Per chi è interessato è apparso su roars questo articolo sulla valutazione delle università
statali e non.
Saluti
Piero Frediani
Da: ROARS <donotreply(a)wordpress.com>
Data: 06 febbraio 2013 09:22:22 CET
A: stefano.chimichi(a)gmail.com
Oggetto: [Nuovo articolo] Il D.M. A.V.A. e l´accreditamento iniziale delle sedi
universitarie
Giuliano Antoniciello posted: "Se il controllo della qualità non è in sé una cattiva idea, lo stesso
non si può dire del modo in cui il Ministero, basandosi sulle indicazioni dell'ANVUR, ha scelto di
metterla in pratica. Annunciato da un comunicato stampa del Ministro, è infine uscito "
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Il D.M. A.V.A. e l´accreditamento
iniziale delle sediuniversitarie
by Giuliano Antoniciello
Se il controllo della qualità non è in sé una cattiva idea, lo stesso non si può
dire del modo in cui il Ministero, basandosi sulle indicazioni dell'ANVUR, ha
scelto di metterla in pratica. Annunciato da un comunicato stampa del
Ministro, è infine uscito il D.M. 47 del 30/1/2013 che recepisce il documento
sull´Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento (A.V.A.) di
sedi universitarie e corsi di studio, diffuso dal ANVUR nel luglio scorso.
L'obiettivo è ambizioso. Scrive il Ministro nel comunicato stampa: "Le
attività di valutazione [...] dovranno verificare e accertare la qualità della
didattica e della ricerca, dei corsi di laurea, dell´organizzazione delle sedi e
dei corsi di studio, nonché la presenza e i requisiti delle strutture al servizio
degli studenti, come le aule e le biblioteche, il resto degli strumenti didattici e
tecnologici e, non ultimo, la sostenibilità economico-finanziaria dell´ateneo."
Per chi non sta alle regole la pena è capitale: "Il rispetto di tali requisiti sarà
condizione necessaria per ricevere l´accreditamento iniziale." Gli atenei
dovranno assicurarsi di rientrare nei parametri stabiliti dal Ministero per
ricevere l'accreditamento iniziale (e quindi di poter rimanere aperti) entro il
4 marzo 2013: quattro settimane scarse!
Fra tutti i requisiti per l'accreditamento iniziale delle sedi richiesti dal D.M.
47 ci sono due vincoli quantitativi: uno è posto sulla quantità massima
erogabile di didattica (misurata in ore di didattica erogata dai docenti), quello
che nei documenti dell'ANVUR e nel D.M. 47 viene chiamato "indicatore
DID"; l´altro concerne la numerosità massima degli studenti per corso di
studio.Entrambi i valori dipendono dal numero di docenti dell´ateneo. Vi è
poi un terzo indicatore, riferito alla "sostenibilità economico/finanziaria" che
rende piùstringenti i requisiti per istituire nuovi corsi di studio. Gli altri
requisiti si riferiscono alla struttura organizzativa e burocratica che gli atenei
devono mettere in piedi per sostenere il processo di accreditamento. In
questo articolo ci concentriamo sui requisiti quantitativi della didattica
erogabile e della numerosità degli studenti, rimandando ad altra occasione
l'esame delle procedure amministrativo-burocratiche richieste per
l'accreditamento.
Numerosità degli studenti, con sorpresa
Sin dal D.M. 17/2010 ogni corso di laurea può immatricolare solo un certo
numero di studenti. Per accettare più studenti del massimo sono richiesti
docenti supplementari. Ad esempio: per attivare una triennale sono richiesti
12 docenti, per una magistrale 8. Con quei docenti si possono accettare
studenti fino a una certa numerosità massima, che dipende dalla classe del
corso: ad esempio per Fisica, 75 studenti alla triennale e 60 alla magistrale;
a Economia, rispettivamente 230 e 100.
Se si vogliono accettare più studenti si deve incardinare un numero
maggiore di docenti. La formula del DM 17 era:
Corsi di laurea: Dtot = 12 + |9 x W|
Corsi di laurea magistrale: Dtot = 8 + |6 x W|
dove
W = [(studenti immatricolati)/(numerosità massima)] - 1
Quindi W vale 1 se gli studenti immatricolati sono il doppio del massimo,
vale 2 se è sono il triplo e così via. Con le formule di cui sopra a Fisica un
quinquennio completo al doppio delle numerosità richiede 12+9=21 docenti
per una triennale da 150 studenti e 8+6=14 docenti per una magistrale da
120 studenti. In tutto 35 docenti.
