Cari tutti,
e` vero che un articolo su Science non cambia granche' il destino
dell'Universita` italiana, ed e` vero che il tono dell'articolo dipende
piu` dal redattore che dagli intervistati. Io poi trovo ben informate e
condivisibili molte cose scritte da Marco Rubele sul suo blog, anche
sull'argomento del DDL Gelmini.
Pero` questo articolo e` l'occasione per chiarire una questione di
fondo, perche' il messaggio che trasmette e` quello sottolineato da
molti: questa legge vuole migliorare l'universita`, anche se e`
criticabile. Secondo me Tremonti, Moratti, Gelmini etc etc non vogliono
migliorare l'universita`, ovvero per loro una Universita` migliore e`:
ridotta di dimensioni, meno costosa, totalmente o parzialmente
privatizzata, meno autonoma, con minore impatto sul paese (l'impatto che
abbiamo ovviamente non sta nella nostra capacita` di raggiungere
direttamente l'opinione pubblica, che e` quasi zero; sta nel fatto che
sforniamo TROPPI laureati, influenzati nel bene e nel male dalla nostra
visione del sapere e della ricerca, che vanno a ingrossare le file dei
giovani irrequieti e insoddisfatti). Coerentemente, le politiche
governative sono prevalentemente distruttive: dal classico "starve the
beast" alle mine a tempo, come la messa ad esaurimento dei ricercatori.
Allora la questione e` questa: l'universita` italiana e` cosi' marcia e
cristallizzata in forme arcaiche, da rendere preferibile la sua
distruzione in vista di una futura rinascita, o si puo` costruire
sull'esistente? Io sono per la seconda ipotesi, per tre ragioni.
Primo, distruggere e poi ricostruire e` un enorme spreco di risorse,
brucia una generazione, disperde saperi e competenze, e costa molto (va
tenuto presente anche quando si invidia la flessibilita` e dinamicita`
di altri sistemi universitari: ogni volta che si fonda o si trasferisce
un istituto2s, un gruppo di ricerca o anche un solo docente servono
risorse AGGIUNTIVE, che a noi vengono lesinate da almeno 30 anni).
Secondo, nell'Universita` italiana c'e` del marcio, ma anche del buono e
(poche) eccellenze; e il buono che c'e` sarebbe inevitabilmente umiliato
e demotivato nella fase distruttiva, e si troverebbe all'opposizione
come sta gia` avvenendo.
Infine, alla ricostruzione non credo proprio: l'Italia ha un'economia in
declino e gravissimi problemi di finanza pubblica; le risorse per
ricostruire non le trovera` piu` nessuno, ne' ci sara` la volonta`
politica per farlo (anche da parte di altri governi).
L'ultima argomentazione purtroppo e` la piu` debole, o meglio apre un
discorso molto piu` ampio. Se l'economia italiana si ridurra` a fare le
piu` belle scarpe del mondo, come ha detto Berlusconi, e altre attivita`
altrettanto rispettabili ma poco tecnologiche, che bisogno avremo di
tanta ricerca e tanti laureati? Badiamo a conservarci qualche buona
facolta` di medicina (almeno la salute!), e il resto si riduca pure ai
minimi termini...
Scusate l'insostenibile lunghezza.
Saluti
Maurizio Persico