Non penso di essere il solo a vivere con disagio la strana bonaccia di questi giorni, in cui non si parla quasi dei corsi che potrebbero/dovrebbero cominciare la settimana prossima, non e' ben chiaro il calendario secondo cui si dovrebbe prendere una decisione in merito. Pertanto scrivo principalmente per sollecitare la prossima convocazione dei nostri organi (CcL, Dipartimento), non oltre lunedi' prossimo (in cui e' previsto per esempio il consiglio di Fisica), insieme ad una maggiore informazione da parte dei nostri rappresentati su cosa sta succedendo in Facolta' e negli altri organi di governo dell'universita'. Aggiungo qui sotto alcune considerazioni personali (scusandomi con chi le leggesse per l'eccessiva lunghezza).
Riccardo Benedetti
========================== Forse qualcuno dispone di piu' informazioni; a mia conoscenza la situazione e' la seguente:
1) Non mi risulta che il senato accademico o altro organo competente abbia ancora deliberato sulle deroghe al regolamento (sollecitate, tra gli altri, dalla nostra Facolta' e dal Preside in una recente lettera) al fine di non invalidare almeno formalmente il primo semestre di questo anno accademico. Dunque allo stato attuale dei fatti o si parte entro il 15 ottobre, o il semestre salta.
2) Nel nostro consiglio e credo anche in buona parte degli altri della nostra Facolta' (da cui i famosi "patti tra gentiluomini") l'atteggiamento prevalente e' stato del tipo: nessuno vuole veramente far saltare il primo semestre o l'anno accademico, pero' per ragioni tattiche, per non far sgonfiare la protesta "come se niente fosse successo", per restare "finalmente visibili", per mantenere la pressione sul governo ecc. ecc. , e' bene rinviare ancora per un po' l'approvazione della programmazione didattica, soprattutto tenendo di conto che il ddl andra' in aula a giorni...
3) Adesso il ddl sembra vada in aula il 14, forse e' la premessa per il suo dirottamento su un binario morto, forse il governo imporra' un'accelerazione, forse...., i tempi non sono certi ed e' comunque probabile che la vicenda si prolunghi per settimane o mesi.
4) Alla luce di 3) l'atteggiamento delineato in 2) non tiene piu', ed anche una eventuale deroga formale al regolamento ha senso in una misura temporale contenuta, ha poco senso se nei fatti non si tenessero lezioni per gran parte del semestre o dell'anno. Mi sembra che non sia piu' eludibile una decisione palese in merito. La cosa peggiore, anche rispetto all'opinione pubblica che tanto teniamo a "sensibilizzare" con la protesta, sarebbe quella di arrivare per stillicidio al fatto compiuto di un semestre o un anno saltati, senza nemmeno averlo voluto davvero e magari rammaricandosi dopo.
5) Come ho detto, forse confusamente, in consiglio, personalmente sarei molto contrario a far saltare il semestre o addirittura l'anno, lo riterrei un errore grave e un danno grave per gli studenti e le famiglie che in larga maggioranza non lo comprenderebbero o giustificherebbero (pur non essendo per questo necessariamente "filogovernativi" o indifferenti al progressivo drammatico impoverimento dell'istruzione e formazione pubblica, dalle elementari all'universita'). Ma lo riterrei anche un danno grave per le residue possibilita' di tenuta proprio della nostra Universita' pubblica. Quanto detto in 3)) mi conferma in questa idea.
