BUONA LETTURA!
Il declino della Sapienza all'ombra
di Parentopoli: è al 430°posto nel mondo
Nell'Università dopo moglie e figlia, anche il figlio del rettore
di Gian Antonio Stella 10 febbraio 2012 | 9:13
«Parentopoli? Ma perché non parlate di "Ignorantopoli"?Questo è il vero
problema dell'università italiana.
Voi giornalisti fate solo folklore!», sibilò il rettore della Sapienza
Luigi Frati al nostro Nino Luca.
Ma la Procura non è d'accordo: papà, mamma, figlia e figlio docenti
nella stessa facoltà sono troppi, come coincidenze.
E sull'arrivo dell'ultimo Frati a Medicina ha aperto un fascicolo.
Tanto più che «Parentopoli» e «Ignorantopoli», dicono le classifiche
internazionali, possono coincidere.
Il rettore di quello che sul Web si vanta di essere il più grande
ateneo italiano (nel senso di più affollato: 143 mila studenti, pari
all'intera popolazione di Salerno o quelle di due capoluoghi come
L'Aquila e Potenza insieme) era da tempo nel mirino di chi denuncia
certi vizi del nostro sistema universitario.
Senese, un passato da sindacalista, uomo dalla capacità funambolica di
fluttuare tra destra e sinistra, preside per un'eternità di Medicina
dal lontano 1990 in cui Gava era ministro degli Interni e Chiesa si
occupava amorevolmente dei vecchi ospiti del Pio Albergo Trivulzio e
«altro», quello che i suoi studenti più perfidi hanno soprannominato
«BaronFrati», è da sempre un uomo tutto casa e facoltà.
Al punto che non solo nella «sua» Medicina si sono via via accasate la
moglie Luciana Rita Angeletti in Frati (laureata in Lettere: storia
della Medicina) e la figlia Paola (laureata in Giurisprudenza:
Medicina Legale) ma perfino il brindisi per le nozze della ragazza fu
fatto lì. Indimenticabile il biglietto: «Il prof. Luigi Frati e il
prof. Mario Piccoli, in occasione del matrimonio dei loro figli Paola
Frati con Andrea Marziale e Federico Piccoli con Barbara Mafera,
saranno lieti di festeggiarli con voi il giorno 25 maggio alle ore
13.00 presso l'aula Grande di Patologia Generale».
Arrivò una perfida e deliziosa «sposina» delle Iene , quella volta, a
guastare un po' la giornata. Ma fu comunque un trionfo. Quasi pari,
diciamo, alla passerella offerta dal nostro, anni dopo, a Muammar
Gheddafi, salutato come uno statista e invitato nell'aula magna, sul
palcoscenico più prestigioso, perché tenesse agli studenti una «lectio
magistralis» su un tema davvero adatto al tiranno: la democrazia. Tema
svolto tra risate sbigottite («demos è una parola araba che vuol dire
popolo come "crazi" che vuol dire sedia: democrazia è il popolo che si
siede sulle sedie!») mentre lui, il rettore, si lasciava andare in
lodi per le prosperose amazzoni di scorta: «Le abbiamo apprezzate
molto! Purtroppo c'è qui mia moglie...».
Adorato da chi ama il suo senso del potere e il linguaggio ruspante
(resta immortale un video dove spiega agli studenti: «Nun date retta
ai professori perché i professori si fanno i cazzi loro. I professori
fanno i cazzi loro, lasciateli perdere!»), il giorno in cui si insediò
come rettore liquidò le polemiche sul nepotismo così: «È stato fuori
luogo tirare in ballo mia moglie, la professoressa Angeletti, perché
lei è quella che è, io sono quello che sono. Non è lei che è "la
moglie di", sono io che sono "il marito di"».
Il guaio è che oltre a essere «il marito di» Luciana Rita e «il padre
di» Paola, è anche «il padre di» Giacomo. Che per fatalità è lui pure
entrato nella facoltà di Medicina di papà: ricercatore a 28 anni,
professore associato a 31. Come vinse il concorso lo rivelò una
strepitosa puntata di Report : discusse «una prova orale sui trapianti
cardiaci» davanti a una commissione composta da due professori di
igiene e tre odontoiatri. E nessun cardiochirurgo.
