Vi invio l'articolo apparso oggi.
UNIVERSITAS FUTURA - Quagliariello fa cilecca, firme false pro-
Gelmini. I no dei tremila docenti
di Eleonora Martini
Certo, anche Gaetano Quagliariello poteva fare di meglio con la sua
maggioranza silenziosa. Non che siano pochi, i 16 mila indirizzi email
- prelevati chissà dove - divenuti destinatari del super celebrato
«appello dei 400 docenti» promosso dalla Fondazione Magna Carta in
favore della "riforma" Gelmini. E passi pure che non tutte le adesioni
ricevute in cambio e pubblicate sul sito del quotidiano on-line
L’occidentale corrispondano a docenti, ricercatori o collaboratori
universitari (come risulta dall’elenco completo e aggiornato al 25
novembre del Miur, e denunciato dai 3.100 universitari che hanno
firmato l’appello anti-Gelmini di "Universitas futura"). La realtà è
che comunque 400 nomi sono davvero pochini per una svolta «epocale»
come quella voluta dalla ministra Mariastella che ieri, evidentemente
non così sicura della sua maggioranza, ha diffuso una nota ufficiale
per ricordare che se non passa la riforma non ci sarà più alcun
concorso da ricercatore (le norme scadono a fine anno, spiega il Miur
senza dire che il ddl prevede solo contratti a tempo determinato per 8
anni al massimo, poi, in 25mila, tutti a casa), né per ordinari e
associati (abrogate le vecchie regole, siamo in vacatio legis), e che
saranno «bloccate le risorse per reintegrare gli scatti di stipendio».
Ma quello che proprio non ci si aspettava dalla maggioranza silenziosa
dell’azzurrissimo Quagliariello è di trovare in quell’elenco misero
misero pure firme di persone dichiaratamente contrarie al ddl appena
approvato dalla Camera. È il caso del professor Carlo Cosmelli, fisico
della Sapienza di Roma, al quale non è bastato chiedere che il suo
nome venisse tolto dall’elenco perché dopo poche ore lo ha visto
riapparire e poi di nuovo scomparire ma non senza una nota della
Fondazione Magna Carta che lo accusa di «arroganza baronale»
sostenendo che un tipo come lui «pare più a suo agio negli uffici
della Lubianka che non nel mondo della ricerca di un libero Paese
occidentale». Ed è anche il caso del professor Gabriele Bianchi,
matematico dell’università di Firenze o della ricercatrice di Siena,
Mariarosaria Vergara. C’è troppo silenzio nella maggioranza di
Quagliariello per sapere come siano finiti in quell’elenco.
Invece i docenti e ricercatori di "Universitas futura" sono assai poco
silenti: da un paio d’anni gli oltre 4 mila iscritti di tutti gli
atenei italiani discutono in rete ma non ottengono l’attenzione dei
media.
Nemmeno quando in 3.100 firmano un appello al presidente Napolitano
per chiedere di fermare un atto che ritengono disastroso e in alcuni
punti anticostituzionale, accusando la Crui di «non rappresentare
l’università ma solo se stessa». La conferenza dei rettori, infatti,
anche se divisa al proprio interno, finora è stata l’unica voce
apertamente favorevole alla "riforma".
«Ovvio – spiega Walter Lacarbonara, docente di Scienze delle
costruzione aerospaziali alla Sapienza – il ddl rafforza enormemente i
poteri dei rettori, ecco perché è necessario un mandato a termine».
Nel nuovo modello di governance, infatti, al Senato accademico rimane
solo da deliberare sugli aspetti didattici. Tutti gli altri poteri,
tutte le questioni strategiche, saranno poste nelle mani solo del Cda,
che dovrà necessariamente essere composto anche da membri esterni, un
po’ sullo stesso modello delle Asl e delle aziende municipalizzate.
E tutti già sanno che il paragone con i modelli anglosassoni o
americani in Italia non regge: «Le forze produttive italiane non hanno
la cultura dell’investimento sull’innovazione e sulla ricerca -
continua Lacarbonara – diventerà invece semplicemente una poltrona in
più per politici».
I motivi di contrarietà alla "riforma" sono molti ma ci sono cose che
davvero non vanno giù. Come le nuove forme di reclutamento: il sistema
dell’idoneità nazionale acquisita tramite concorsi pubblici,
propedeutica per accedere ai concorsi locali banditi dai singoli
atenei e, infatti, secondo "Universitas futura", un sistema
dispendioso, burocratico e che rafforza le baronie delle commissioni
esaminatrici.
Il criterio buono, per loro, è invece quello riconosciuto dalla
comunità scientifica internazionale: il «peer review», una sorta di
valutazione di merito generata dall’analisi delle pubblicazioni
operata dai colleghi di tutto il mondo. Detto in uno slogan:
«Cooptazione, competizione e valutazione». Lo spiega il professor
Claudio Procesi, vice presidente dell'International Mathematical
Union: «I dipartimenti dovrebbero fare le proprie scelte di politica
scientifica quindi, competendo tra di loro, assumere chi desiderano,
anche per chiamata diretta. Saranno poi valutati dalla comunità
scientifica internazionale». Procesi ammette che «forse è una
posizione troppo avventurista per l’Italia che è un paese molto
burocratico».
A dimostrarlo è il divieto, introdotto da Gelmini, di lavorare nello
stesso ateneo per familiari fino al quarto grado di parentela.
Insomma, Marie e Pierre Curie non avrebbero avuto, nell’Italia di
Mariastella, nemmeno un soldo o un laboratorio per le scoperte che
hanno regalato all’umanità.
Manifesto del 2.12.2010
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