6) Un altro punto da tenere presente e' il seguente: la protesta dei ricercatori, in buona parte incentrata sul riconoscimento giuridico del lavoro complessivo che effettivamente svolgono, ha avuto una leva potente proprio nel balordo stato giuridico presente per cui possono a pieno diritto astenersi da certe prestazioni. E' del tutto razionale mettere in evidenza questa contraddizione e ci sono ottimi motivi per farlo. Questo non vale pero' per gli ordinari ed associati. A colpo d'occhio nei dipartimenti piu' grossi della nostra facolta' i professori (O+A) sono intorno ai 2/3 del personale docente (ricercatori inclusi). Ricordo anche che il presente, per quanto balordo, stato giuridico dei ricercatori prevede la possibilita' solo di un loro contributo ridotto alla didattica. E' allora insostenibile che i professori in servizio non possano garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico, anche se permanesse l'astensione totale dei ricercatori. La decisione, a quel punto necessariamente personale e non vincolante per gli altri, di qualche professore di astenersi dall'attivita' didattica dovuta, andrebbe presa consapevoli anche delle possibili conseguenze in termini salariali, disciplinari ecc. C'e' un'altra possibilita' (che pero' non penso riguardi la nostra Facolta') cioe' di situazioni (magari dove e' piu' incidente l'attivita' professionale collaterale dei professori) in cui i ricercatori sono davvero superfruttati e costretti per consuetudine incarognita a tappare i buchi lasciati da docenti "assenti", incapaci o non intenzionati a rispettare il loro contratto. Se ci sono casi di questo genere anche nel nostro Ateneo (non lo sto dando per scontato), e' tutta responsabilita' dell'accademia (per una volta il governo non c'entra), e' salutare che la protesta dei ricercatori faccia uscire allo scoperto questi bubboni, che non e' sano fare riannegare nella retorica indistinta della "lotta di tutti per salvare l'universita' pubblica (che starebbe in piedi per l' abnegazione oltre ogni umano limite di *tutti* i docenti) ".
7) Garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico in questa situazione non significa certificare l'"inutilita'" dei ricercatori; oppure dire che "abbiamo scherzato" e che tutto riprende come se niente fosse. Si tratterebbe comunque di un anno accademico emergenziale, con lacune serie, riduzione della possibilita' di scelta degli studenti (anche rispetto a corsi fondamentali), deroghe sostanziali ai regolamenti ecc. Tutte cose da "valorizzare" sul lungo difficile periodo che abbiamo davanti, discutere, motivare e condividere con (tutti) gli studenti che pero' sarebbero qui e probabilmente, in grande maggioranza, apprezzerebbero di non essere stati considerati l' accettabile "danno collaterale" per le sorti gloriose e progressive della lotta fatta, anche se loro non lo capiscono, soprattutto per il loro bene.
Condivido completamente le considerazioni di Riccardo e pertanto mi associo alla sua richiesta di convocazione degli organi collegiali.
Rita Pardini
Riccardo Benedetti wrote:
Non penso di essere il solo a vivere con disagio la strana bonaccia di questi giorni, in cui non si parla quasi dei corsi che potrebbero/dovrebbero cominciare la settimana prossima, non e' ben chiaro il calendario secondo cui si dovrebbe prendere una decisione in merito. Pertanto scrivo principalmente per sollecitare la prossima convocazione dei nostri organi (CcL, Dipartimento), non oltre lunedi' prossimo (in cui e' previsto per esempio il consiglio di Fisica), insieme ad una maggiore informazione da parte dei nostri rappresentati su cosa sta succedendo in Facolta' e negli altri organi di governo dell'universita'. Aggiungo qui sotto alcune considerazioni personali (scusandomi con chi le leggesse per l'eccessiva lunghezza).
Riccardo Benedetti
========================== Forse qualcuno dispone di piu' informazioni; a mia conoscenza la situazione e' la seguente:
- Non mi risulta che il senato accademico o altro organo competente
abbia ancora deliberato sulle deroghe al regolamento (sollecitate, tra gli altri, dalla nostra Facolta' e dal Preside in una recente lettera) al fine di non invalidare almeno formalmente il primo semestre di questo anno accademico. Dunque allo stato attuale dei fatti o si parte entro il 15 ottobre, o il semestre salta.
- Nel nostro consiglio e credo anche in buona parte degli altri della
nostra Facolta' (da cui i famosi "patti tra gentiluomini") l'atteggiamento prevalente e' stato del tipo: nessuno vuole veramente far saltare il primo semestre o l'anno accademico, pero' per ragioni tattiche, per non far sgonfiare la protesta "come se niente fosse successo", per restare "finalmente visibili", per mantenere la pressione sul governo ecc. ecc. , e' bene rinviare ancora per un po' l'approvazione della programmazione didattica, soprattutto tenendo di conto che il ddl andra' in aula a giorni...
- Adesso il ddl sembra vada in aula il 14, forse e' la premessa
per il suo dirottamento su un binario morto, forse il governo imporra' un'accelerazione, forse...., i tempi non sono certi ed e' comunque probabile che la vicenda si prolunghi per settimane o mesi.
