciamo diamo l'impressione che la sala davvero non ci serva, cosa falsa;
- e se lo facciamo iniziamo a metterli di fronte alle loro contraddizioni (sono davvero disposti a collaborare oppure e' solo una finta)?
Quindi chiunque l'avrebbe usata in condizioni normali (e magari anche un poco più spesso, senza eccedere; per esempio, si stanno avvicinando gli esami, per cui se invece di fare un solo ricevimento alla settimana se ne fanno due, ed entrambe le volte ci si presenta con venti studenti al seguito che vogliono partecipare al ricevimento…) tenti di usarla, con toni gentili ma fermi. Se riuscira' ad usarla bene; altrimenti avremo comunque argomenti per dire che l'occupazione sta interferendo in modo significativo con la normale attività istituzionale del dipartimento.
Ciao, Marco
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