A proposito della commissione "proposta riforma statuto"
vi segnalo la candidatura di Alessandra Veronese (di cui accludo,
in coda al messaggio, la "dichiarazione d'intenti").
Si tratta di una ricercatrice seria e molto determinata. Sono
convinto che potrebbe dare un ottimo contributo ai lavori di questa
"strana commissione".
Saluti a tutti,
Carlo
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| Carlo Carminati |
| Universita' di Pisa |
| Dipartimento di Matematica |
| Largo Bruno Pontecorvo, 5 |
| 56127 PISA |
| Tel 050.2213246 |
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Cari colleghi,
mi chiamo Alessandra Veronese e sono ricercatrice presso il
Dipartimento di Storia; sono anche impegnata nel corso interfacoltà di
"Scienze per la Pace" e nel master in "Gestione dei conflitti ". Ho
deciso di candidarmi per la commissione mista di ateneo, con la
speranza - se sarò eletta - di poter dare un contributo a migliorare
l'attuale Statuto e a renderlo più efficace.
Tengo a sottolineare che la mia candidatura non vuole in alcun modo
essere una candidatura "d'area". Coloro che faranno parte della
commissione avranno un compito delicatissimo, ancorché si tratti solo
di commissione consultiva. Per questa ragione ritengo essenziale che
gli eletti mantengano un contatto costante con i propri elettori, che
favorisca la trasparenza ma anche (e forse soprattutto) serva a
raccogliere opinioni, suggerimenti, critiche. Ognuno di noi,
necessariamente, ha una visione comunque limitata della realtÃ
universitaria. Problemi serissimi per alcune facoltà o dipartimenti
sono assai meno rilevanti per altri: è quindi necessario ascoltare
tutti, e prendere atto delle diverse necessità e problematiche, in
modo da poter arrivare ad un risultato finale che - nei limiti del
possibile - possa essere soddisfacente per tutti. Mi sembra
difficile, in questa fase, presentare un "programma" in senso
stretto. Mi limiterò pertanto a segnalare alcuni delle questioni che a
mio avviso dovrebbero essere esaminate e discusse in sede di
riscrittura dello Statuto, senza la pretesa di individuare subito
delle soluzioni, che spero saranno il frutto di una discussione
approfondita e di un costante contatto con gli elettori.
Per quanto riguarda specificamente la categoria dei ricercatori, credo
si debba affrontare la questione della loro presenza in alcuni
organi. Indubbiamente il nostro ateneo concede alla componente dei
ricercatori una maggiore visibilità rispetto a quanto non accada
altrove (non sono poche le università nelle quali i ricercatori sono
presenti nei Consigli di Facoltà solo mediante
rappresentanti). Ciononostante, soprattutto a fronte del sempre
crescente impegno richiesto sia nell'ambito della didattica che in
quello dell'organizzazione spicciola (commissioni per l'orario, per lo
stralcio, per la didattica etc.), impegno "ovviamente" non retribuito
in alcuna forma, i ricercatori continuano a non avere accesso ad
alcune cariche e funzioni (ad esempio, vicedirettore di dipartimento,
vicepresidente di corso di studi). A mio avviso questo è un punto da
valutare molto bene, anche perché tra pochi anni una gran parte degli
attuali professori di I e II fascia andrà in pensione, senza che -
anche per i problemi legati ai blocchi della carriere - si sia potuta
formare una categoria di persone che conosca bene i meccanismi di
governo dell'università , in grado quindi di ricoprire adeguatamente
determinate funzioni.
C'è un problema di rappresentanza di alcune categorie: non si capisce,
francamente, perché gli assegnisti e i ricercatori in formazione non
possano godere di un diritto almeno di elettorato attivo e perché mai
siano di default esclusi da tutti gli organi di governo e dalle
commissioni. Se è comprensibile che alcune decisioni vengano lasciate
a coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato, non si capisce
la ratio che esclude chi ha un contratto a tempo determinato da
decisioni che avranno effetto per il periodo di durata del contratto
stesso.
Attualmente troppi organi (e troppe persone) "decidono" riguardo ad
una serie di questioni. In alcuni casi, lo stesso provvedimento passa
attraverso tre-quattro organi diversi, con effetti a mio avviso
deleteri. In primo luogo, quando tutti "decidono", in realtà non
decide nessuno, o meglio decidono in pochi, in genere in sedi che
c'entrano poco o nulla con quelle istituzionali: è però impossibile
individuare un responsabile. In un contesto democratico, la
trasparenza e la possibilità di sapere con certezza a chi vada
attribuita una determinata decisione è essenziale. Se la decisione è
stata buona, coloro che l'hanno presa dovrebbero godere di un "bonus":
ad esempio, se una struttura assume solo bravi studiosi, con ottima
produttività scientifica e buona capacità didattica, tale struttura
dovrebbe essere premiata, in termini di finanziamenti e di
valutazione. Per converso, coloro che portano avanti una politica poco
virtuosa dovrebbero essere penalizzati. E' bene che vi sia
un'assunzione di responsabilità chiara e trasparente da parte di chi
decide, altrimenti ogni comportamento - virtuoso o poco virtuoso che
sia - non avrà alcuna incidenza sulle strutture dell'ateneo.
Sempre in relazione all'eccessivo numero di passaggi (a volte
meramente burocratici): tali passaggi moltiplicano le occasioni in cui
ognuno di noi è chiamato a partecipare a riunioni di vario
genere. Ovviamente prendere parte a consigli e riunioni fa parte dei
doveri e dei diritti del personale universitario; non può e non deve
però, a mio avviso, configurarsi come una semplice perdita di
tempo. In molti casi, si potrebbe evitare il ripetersi di riunioni in
cui si discute sempre la stessa cosa con un minimo di
razionalizzazione delle competenze. Diminuire il numero dei passaggi
necessari per prendere una decisione mi sembra senz'altro opportuno.
C'è indubbiamente un problema aperto relativo alla questione del
ruolo, rispettivamente, di Facoltà e Dipartimenti. Una soluzione che
tagli con l'accetta (tutto il potere alle Facoltà versus tutto il
potere ai dipartimenti) non sembra funzionale all'ateneo, anche perché
non esiste buona didattica senza buona ricerca. Attualmente la
rappresentanza dei dipartimenti negli organi è sottodimensionata:
questo problema credo vada affrontato nell'ambito di una ridefinizione
complessiva della composizione e delle competenze degli organi
stessi. E' certamente impossibile (e credo anche inutile) cercare
mediazioni che spacchino il capello in quattro, è però possibile e
doveroso cercare di individuare i problemi che l'attuale sistema
Facoltà /Dipartimenti crea e provare a trovare una soluzione che
elimini o perlomeno attenui tali problemi.
Un altro problema aperto è quello dei Corsi di studio: anche qui,
credo, vi sono spesso dei "conflitti di competenza" tra questi ultimi,
i Dipartimenti e le Facoltà . Ancora in buona parte da risolvere sono
le questioni legate a finanziamenti e competenze dei corsi
interfacoltà . Lo Statuto può essere senza dubbio, come in tutti i casi
precedentemente citati, uno strumento di razionalizzazione e di
chiarificazione.
Last but not least: mi candido anche (non solo) come donna, in nome di
quei principi di pari opportunità che troppo spesso vengono
sbandierati per ragioni di convenienza, e che trovano poi ben misera
applicazione nella realtà (anche nel nostro ateneo, la presenza
maschile nella cosiddetta governance è preponderante, e non certo
perché manchino donne - a tutti i livelli - capaci di ricoprire
incarichi di responsabilità ). Non sarebbe male inserire in Statuto
qualcosa in proposito.