- Alla luce di 3) l'atteggiamento delineato in 2) non
tiene piu', ed anche una eventuale deroga formale al regolamento ha senso in una misura temporale contenuta, ha poco senso se nei fatti non si tenessero lezioni per gran parte del semestre o dell'anno. Mi sembra che non sia piu' eludibile una decisione palese in merito. La cosa peggiore, anche rispetto all'opinione pubblica che tanto teniamo a "sensibilizzare" con la protesta, sarebbe quella di arrivare per stillicidio al fatto compiuto di un semestre o un anno saltati, senza nemmeno averlo voluto davvero e magari rammaricandosi dopo.
- Come ho detto, forse confusamente, in consiglio, personalmente sarei
molto contrario a far saltare il semestre o addirittura l'anno, lo riterrei un errore grave e un danno grave per gli studenti e le famiglie che in larga maggioranza non lo comprenderebbero o giustificherebbero (pur non essendo per questo necessariamente "filogovernativi" o indifferenti al progressivo drammatico impoverimento dell'istruzione e formazione pubblica, dalle elementari all'universita'). Ma lo riterrei anche un danno grave per le residue possibilita' di tenuta proprio della nostra Universita' pubblica. Quanto detto in 3)) mi conferma in questa idea.
- Un altro punto da tenere presente e' il seguente: la protesta dei
ricercatori, in buona parte incentrata sul riconoscimento giuridico del lavoro complessivo che effettivamente svolgono, ha avuto una leva potente proprio nel balordo stato giuridico presente per cui possono a pieno diritto astenersi da certe prestazioni. E' del tutto razionale mettere in evidenza questa contraddizione e ci sono ottimi motivi per farlo. Questo non vale pero' per gli ordinari ed associati. A colpo d'occhio nei dipartimenti piu' grossi della nostra facolta' i professori (O+A) sono intorno ai 2/3 del personale docente (ricercatori inclusi). Ricordo anche che il presente, per quanto balordo, stato giuridico dei ricercatori prevede la possibilita' solo di un loro contributo ridotto alla didattica. E' allora insostenibile che i professori in servizio non possano garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico, anche se permanesse l'astensione totale dei ricercatori. La decisione, a quel punto necessariamente personale e non vincolante per gli altri, di qualche professore di astenersi dall'attivita' didattica dovuta, andrebbe presa consapevoli anche delle possibili conseguenze in termini salariali, disciplinari ecc. C'e' un'altra possibilita' (che pero' non penso riguardi la nostra Facolta') cioe' di situazioni (magari dove e' piu' incidente l'attivita' professionale collaterale dei professori) in cui i ricercatori sono davvero superfruttati e costretti per consuetudine incarognita a tappare i buchi lasciati da docenti "assenti", incapaci o non intenzionati a rispettare il loro contratto. Se ci sono casi di questo genere anche nel nostro Ateneo (non lo sto dando per scontato), e' tutta responsabilita' dell'accademia (per una volta il governo non c'entra), e' salutare che la protesta dei ricercatori faccia uscire allo scoperto questi bubboni, che non e' sano fare riannegare nella retorica indistinta della "lotta di tutti per salvare l'universita' pubblica (che starebbe in piedi per l' abnegazione oltre ogni umano limite di *tutti* i docenti) ".
- Garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico in questa
situazione non significa certificare l'"inutilita'" dei ricercatori; oppure dire che "abbiamo scherzato" e che tutto riprende come se niente fosse. Si tratterebbe comunque di un anno accademico emergenziale, con lacune serie, riduzione della possibilita' di scelta degli studenti (anche rispetto a corsi fondamentali), deroghe sostanziali ai regolamenti ecc. Tutte cose da "valorizzare" sul lungo difficile periodo che abbiamo davanti, discutere, motivare e condividere con (tutti) gli studenti che pero' sarebbero qui e probabilmente, in grande maggioranza, apprezzerebbero di non essere stati considerati l' accettabile "danno collaterale" per le sorti gloriose e progressive della lotta fatta, anche se loro non lo capiscono, soprattutto per il loro bene.
Docenti mailing list Docenti@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/docenti
Condivido il disagio e la richiesta di Riccardo,
pur per ora non condividendo le sue preoccupazioni
(mi sembra non del tutto fondate) e parte della sua analisi.