Leggendo il decreto AVA si scopre però che la formula è cambiata! W è
sempre lo stesso, ma si usa così:
Dtot = Dr x (1+ W)
Quindi, per avere il doppio degli studenti ora serve il doppio dei docenti. Se
prima raddoppiare Fisica richiedeva 35 docenti, ora ne richiede 40, quasi il
15% in più rispetto al D.M. 17.
Gli effetti negativi sono parzialmente mitigati per i corsi attualmente divisi in
curricola, in quanto nel decreto AVA non sono più richiesti i 2 docenti in più
per ogni curriculum aggiuntivo previsti dal D.M. 17. D´altra parte, la nuova
formula infierisce di più sugli atenei grandi: per chi èal triplo della
numerosità serviranno il 20% di docenti in più di oggi, per chi è al quadruplo
il 23%: la progressione è tale da vanificare ben presto gli eventuali effetti
benefici dovuti all´abolizione dei requisiti per i curricola.
Una volta incardinati tutti i docenti disponibili, i corsi con numerosità
superiore a quella ammissibile dovranno ridurre gli immatricolati e quindi
inserire (o abbassare ulteriormente) il numero chiuso. Dato che i requisiti di
docenza sono introdotti in maniera progressiva non succede quasi niente
per tre anni: la bomba scoppierà quando i requisiti andranno a regime, nel
2016/2017, e il loro effetto si sommerà al pensionamento in massa dei
docenti entrati con l'ope legis del 1980, di cui diciamo più avanti. Il
2016/2017 sarà quindi un anno di introduzione generalizzata del numero
chiuso (sempre che gli studenti non siano già stati sufficientemente decimati
dall'aumento delle tasse).
Alcune domande infine si impongono: a quale ratio si ispirano questi
provvedimenti? In base a quali considerazioni viene determinato il numero
minimo di docenti e qual è la ragione di questa variazione al rialzo?
Secondo le parole del decreto, la numerosità minima dei docenti serve
genericamente ad assicurare la qualità, ma neanche mezza parola viene
spesa su come sia stato determinato il fatidico numero minimo, e
tantomeno sul motivo delle modifiche rispetto al DM 17. Il dubbio (a essere
sinceri, è quasi una certezza) è che questi numeri non siano definiti a partire
da considerazioni qualitative, ma dal puro e semplice desiderio di limitare
sempre più l´accesso degli studenti all´Università.
LA DIDATTICA ASSISTITA: MAMMA, TI PRESENTO IL DID
Con il decreto AVA fa il suo esordio una nuova classificazione della
didattica: la didattica assistita.
Innanzitutto: cos´è la didattica assistita? La nota del decreto è laconica:
"Tutte le forme di didattica diverse dallo studio individuale erogabile." Che
cosa sia lo "studio individuale erogabile" non è dato saperlo: una ricerca in
rete non restituisce risultati. La questione è interessante: a parte la curiosità
su come sia possibile "erogare studio individuale", a rigor di logica la nota
implica che nella didattica assistita sia incluso tutto lo "studio individuale non
erogabile", entità al momento altrettanto misteriosa ma che le
amministrazioni universitarie dovrebbero nondimeno calcolare.
Fortunatamente, in un altro passaggio, il decreto magnanimamente ci dà
degli indizi: "La didattica assistita erogata è sempre espressa in termini di
ore, includendo oltre alle ore relative alle lezioni frontali anche quelle
riservate ad esercitazioni, laboratori, altre attività (incluse le ore dedicate alle
"repliche" di queste attività formative rivolte a piccoli gruppi di studenti)."
L´idea del decreto è che per assicurare la qualitàsi debba porre un limite alle
ore di didattica assistita introducendo per ogni ateneo una "quantità
massima di didattica assistita", per gli amici DID. Usando i valori massimi
previsti nel D.M. per i parametri che "traducono" i docenti in ore di didattica,
la formula che serve a calcolare la DID di un ateneo è questa:
DID = (120 x Nprof + 90 x Npdf +60 x Nric) x (1 +0.30)
Dipende unicamente dall'organico: professori, a tempo pieno (Nprof) e
definito (Npdf) e ricercatori (Nric), inclusi quelli a tempo determinato.
L'ultimo parametro riguarda la didattica a contratto, al massimo il 30% del
totale, con qualche esclusione rilevante di cui si dirà più avanti.
