Concordo con Mirella, ma sono piu' radicale: i giovani devono piantarla di lavorare gratis!
Se lavorano gratis, rovinano il mercato a chi non puo' permettersi di fare altrettanto.
Non ne posso piu' di questi precari per scelta che prima decidono di lavorare gratis (chi li mantiene?) nella speranza che qualcuno regali loro un posto e poi protestano contro un precariato che loro stessi hanno scelto e favorito.
Uno puo' pure decidere di lavorare gratis per "amore della scienza" o semplicemente per "andare in paradiso": ma nel qual caso non puo' chiedere a viva voce che si tarocchi un concorso per farlo vincere per forza...
Scusate se son troppo diretto. Bye, E.
On Fri, 5 Dec 2008, Mirella Sari Gorla wrote:
Con questo messaggio vorrei soltanto esprimere il mio sconcerto per un aspetto che compare in modo ricorrente nei messaggi che ho ricevuto: viene considerato normale, seppure non auspicabile, il fatto che giovani vengano impiegati nel lavoro di ricerca senza alcuna retribuzione. Nel dipartimento in cui opero (ma penso sia così in genere nella Facoltà di Scienze dell?Università di Milano) un comportamento del genere non esiste! Nessuno lavora gratis: i giovani (dottorandi o post-doc) vengono pagati sui fondi di ricerca del gruppo in cui operano, con borse di studio (se hanno meno di 29 anni), con COCOCO o con assegni di ricerca. Questi non costituiscono certo una retribuzione favolosa, ma 18600 euro all?anno non possono essere considerati un?elemosina, soprattutto quando si vive in una città diversa da Milano, dove questa retribuzione è molto modesta, considerando che qui il costo della vita è alto. In conclusione, considero il comportamento sopra menzionato gravemente scorretto e ribadisco il mio stupore nel vedere che per molti colleghi esso venga invece considerato normale.
At 11.06 04/12/2008, you wrote:
Cari tutti, ciò che scriverò a continuazione riguarda la mia personale e sperienza e quella di numerosi altri giovani come me.
Innanzitutto vorrei dire a chi forma i proprio studenti più brillanti in vista di un futuro concorsi che la lunga trafila di compiti accademici non pagati, caratterizzano gli anni di dottorato e post doc, potrebbero anche servire al candidato per conoslidare la sua formazione e poter così competere anche in caso di valutazioni comparative nazionali e non truccate. Questo non toglie che sia ingiusto e faticoso passare lunghi anni senza retribuzione o con piccole somme da fame.
Nonostante io abbia fatto il Dottorato in altra sede, non capisco in nessuno modo la volontà di imporre che non si possa essere assunti presso l'università nella quale ci si è laureati: conoscere meglio l'ambiente e la burocrazia, oltre a essere in linea con le ricerche della sede dovrebbero essere considerati punti di forza del candidato e non uno svantaggio.
Non ritengo utile impedire a un ordinario che ritenga capace e meritevole un suo studente di offrirgli la possibilità di un posto da ricercatore (per il quale il "maesro" deve lottare molto e non ne sarebbe disposto se non per qualcuno che stima). Il problema è che spesso si privilegiano i rapporti di parentela o di altro tipo, problema che si potrebbe risolvere soltanto se i fondi fossero strettamente legati alla quantità e alla qualità dei prodotti delle singole persone (e non del dipartimento).
Porgo un ulteriore spunto di riflessione: perchè ho la sensazione che, di nuovo, qualunque valutazione dei risultati possa privilegiare la quantità a scapito della qualità?
Infine, se essere docenti o ricercatori significa dedicare ore a cavilli burocratici o a pratiche amministrative, completare 120 ore di didattica annuali sommate a tesi, prove finali, riunioni e organizzazione di congressi, il tutto senza poter contare sulla collaboraione di altri se non dei dottorandi di turno, come si può fare seriamente ricerca? Molti reclutano gratuitamente mogli e famigliari per una migliore gestione, ma non tutti se lo possono permettere, e sopratutto, vi pare che questo sia etico?
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Prof. Mirella Sari-Gorla Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie Via Celoria 26, 20133 Milano, Italy tel: +39 02 503 1 5014 fax: +39 02 503 1 5044 E-mail: MIRELLA.SARIGORLA@UNIMI.IT web: http://users.unimi.it/~camelot
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