Ribadisco tre obiettivi di interesse:
il primo di immediato riscontro riguarda i tagli agli scatti dovuti alla finanziaria e riguarda tutti in modo diretto e non solo nel mondo accademico. Strettamente correlata a cio' e' la questione degli stipendi dei dipendenti universitari pesantemente svalutati da un decennio.
il secondo e' la questione dello stato giuridico dei ricercatori e in realta' a ben vedere la stessa ingessata suddivisione in fasce dei docenti che scorrela il ruolo dirigente nell'attivita' scientifica e accademica dalla reale forza e libera iniziativa individuale, mortificante i specialmente i piu' giovani.
il terzo che richiede una decisa presa di posizione riguarda il disegno della riforma universitria, che ha permeato negli ultimi anni tutte le forze politiche indistintamente. Disegno che guarda al sistema universitrario dall'esterno e lo vuole modellare secondo interessi che nel nostro paese sono decisamente ``lobbistici''. Punto cruciale di tale disgno sono 1-il modo di governo degli atenei, 2-il finanziamento delle attivita' di ricerca, 3- i modi di reclutamento. La prospettiva di questo disegno di lasciare l'universita' italiana nelle mani dei cosi detti poteri forti nostrani, poteri che nel corso dei secoli si sono dimostrati on media nemmeno all'altezza del brigante Musolino, purtroppo vede anche tra molti accademici dei sotenitori: chi in mala fede chi per disperata abnegazione al suo ufficio da compiere. Questa prospettiva e' cullata dalle parole d'ordine dell'aziendalismo piu' becero che si traducono in concetti abberranti quali quello di ``governance'' o di ``formazione permanente'' e in parole d'ordine piccolo borghesi degne dei primi del secolo scorso, rivolte dai mass media alle famiglie degli studenti: parole d'ordine che berciano della finalita' degli studi in funzione della professionalizzazione degli affari e dei guadagni. Eh che la formazione professionalizzante la faccia l'impresa privata o pubblica che sia. E' suo onere specifico. Non nostro non della comunita'. Il mondo reale e' quello degli affari della lotta senza dubbio! Ma si e' dimenticati che da sempre la cultura la riflessione di base sono state protette in tutte le culture in tutti i paesi i tutti i sistemi di governo. Anche a costo di ammantarle dello scudo religioso.
Ritengo che per rispondere a questi affronti si debba proporre realisticamente un'universita' un'accademia ``multistrato'' che sappia gestire diverse finalita' senza trascurare quella sua specifica di una conservazione vivificata con la realta' produttiva, chenon e' quella delle lobbies politiche e dei grandi gruppi. Un impegno forte e duraturo per i prossimi anni che travalica senza dubbio i nostri compiti istituzionali e forse i nostri desideri.
Vincenzo Tortorelli
On Wed, 6 Oct 2010, Riccardo Benedetti wrote:
Non penso di essere il solo a vivere con disagio la strana bonaccia di questi giorni, in cui non si parla quasi dei corsi che potrebbero/dovrebbero cominciare la settimana prossima, non e' ben chiaro il calendario secondo cui si dovrebbe prendere una decisione in merito. Pertanto scrivo principalmente per sollecitare la prossima convocazione dei nostri organi (CcL, Dipartimento), non oltre lunedi' prossimo (in cui e' previsto per esempio il consiglio di Fisica), insieme ad una maggiore informazione da parte dei nostri rappresentati su cosa sta succedendo in Facolta' e negli altri organi di governo dell'universita'. Aggiungo qui sotto alcune considerazioni personali (scusandomi con chi le leggesse per l'eccessiva lunghezza).
Riccardo Benedetti
========================== Forse qualcuno dispone di piu' informazioni; a mia conoscenza la situazione e' la seguente:
- Non mi risulta che il senato accademico o altro organo competente
abbia ancora deliberato sulle deroghe al regolamento (sollecitate, tra gli altri, dalla nostra Facolta' e dal Preside in una recente lettera) al fine di non invalidare almeno formalmente il primo semestre di questo anno accademico. Dunque allo stato attuale dei fatti o si parte entro il 15 ottobre, o il semestre salta.