Il calcolo di questo parametro è di importanza primaria, perché "nel caso in
cui, in fase di presentazione della SUA-CdS [Scheda Unica Annuale relativa
ai Corsi di Studio, da presentare il 4 marzo], vengano superati i limiti di ore
erogabili, la sede e i relativi Corsi di Studio non otterranno l´Accreditamento
Iniziale." . Per fortuna, calcolarlo è piuttosto semplice. Noi lo abbiamo fatto
per l´ateneo di Torino: a novembre 2012 il valore di DID è di circa 242,000
ore (un migliaio di professori, altrettanti ricercatori, una cinquantina di tempi
definiti).
Se calcolare il tetto massimo è relativamente semplice, conoscendo
l'organico dell'ateneo, diverso è invece calcolare la didattica assistita
attualmente erogata dagli atenei perché, come accennato sopra,
comprende ogni tipo di attività; ore di lezioni frontali, esercitazioni, laboratori
incluse le repliche per i turni, con la sola esclusione dei "Corsi di Studio
relativi alle Professioni sanitarie, Scienze motorie, Scienze della
Formazione, Servizio Sociale, Mediazione linguistica e traduzione e
interpretariato e le attività di tirocinio." (D.M. 47, allegato B, punto (b).
Quest'ultima esclusione è una novità rispetto al documento ANVUR del
luglio 2012).
A quattro settimane dalla scadenza della procedura di accreditamento non
esiste ancora un conteggio ufficiale delle ore di didattica assistita
effettivamente erogate, quelle da confrontare con DID. Per provare a
valutare il numero attuale delle ore di didattica assistita erogate
dall´Università di Torino abbiamo quindi dovuto necessariamente basarci su
delle stime. Gli unici dati disponibili sono quelli del conteggio delle ore di
didattica effettuato per il calcolo del fattore H previsto dall'allegato E del
D.M. 17/2010; questo conteggio però non teneva conto pienamente di
"laboratori, altre attività (incluse le ore dedicate alle "repliche" di queste
attivitàformative rivolte a piccoli gruppi di studenti)", che è stato necessario
stimare, utilizzando alcuni dipartimenti campione scelti fra quelli che di
questi fattori avevano tenuto conto.
Il risultato delle stime è che la didattica assistita effettivamente
erogata dall'ateneo di Torino nell'A.A. 2012/2013 ammonta a circa
252,000 ore.
La nostra stima può dunque avere qualche grado di approssimazione, ma
l'ordine di grandezza del problema èevidente: potremmo trovarci a dover
eliminare circa 10,000 ore di didattica dalla nostra offerta formativa. E
dubitiamo fortemente che altri atenei siano in condizioni molto migliori del
nostro. Dobbiamo tagliare, ma non perché la nostra didattica sia malfatta, o
superflua: questo lo si accerterà in un secondo momento con le procedure
qualitative (ma solo per i corsi sopravvissuti).
Se consideriamo che un corso di laurea triennale richiede circa 1,000
ore di didattica assistita, siamo di fronte alla necessità di prendere in un
mese la decisione di chiudere l'equivalente di almeno 10 corsi di
laurea (di più se consideriamo le lauree magistrali), pena la soppressione
dell'ateneo! Certo, non è necessario chiudere interi corsi di laurea, si
possono chiudere singoli insegnamenti: circa 250 corsi da 6 CFU per
esempio. Si interviene sui crediti liberi, sui corsi proposti in alternativa -
unico margine lasciato dai rigidi piani di studio, RAD per gli amici - con
buona pace della ricchezza culturale offerta, della possibilità per gli studenti
di scegliere la propria formazione culturale al di là degli insegnamenti
fondamentali. Insomma veloci verso un'offerta standardizzata e indifferente
alle specifiche conoscenze dei docenti che si riflettono solitamente nei corsi
opzionali.
Da notare che, come già per la numerosità, manca nel decreto una
qualsiasi giustificazione teorica che leghi la formuletta DID alla qualità della
didattica. Perché il moltiplicatore è 120 ore e non 130, ad esempio?
Neanche una parola sull´argomento. Vale la pena rimarcare che la scelta
del numero 120 crea grandi problemi: in molti atenei questo massimo
corrisponde esattamente al minimo di ore di didattica frontale che ciascun
professore deve tenere (il numero 120 deriva dall´art. 1 comma 16 della
legge Moratti, che fissa l´impegno minimo didattico per il rapporto a tempo
pieno in "non meno di 350 ore annue di didattica, di cui 120 di didattica
frontale"). Per rispettare contemporaneamente il limite massimo di DID e il
numero minimo di ore di didattica ciascun professore deve quindi erogare
esattamente 120 ore di didattica, né una di più né una di meno. Seguendo la
lettera del decreto dovranno quindi essere ridefiniti gli impegni didattici dei
docenti, che attualmente in molti casi sono superiori alle 120 ore?