«Ma lei si farebbe operare da uno che è stato giudicato da una
commissione di Odontostomatologi?», chiese Sabrina Giannini, l'inviata
della trasmissione di Milena Gabanelli a uno dei commissari, Vito
Antonio Malagnino. Farfugliò: «Io... Non parliamo di cuore o di
fegato, però...». «Secondo lei tre dentisti e due specialisti d'igiene
potevano adeguatamente...». «Forse no però questo non è un problema
mio...».
Vinta la selezione, il giovane professore viene più avanti chiamato
come associato a Latina, dependance del Policlinico universitario di
cui è rettore papà. Giusto un attimo prima, coincidenza, dell'entrata
in vigore della riforma Gelmini contro il nepotismo. Quella che vieta
di assumere come docenti nella stessa università i parenti dei
rettori, dei direttori generali e dei membri del consiglio di
amministrazione.
Ma queste, compreso un ricorso al Tar, erano solo le prime puntate
della «Dinasty» fratiana. Il meglio, come hanno ricostruito Federica
Angeli e Fabio Tonacci sulla cronaca romana di Repubblica , sarebbe
arrivato nelle puntate successive. Occhio alle date: il 28 gennaio
2011 il rettore Luigi Frati sceglie come commissario straordinario del
Policlinico Antonio Capparelli. Qualche settimana dopo, il 22 marzo,
lo nomina direttore generale. Passa meno di un mese e il 19 aprile
Capparelli, togliendo un po' di posti letto a un altro reparto a costo
di scatenare le ire di quanti si sentono «impoveriti», firma una
delibera creando «l'Unità Programmatica Tecnologie cellulari-
molecolari applicate alle malattie cardiovascolari» nell'ambito del
dipartimento Cuore e grossi vasi e chiama da Latina, per ricoprire un
ruolo paragonabile a quello di primario, Giacomo Frati. Cioè il
rampollo dell'uomo che lo aveva appena promosso.
Ora, a pensar male si fa peccato e, in attesa del responso
dell'inchiesta giudiziaria, noi vogliamo immaginare che la famiglia
Frati sia composta di quattro geni: un genio lui, un genio la moglie,
un genio la figlia, un genio il figlio. Ma la moglie di Cesare, si sa
(vale anche per la figlia di Elsa Fornero, si capisce) deve essere al
di sopra anche di ogni sospetto. Che giudizi possono farsi, gli
stranieri, davanti a coincidenze come queste?
Sarà un caso se la reputazione dei nostri atenei nelle classifiche
mondiali è così bassa? Dice l'ultimo Academic Ranking of World
Universities elaborato dall'Institute of Higher Education della Jiao
Tong University di Shanghai che, sulla base di sei parametri, la
Sapienza si colloca nel gruppone tra il 100° il 150° posto. La Scuola
Normale di Pisa, però, rielaborando i sei parametri utilizzati (numero
di studenti vincitori di Premi Nobel e Medaglie Fields; numero di
Premi Nobel in Fisica, Chimica, Medicina ed Economia e di medaglie
Fields presenti nello staff; numero delle ricerche altamente citate di
docenti, ricercatori, studenti; numero di articoli pubblicati su
Nature e Science nel quinquennio precedente la classifica; numero di
articoli indicizzati nel Science Citation Index e nel Social Science
Citation Index; rapporto tra allievi/docenti/ricercatori e il
punteggio complessivo relativo ai precedenti parametri) è arrivata a
conclusioni diverse.
Se il calcolo viene fatto tenendo conto della dimensione di ogni
università, sul pro capite, tutto cambia. E se la piccola ed elitaria
Scuola Normale si inerpica al 10° posto dopo rivali inarrivabili come
Harvard, Stanford, Mit di Boston o Berkeley, ecco che le altre
italiane seguono a distanza: 113ª Milano Bicocca, 247ª la Statale
milanese, 248ª Padova, 266ª Pisa e giù giù fino a ritrovare la
Sapienza. Che stracarica di studenti ma anche al centro di perplessità
come quelle segnalate, è addirittura al 430° posto. E torniamo alla
domanda di Frati: qual è il problema, «Parentopoli», «Ignorantopoli» o
forse forse tutte e due?