- Nel nostro consiglio e credo anche in buona parte degli altri della
nostra Facolta' (da cui i famosi "patti tra gentiluomini") l'atteggiamento prevalente e' stato del tipo: nessuno vuole veramente far saltare il primo semestre o l'anno accademico, pero' per ragioni tattiche, per non far sgonfiare la protesta "come se niente fosse successo", per restare "finalmente visibili", per mantenere la pressione sul governo ecc. ecc. , e' bene rinviare ancora per un po' l'approvazione della programmazione didattica, soprattutto tenendo di conto che il ddl andra' in aula a giorni...
- Adesso il ddl sembra vada in aula il 14, forse e' la premessa
per il suo dirottamento su un binario morto, forse il governo imporra' un'accelerazione, forse...., i tempi non sono certi ed e' comunque probabile che la vicenda si prolunghi per settimane o mesi.
- Alla luce di 3) l'atteggiamento delineato in 2) non
tiene piu', ed anche una eventuale deroga formale al regolamento ha senso in una misura temporale contenuta, ha poco senso se nei fatti non si tenessero lezioni per gran parte del semestre o dell'anno. Mi sembra che non sia piu' eludibile una decisione palese in merito. La cosa peggiore, anche rispetto all'opinione pubblica che tanto teniamo a "sensibilizzare" con la protesta, sarebbe quella di arrivare per stillicidio al fatto compiuto di un semestre o un anno saltati, senza nemmeno averlo voluto davvero e magari rammaricandosi dopo.
- Come ho detto, forse confusamente, in consiglio, personalmente sarei
molto contrario a far saltare il semestre o addirittura l'anno, lo riterrei un errore grave e un danno grave per gli studenti e le famiglie che in larga maggioranza non lo comprenderebbero o giustificherebbero (pur non essendo per questo necessariamente "filogovernativi" o indifferenti al progressivo drammatico impoverimento dell'istruzione e formazione pubblica, dalle elementari all'universita'). Ma lo riterrei anche un danno grave per le residue possibilita' di tenuta proprio della nostra Universita' pubblica. Quanto detto in 3)) mi conferma in questa idea.
- Un altro punto da tenere presente e' il seguente: la protesta dei
ricercatori, in buona parte incentrata sul riconoscimento giuridico del lavoro complessivo che effettivamente svolgono, ha avuto una leva potente proprio nel balordo stato giuridico presente per cui possono a pieno diritto astenersi da certe prestazioni. E' del tutto razionale mettere in evidenza questa contraddizione e ci sono ottimi motivi per farlo. Questo non vale pero' per gli ordinari ed associati. A colpo d'occhio nei dipartimenti piu' grossi della nostra facolta' i professori (O+A) sono intorno ai 2/3 del personale docente (ricercatori inclusi). Ricordo anche che il presente, per quanto balordo, stato giuridico dei ricercatori prevede la possibilita' solo di un loro contributo ridotto alla didattica. E' allora insostenibile che i professori in servizio non possano garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico, anche se permanesse l'astensione totale dei ricercatori. La decisione, a quel punto necessariamente personale e non vincolante per gli altri, di qualche professore di astenersi dall'attivita' didattica dovuta, andrebbe presa consapevoli anche delle possibili conseguenze in termini salariali, disciplinari ecc. C'e' un'altra possibilita' (che pero' non penso riguardi la nostra Facolta') cioe' di situazioni (magari dove e' piu' incidente l'attivita' professionale collaterale dei professori) in cui i ricercatori sono davvero superfruttati e costretti per consuetudine incarognita a tappare i buchi lasciati da docenti "assenti", incapaci o non intenzionati a rispettare il loro contratto. Se ci sono casi di questo genere anche nel nostro Ateneo (non lo sto dando per scontato), e' tutta responsabilita' dell'accademia (per una volta il governo non c'entra), e' salutare che la protesta dei ricercatori faccia uscire allo scoperto questi bubboni, che non e' sano fare riannegare nella retorica indistinta della "lotta di tutti per salvare l'universita' pubblica (che starebbe in piedi per l' abnegazione oltre ogni umano limite di *tutti* i docenti) ".
- Garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico in questa
situazione non significa certificare l'"inutilita'" dei ricercatori; oppure dire che "abbiamo scherzato" e che tutto riprende come se niente fosse. Si tratterebbe comunque di un anno accademico emergenziale, con lacune serie, riduzione della possibilita' di scelta degli studenti (anche rispetto a corsi fondamentali), deroghe sostanziali ai regolamenti ecc. Tutte cose da "valorizzare" sul lungo difficile periodo che abbiamo davanti, discutere, motivare e condividere con (tutti) gli studenti che pero' sarebbero qui e probabilmente, in grande maggioranza, apprezzerebbero di non essere stati considerati l' accettabile "danno collaterale" per le sorti gloriose e progressive della lotta fatta, anche se loro non lo capiscono, soprattutto per il loro bene.
Docenti mailing list Docenti@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/docenti
A mio avviso, qualcosa di piu' si sapra' venerdi', quando ci sara' con tutta probabilita' il nuovo rettore.
Mi pare improbabile che partire il 18 faccia saltare l'anno, e non vedo l'urgenza di partire prima. Comunque ben venga una discussione in dipartimento, anche semi pare che attendere l'elezione del nuovo direttore, che avverra' presumibilmente lunedi', sarebbe probabilmente meglio.
Sentire informalmente il preside eletto mi pare anche opportuno.
Carlo Traverso
Nell'ultimo CCL vari partecipanti hanno dichiarato di essere assolutamente contrari a far saltare il semestre; nessuno d'altra parte ha dichiarati di aver propositi di tal ganere. Sono quindi rimasto allibito ascoltando alcuni studenti (terrorizzati) convinti che la maggioranza del consiglio sia intenzionata ad attuare la soppressione del semestre, che sarebbe oramai praticamente inevitabile. A conferma di quanto pensavano, mi hanno girato alcune delle e-mail che il nostro solerte presidente del CCL ha inviato loro per (dis-)informarli sulla situazione (le tre che allego, pare siano solo una parte della campagna in atto). Mi sembra che la lettura di queste "informative" (?), assieme al fatto che nell'ultimo consiglio si sia permesso al nostro presidente di CCL di provare a prevaricare con tecniche grossolane (e francamente infantili) maneggiando le varie mozioni col modificarle secondo le sue opinioni personali, indichi a quale infimo livello sia giunto il nostro ambiente.
Per maggiore chiarezza, preciso che secondo me il problema non e' il presidente del CCL che esprime in un italiano approssimativo una concezione primordiale delle consuetudini democratiche, ma siamo noi che ci facciamo rappresentare in questo modo.
Con molta tristezza, Fulvio Lazzeri
On Wed, 6 Oct 2010, Riccardo Benedetti wrote:
Non penso di essere il solo a vivere con disagio la strana bonaccia di questi giorni, in cui non si parla quasi dei corsi che potrebbero/dovrebbero cominciare la settimana prossima, non e' ben chiaro il calendario secondo cui si dovrebbe prendere una decisione in merito. Pertanto scrivo principalmente per sollecitare la prossima convocazione dei nostri organi (CcL, Dipartimento), non oltre lunedi' prossimo (in cui e' previsto per esempio il consiglio di Fisica), insieme ad una maggiore informazione da parte dei nostri rappresentati su cosa sta succedendo in Facolta' e negli altri organi di governo dell'universita'. Aggiungo qui sotto alcune considerazioni personali (scusandomi con chi le leggesse per l'eccessiva lunghezza).
Riccardo Benedetti
========================== Forse qualcuno dispone di piu' informazioni; a mia conoscenza la situazione e' la seguente:
- Non mi risulta che il senato accademico o altro organo competente
abbia ancora deliberato sulle deroghe al regolamento (sollecitate, tra gli altri, dalla nostra Facolta' e dal Preside in una recente lettera) al fine di non invalidare almeno formalmente il primo semestre di questo anno accademico. Dunque allo stato attuale dei fatti o si parte entro il 15 ottobre, o il semestre salta.
- Nel nostro consiglio e credo anche in buona parte degli altri della
nostra Facolta' (da cui i famosi "patti tra gentiluomini") l'atteggiamento prevalente e' stato del tipo: nessuno vuole veramente far saltare il primo semestre o l'anno accademico, pero' per ragioni tattiche, per non far sgonfiare la protesta "come se niente fosse successo", per restare "finalmente visibili", per mantenere la pressione sul governo ecc. ecc. , e' bene rinviare ancora per un po' l'approvazione della programmazione didattica, soprattutto tenendo di conto che il ddl andra' in aula a giorni...