In pratica, l´applicazione del decreto AVA si traduce in una diminuzione
forzosa delle ore di didattica erogate da ciascun professore: un risultato del
tutto paradossale, che testimonia quanto il valore del parametro DID non
abbia nulla a vedere con la qualità della didattica e derivi piuttosto da un
malcelato intento di taglio dell´università pubblica, tanto indiscriminato
quanto ideologico.
Questo scenario arriva non completamente inatteso, ricalcando - pur con
modifiche - il documento ANVUR del luglio scorso. A quel documento, che
non aveva forza coercitiva differentemente dal Decreto Ministeriale, nessun
ateneo ha reagito o ha manifestato pubblicamente preoccupazione,
sconcerto, allarme. Prendiamo ancora Torino come esempio. L'ateneo e i
suoi organi dirigenti hanno tenuto la testa sotto la sabbia fino ad ora
nonostante i numeri della didattica erogabile ed erogata in ateneo (basati sul
documento ANVUR, allora unico documento disponibile) siano stati
presentati nella seduta del Senato Accademico di Dicembre scorso dal
Presidente della Commissione Didattica (uno degli autori di questo articolo).
Nessuna presa di posizione pubblica, nessun allarme. In effetti il Presidente
della Commissione Didattica è un Senatore rappresentante degli studenti e
questo forse crea qualche problema: si può credere a uno studente?
Evidentemente i Senatori torinesi fanno fatica (e non solo i Senatori, dato
che le sedute del Senato sono trasmesse in diretta streaming a tutto
l'ateneo). E così eccoci con il D.M. pubblicato e un mese per fronteggiare il
problema. E non ci pare che altri atenei, o la CRUI si siano distinti per
maggiore lungimiranza.
SE NON FAI RICERCA ALLORA NON FARE NEANCHE DIDATTICA
Ma non è finita. Il D.M. 47 del 30/1/2013 applica un fattore K a questo DID:
DID (r) = DID x Kr
producendo "la quantità massima di didattica assistita erogabile corretta in
funzione della qualità della ricerca". Il fattore K (che varia fra 1 e 1.20)
dipende dal risultato dell'ateneo nella VQR, cioè nella valutazione della
ricerca e della capacità di raccogliere soldi (pudicamente chiamata "terza
missione") dei nostri dipartimenti.
La VQR è riferita a un decennio prima dell'offerta formativa in discussione:
il risultato del periodo 2004-2010 determina l'offerta formativa del 2013-
2018. Inoltre, ammesso e non concesso che la VQR sia qualcosa di
correlato con la nostra capacità di fare ricerca , la norma implica che se non
sai fare ricerca allora non sai neanche fare didattica. Vale la pena notare
che nel RAE inglese a chi fa poca ricerca viene al contrario attribuito un
maggiore carico didattico: è evidente che la logica di ANVUR e Profumo non
è ispirata alla riallocazione delle risorse, ma al più semplice principio
"bastona il cane che affoga". Risuonano le parole di Sergio Benedetto
dell´ANVUR: "qualche sede dovrà essere chiusa"...
Inoltre, l´accreditamento iniziale è concesso a partire dal valore base di DID,
e non di DID(r) incrementato per la qualità di ricerca. Peraltro, l'ANVUR ha
tempo fino al 30 giugno 2013 per pubblicare i risultati della VQR: quindi ad
oggi il fattore K è sconosciuto e qualunque seria programmazione è
impossibile. A Torino basterebbe K>1.04 per mantenere i corsi aperti, ma
con le norme attuali dovrà innanzitutto tagliare. Dobbiamo chiudere
centinaia di corsi, attendere K e poi magari essere autorizzati a riaprirli
l'anno dopo?
Uno sguardo all´evoluzione temporale del DID è ancora più preoccupante.
Abbiamo stimato l´andamento del valore massimo di didattica erogabile da
UniTo tenendo conto delle uscite previste e delle norme sul turnover. Nel
2013 DID dovrebbe scendere a circa 237,000 ore, mentre nel 2014 DID
risalirà a circa 242,000 ore (si aggiunge il reclutamento straordinario dei PA:
25 punti organico, il 20% dei quali a esterni, una tantum). Nel 2015 DID
potrebbe crollare a 232,000 ore, perché il turnover rimane al 20% e gli RTD
assunti tutti insieme (hanno raggiunto in un anno il 10% del totale dei
ricercatori in ateneo) arriveranno a scadenza e nessuno sa cosa accadrà
(per approfondimenti si veda qui). Non ci sono dati oltre il 2015 sulle uscite
del personale, ma il trend è fin troppo chiaro: se cala il personale cala la
quantità di didattica erogabile.
