Cari amici,
in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è pregato di segnalarmelo per mail.
Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche dell'appello.
Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
Luciano Modica
DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità), riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza posa martellanti attacchi mediatici.
Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola, dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra, specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a livello internazionale.
L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le attività di didattica e ricerca avanzate.
L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero. Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università, conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di valutazione dei risultati.
Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di crescita e di successi.
Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e, anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari. Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e fanno ricerca.
Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani, perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha speranze, perché non ama il suo futuro.