- Adesso il ddl sembra vada in aula il 14, forse e' la premessa
per il suo dirottamento su un binario morto, forse il governo imporra' un'accelerazione, forse...., i tempi non sono certi ed e' comunque probabile che la vicenda si prolunghi per settimane o mesi.
- Alla luce di 3) l'atteggiamento delineato in 2) non
tiene piu', ed anche una eventuale deroga formale al regolamento ha senso in una misura temporale contenuta, ha poco senso se nei fatti non si tenessero lezioni per gran parte del semestre o dell'anno. Mi sembra che non sia piu' eludibile una decisione palese in merito. La cosa peggiore, anche rispetto all'opinione pubblica che tanto teniamo a "sensibilizzare" con la protesta, sarebbe quella di arrivare per stillicidio al fatto compiuto di un semestre o un anno saltati, senza nemmeno averlo voluto davvero e magari rammaricandosi dopo.
- Come ho detto, forse confusamente, in consiglio, personalmente sarei
molto contrario a far saltare il semestre o addirittura l'anno, lo riterrei un errore grave e un danno grave per gli studenti e le famiglie che in larga maggioranza non lo comprenderebbero o giustificherebbero (pur non essendo per questo necessariamente "filogovernativi" o indifferenti al progressivo drammatico impoverimento dell'istruzione e formazione pubblica, dalle elementari all'universita'). Ma lo riterrei anche un danno grave per le residue possibilita' di tenuta proprio della nostra Universita' pubblica. Quanto detto in 3)) mi conferma in questa idea.
- Un altro punto da tenere presente e' il seguente: la protesta dei
ricercatori, in buona parte incentrata sul riconoscimento giuridico del lavoro complessivo che effettivamente svolgono, ha avuto una leva potente proprio nel balordo stato giuridico presente per cui possono a pieno diritto astenersi da certe prestazioni. E' del tutto razionale mettere in evidenza questa contraddizione e ci sono ottimi motivi per farlo. Questo non vale pero' per gli ordinari ed associati. A colpo d'occhio nei dipartimenti piu' grossi della nostra facolta' i professori (O+A) sono intorno ai 2/3 del personale docente (ricercatori inclusi). Ricordo anche che il presente, per quanto balordo, stato giuridico dei ricercatori prevede la possibilita' solo di un loro contributo ridotto alla didattica. E' allora insostenibile che i professori in servizio non possano garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico, anche se permanesse l'astensione totale dei ricercatori. La decisione, a quel punto necessariamente personale e non vincolante per gli altri, di qualche professore di astenersi dall'attivita' didattica dovuta, andrebbe presa consapevoli anche delle possibili conseguenze in termini salariali, disciplinari ecc. C'e' un'altra possibilita' (che pero' non penso riguardi la nostra Facolta') cioe' di situazioni (magari dove e' piu' incidente l'attivita' professionale collaterale dei professori) in cui i ricercatori sono davvero superfruttati e costretti per consuetudine incarognita a tappare i buchi lasciati da docenti "assenti", incapaci o non intenzionati a rispettare il loro contratto. Se ci sono casi di questo genere anche nel nostro Ateneo (non lo sto dando per scontato), e' tutta responsabilita' dell'accademia (per una volta il governo non c'entra), e' salutare che la protesta dei ricercatori faccia uscire allo scoperto questi bubboni, che non e' sano fare riannegare nella retorica indistinta della "lotta di tutti per salvare l'universita' pubblica (che starebbe in piedi per l' abnegazione oltre ogni umano limite di *tutti* i docenti) ".
- Garantire comunque lo svolgimento dell'anno accademico in questa
situazione non significa certificare l'"inutilita'" dei ricercatori; oppure dire che "abbiamo scherzato" e che tutto riprende come se niente fosse. Si tratterebbe comunque di un anno accademico emergenziale, con lacune serie, riduzione della possibilita' di scelta degli studenti (anche rispetto a corsi fondamentali), deroghe sostanziali ai regolamenti ecc. Tutte cose da "valorizzare" sul lungo difficile periodo che abbiamo davanti, discutere, motivare e condividere con (tutti) gli studenti che pero' sarebbero qui e probabilmente, in grande maggioranza, apprezzerebbero di non essere stati considerati l' accettabile "danno collaterale" per le sorti gloriose e progressive della lotta fatta, anche se loro non lo capiscono, soprattutto per il loro bene.
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