L'AVA si ripete ogni 5 anni, quindi il profilo temporale conta poco (anche se
il Nucleo di Valutazione è chiamato con la sua attività annuale di
sorveglianza a monitorare la persistenza dei requisiti quantitativi e
qualitativi), ma dà l'idea degli effetti che si cumuleranno verso il 2018. La
prossima tornata di accreditamento vedrà infatti dispiegarsi gli effetti di un
ulteriore problema, molto più difficile da affrontare. La distribuzione per età
dei docenti universitari italiani (rapporto CNVSU 2011, p 155) mostra
chiaramente che cosa accadrà nei prossimi 5 anni: arriverà al
pensionamento il grande picco di professori entrati con l'ope legis del 1980.
A quel punto si assisterà a un crollo verticale del numero dei professori, che
si ripercuoterà sulla formula DID e quindi sulla quantità dell'offerta didattica
degli atenei. Gli atenei italiani subirebbero un importante
ridimensionamento, in confronto al quale il calo di 50,000 immatricolazioni
degli ultimi 5 anni apparirà insignificante. Se non ci sarà una radicale
revisione delle norme sul blocco del turnover e un forte rifinanziamento degli
atenei, il verificarsi di questo scenario disastroso sarà certo.
Eppure la qualità non è uguale per tutti...
E per quanto riguarda le università non statali? Anche esse saranno
obbligate a sottostare alla mannaia? Vale la pena riportare per intero il
comma 1 dell'art. 3 relativo all'accreditamento iniziale delle sedi universitarie
esistenti: "Le Università istituite al momento dell´entrata in vigore del
presente decreto ottengono l´accreditamento iniziale a seguito della verifica
del possesso dei requisiti di cui all´allegato B fatta eccezione, per le
Università non statali, di quanto previsto alla lettera b) relativamente
all´indicatore di sostenibilità della didattica.". Cosa c'è alla lettera (b)? Il
requisito quantitativo. Quindi il Ministero ci scrive, con la massima serenità,
che le università non statali possono - in quanto tali - non sottostare ai
vincoli sulla didattica massima erogabile. Solo le università statali devono
chiudere i loro corsi di studio per poter continuare ad operare, nel caso non
rispettino la magica formula per il calcolo dell'indicatore DID di cui
all'allegato B, punto (b) del D.M. 47.
Non solo: anche i requisiti di docenza richiesti alle università private sono
più bassi (del 25%) di quelli delle università pubbliche. Evidentemente,
secondo il MIUR, le università private sono in grado di assicurare la stessa
qualità con il 25% di docenti in meno!
Per chi avesse ancora dei dubbi: anche il vincolo quantitativo della
sostenibilità economica (allegato A punto (f)), che limita l'apertura di nuovi
corsi di studio, è richiesto solo per le università statali.
Al di là degli aspetti tecnici, sarà difficile sostenere che questa decisione del
Ministero non rappresenti un ulteriore, ennesimo regalo all'Università privata
a fronte di uno sfregio di quella pubblica.
IL TUTTO SEMBRA PRIVO DI SENSO. MA LO È?
E' questo un modo serio di governare l'Università pubblica? Ci sono tutti gli
elementi che servono a qualunque persona ragionevole per dubitare che lo
scopo ultimo di questo decreto e del sistema costruito dall'ANVUR sia
effettivamente la valutazione e il miglioramento della qualità degli atenei
pubblici italiani: non sarà che l'obiettivo finale è piuttosto quello di
ridimensionarli con la scusa della valutazione e dell'efficienza? Di rivedere
verso il basso l'anomalia di quella "bolla formativa" che così tante volte è
stata citata in questi mesi? Non sarà che questo decreto e ciò che ci sta
dietro sono un nuovo, subdolo passo verso quello smantellamento
dell'università pubblica a cui tanto hanno contribuito tutti i governi degli ultimi
15 anni?
Giuliano Antoniciello | febbraio 6, 2013 alle 9:20 am | Etichette:
accreditamento, Anvur, AVA, ENQA, Fiorella Kostoris, valutazione della
didattica | Categorie: Anvur | URL: http://wp.me/p1WBc2-5xE
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