Come detto in precedenza, non contribuisco al forum e faccio ache
errori ignorando la metodologia. Inserisco nel testo quello che,
sbagliando, avevo allegato. Non me ne vagliate per la lunghezza.
SMA
Valore legale del titolo di studio e qualità delle università
Prendo spunto dall?articolo di Luciano Modica recentemente apparso sul
quotidiano Europa, per ritornare sul dibattito che, periodicamente,
riaccende l?interesse sull?annosa questione del ?valore legale del
titolo di studio? e sull?opportunità o meno di una sua abrogazione o
modifica.
Avendo sottoscritto l?appello per l?abrogazione di detto valore
legale, ho provato un certo disagio nel leggere che, secondo Modica??
tutti coloro che si intendono davvero di università hanno espresso
perplessità?. Il disagio deriva dal fatto che avendo io trascorso più
di mezzo secolo nell?università e oltre 30 anni come Professore
ordinario, ritengo di intendermi di univerità, almeno di quel tanto
che mi consente di giudicare sulla opportunità o meno di mantenere
inalterate le regole che la governano. Sicuramente la lunga
permanenza, nel corso della mia attività di servizio, negli USA e nel
Regno Unito, ha influenzato fortemente la mia concezione di università
che intendo come sede di eccellenza per la ricerca scientifica e la
formazione ed elemento di rilevanza primaria nel segnalare il livello
culturale di un Paese.
Ed è proprio questo il problema. Dovrebbe essere evidente a tutti che
il dibattito sul valore legale del titolo di studio, riflette il punto
di vista di coloro che attraverso la sua abolizione vedono un mezzo
per avviare una svolta qualitativa all?università italiana relegata a
posizioni poco gratificanti nelle classifiche che varie organizzazioni
elaborano ogni anno utilizzando criteri più o meno condivisibili.
Il recente stimolo alla discussione nasce anche dal ravvivato
interesse per lo scritto di Luigi Einaudi ?Prediche Inutili?
recentemente riproposto in una pubblicazione del Corriere della Sera.
La proposizione del pensiero einaudiano, sorprendentemente attuale
ancorché espresso più di sessant?anni avrà spinto Francesco Giavazzi
ed Alberto Alesina ad invitare il presidente Monti a rileggere con
attenzione lo scritto ed ..?inserire nella legge sulle
liberalizzazioni l'abolizione del valore legale della laurea: un
provvedimento che aumenterebbe competizione e qualità nei nostri
atenei?.
C?è da dire che la ?filippica di Einaudi?, così definita da Sabino
Cassese negli ?Annali di storia delle università italiane? (2002) era
stata oggetto dell?analisi particolarmente articolata dell?insigne
giurista che così chiudeva: ?E? tempo di concludere osservando che il
tema del valore legale dei titoli di studio è una nebulosa. Esso non
merita filippiche, ma analisi distaccate, che non partano da furori
ideologici o da modelli ideali, bensì da una valutazione delle
condizioni delle strutture pubbliche e professionali e dei
condizionamenti derivanti dal riconoscimento dei ti¬toli di studio
sull?assetto della scuola e dell?università?.
È difficile non concordare con questa esortazione. Ed è anche
condivisibile il titolo dell?articolo di Modica su Europa ?Il valore
della laurea non è tutto?. È vero. Ben altro è necessario per
sollevare il livello della nostra università nelle classifiche che
pongono la prima università italiana intorno al 150° posto.
A mio parere, il valore legale del titolo di studio appare come
espressione del più rigido e paralizzante controllo da parte dello
Stato: il modello franco-napoleonico che attua:??un ideale, che è
l?ideale dell?ordine, dell?euritmia, della uniformità. Unica la fonte:
lo Stato. Unico il valore degli studi: quello voluto dai poteri
pubblici secondo la norma costituzionale??
Concordo: una forma di controllo dello Stato è indispensabile a
garanzia di un accettabile livello qualitativo delle strutture che
erogano formazione ed è vero che una qualche forma di certificazione è
presente, in forme diverse, nei paesi dell?Unione Europea
(Accreditation Models in Higher EducationEuropean Network for Quality
Assurance in Higher Education 2004, Helsinki). L?accreditation
(certificazione) è cosa diversa; essa certifica il raggiungimento di
standards qualitativi da parte delle organizzazioni che erogano titoli
di studio. Nel Regno Unito la certificazione non è prerogativa del
goveno. Le istituzioni che erogano formazione e/o svolgono ricerca
scientifica devono uniformarsi a criteri definiti per ottenere il
titolo di ?università?. La valutazione è affidata ad un?agenzia
(Quality Assurance Agency) che opera per conto del Privy Council
organismo consultivo, costituito da esperti che possono essere o no
membri dl parlamento o della camera dei lord, ma non con incarichi di
governo.
Certamente, valutare la qualità di una università non é semplice. La
valutazione può essere influenzata da pregiudizi e tendenze non sempre
condivisibili. Ciò non ostante esiste un ?ranking? delle università di
tutto il mondo che viene effettuato annualmente da varie
organizzazioni in diversi paesi del mondo che ha un forte impatto
sulla opinione pubblica.
Perché queste classifiche rivestono tanta impportanza? A parer mio, la
popolarità dell?esercizio è riferibile a molti fattori. In primo luogo
il complesso di tendenze comprese nel termine, ?globalizzazione?, ma
anche la ultrarapida evoluzione delle tecnologie della informazione e
la presa di coscienza che un alto livello di istruzione rappresenti un
elemento di benessere per le comunità. Da qui l?aumento progressivo
della domanda di formazione superiore ed una spinta verso un alto
livello di internazionalizzazione delle università. Molte università
private e pubbliche cercano attraverso attività internazionali a porre
rimedio alle proprie difficoltà finanziarie. Non si può ignorare che
il contributo economico ai paesi da parte delle università più
prestigiose è notevole. Una stima, probabilmente approssimata per
difetto, pone a circa 12 miliardi di dollari il contributo alla
economia statunitense da parte di studenti stranieri (P. G. Altbach e
J. Knight, The Internationalization of Higher Education: Motivations
and Realities,The NEA 2006 Almanac of Higher Education).
Tutto ciò detto è, purtroppo, facile constatare che l?università
italiana non figura bene nelle varie classifiche. Anche la Francia,
paese a noi vicno geograficamente ma, soprattutto, per una simile
gestione del sistema accademico, non figura bene. I nostri colleghi
d?oltralpe, sempre più propensi ad invocare la sfortuna e la
imparzialità degli arbitri, rispondono con un misto di indignazione e
costernazione. Indignazione perchè ritengono che il sistema favorisca
le università anglosassoni; costernazione perchè la migliore
università francese, Parigi VI, figura solo al 45° posto.
Che cosa accomuna l?unversità italiana e quella francese e le rende
profondamente diverse da quelle anglo-sassoni? Come il sistema
italiano, anche l?università francese é stretta nella morsa di un
modello statale centralizzato super-burocratico, che si esprime anche
nel valore legale del titolo di studio. Anche in Francia il
reclutamento accademico avviene attraverso il concorso pubblico
gestito dal ministero per l?istruzione, un sistema definito, ?assurdo?
dalla rivista The Economist in una inchiesta, di qualche anno
addietro, intitolata ?The art of the impossible: a survey of France?.
Non c?é dubbio alcuno che la condizione di ?funzionario dello stato?
del docente universitario offra molti vantaggi. Ma anche molte
possibilità di abuso, tanto?.pantalone paga! Scriveva Luigi Einaudi,
riferendosi ai fellows delle università di Cambridge ed Oxford: ??Chi
diede loro la facoltà di insegnare e giudicare? Il sovrano poi
sanzionò il fatto già accaduto, la fama già riconosciuta: ma la fonte
del diritto di insegnare e dichiarare non era il diploma imperiale o
la bolla papale; era invece il riconoscimento pubblico spontaneo di un
corpo di facoltà nato dal fatto, e affermato dalla gelosa tutela del
nome del collegio insegnante?? ed ancora: ??Il riconoscimento viene
meno ed I diplomi perdono valore quando lo spirito di abnegazione dei
monaci insegnanti si affievolisce; quando il crescere dei redditi dei
patrimoni dei corpi insegnanti rende appetibili le cattedre per motivi
diversi da quelli scientifici e le cariche si danno a prebendari
favoriti o simoniaci??
Il "concorso pubblico" per il reclutamento dei docenti, almeno come
viene gestito in Italia (ed io ne conosco a fondo i dettagli) é una
procedura anacronistica che consente l'asservimento di un interesse
pubblico ad un interesse di parte. Come é possibile ritenere
efficiente un sistema che delega la scelta (per giunta, definitiva:
quanti straordinari non sono diventati ordinari?) degli operatori ad
una commissione fatta da persone che, per quanto competenti ed oneste,
non saranno mai tenute a dar conto, se non sul piano formale o
giuridico, del proprio operato? Sono convinto che fino a quando non si
realizzerà una completa autonomia delle università, che dovrebbero
competere sul piano produttivo non solo per la prosperità ma anche per
la propria sopravvivenza, la condizione della università e della
ricerca scientifica in Italia rimarrà sostanzialmente immutata. Temo,
purtroppo, che non basterebbe abrogare o modificare il valore legale
del titolo di studio nella sua presente formulazione, ma sarebbe,
certamente, un passo importante.
--
Salvatore M. Aloj MD
Professor Emeritus
Department of Cellular & Molecular
Biology & Pathology "L. Califano"
University of Naples Federico II
Via S. Pansini, 5, I-80131, Napoli, Italy
Tel: +39-0817463601
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