Caro Alberto, nel corso della mia esperienza ne ho viste parecchie di situazioni diverse e mi sono convinto che la questione sia non semplice ma semplicissima.
Occorrono due ingredienti per fare marciare il sistema dell' università e della ricerca:
1. che le scelte (es. quelle che portano a tenure tracks) siano fatte dalle persone piu' competenti possibili del settore, secondo il principio che solo chi è abituato alla qualità e al merito riconosce negli altri la qualità e rispetta il merito; 2. che non ci possa essere neanche il sospetto di conflitto di interessi, secondo il principio che anche un premio Nobel è un essere umano e corre il rischio essere trascinato nelle sue scelte da questioni personali quando è direttamente coinvolto.
Se viene meno uno o piu' di questi ingredienti si possono stendere fiumi di inchiostro ma il sistema non puo' funzionare.
Da noi sono quasi sempre violate entrambe le regole base.
es: I commissari di concorso sono votati e scelti spesso in base a logiche discusse in segreto o al bar, neanche in facoltà. Non c'è alcuna verifica delle loro competenze nel campo della valutazione, non sono sottoposti a nessuna verifica scientifica. Che siano scientificamente attivi o sull'orlo della pensione non importa.
oppure: in Italia il conflitto di interesse è sistematicamente sostenuto con forza anche dai migliori tra i colleghi. Ad esempio un dipartimento americano ( ma anche in alcuni istituti spagnoli, ho appena appreso) un tenure track che va al gruppo x è discusso da tutti senior del dipartimento/facoltà e l' opinione di quello che lo propone e quella che vale di meno.
Ci sono tanti modi per rispettare/implementare queste due regole, ma ce ne sono altrettanti se non di piu' per violarle. Siccome sono convinto che davvero sarebbe semplice risolvere alla radice molti dei nostri problemi, ma che complessivamente non lo si voglia fare, mi sono anche un po' stancato di analizzare l'ennesima norma che in modo piu' o meno plateale viola i due principi di base, ma che viene proposta come possibile soluzione ai nostri problemi.
Per quanto riguarda la tua osservazione sul sistema bloccato. E' vero è bloccato, ma si potrebbe sbloccare anche in fretta, proprio per l'enorme pressione e insoddisfazione che si sta creando, nonchè anche per le azioni fortemente destabilizzanti che provengono dal mondo politico. Se per qualche motivo un gruppetto di persone motivate iniziasse a fare delle azioni semplici ma coordinate le cose potrebbero cambiare.
Leggo molti dei messaggi di questa mailing list. Mi piacerebbe che parte delle nostre energie andassero non solo in discussioni ma sfociassero in qualche azione concreta. In questo senso mi piace molto l'idea lanciata da Procesi di fare un esecizio con la valutazione. Secondo me si puo' imparare davvero qualche cosa di utile.
Cordiali saluti
Roberto
On [DATE], "[NAME]" <[ADDRESS]> wrote:
2009/1/16 P. Dimitri liviapat@inwind.it:
[...]
E¹ anche vero, come dice Battiston (in verde), che nella valutazione la presenza degli stranieri è fondamentale. Purtroppo quando l¹ho scritto io, Porcesi e altri mi hanno criticato tacciandomi di provincialismo e portando
[...]
Secondo la mia esperienza (che e' limitata e potrei sbagliarmi) esistono due sistemi distinti per il reclutamento in generale,
sistema 1)
- responsabilita', incentivi, valutazione, vincoli economici sono
concentrati sul dipartimento e in parte sull'Ateneo (Harvard, Univ. California, etc)
- l'interesse a reclutare i migliori e' genuino da parte degli
interni, regole piu' che altro sociali contrastano efficacemente l'inbreeding
- ci sono bandi internazionali, pubblicizzati, vengono chieste lettere
di raccomandazione ai migliori esperti, senza differenza di nazionalita'
- la decisione finale e' fatta dagli interni che se ne assumono
l'intera responsabilita'
- il sistema prevede vivace competizione tra Atenei per assumere i
migliori e prevalere per risultati
sistema 2)
- tipico dei paesi statalisti dell'europa continentale in primis
Francia, ma anche Italia, Spagna
- la responsabilita' del reclutamento e' assegnata non ai dipartimenti
e agli Atenei ma primariamente ad un ideale di comunita' scientifica nazionale che si declina in modo diverso nei vari sistemi
- all'interno di regole generiche stabilite dallo Stato le comunita'
scientifiche nazionali gestistono reclutamento / promozioni
- mancano reali diretti incentivi per le scelte, le scelte sono frutto
del consenso generale o al piu' di maggioranze e cordate; non e' realistico fare una valutazione delle scelte operate, che sono responsabilita' collettiva (per assurdo un'eventuale valutazione avrebbe solo due possibili risultati, o la comunita' nazionale e' promossa in blocco, o e' bocciata in blocco)
Il sistema 2) degenera facilmente in maggioranze / cordate nazionali che gestiscono le risorse disponibili distribuendole a pioggia alle sedi locali senza reale valutazione / differenziazione per produttivita' scientifica. Per porre rimedio a questo e' effettivamente corretto cooptare massimi esperti stranieri nella valutazione, e in generale forzare la selezione anche in Italia dei massimi esperti per rilevanza scientifica piuttosto che come meri collettori di voti. Corollario: il sorteggio imposto dall'ultimo decreto non puo' essere una soluzione reale.
Concludendo, ritengo che in questo gruppo di discussione dobbiamo focalizzarci sulla proposta della lettera iniziale di C.Procesi che prevede responsabilita' assegnata ai dipartimenti, valutazione, anche competizione, quindi sistema 1), quindi esperti internazionali si' ma per lettere di raccomandazione ma non nelle commissioni, perche' le scelte devono essere essenzialmente responsabilita' locale.
Esperti internazionali nelle commissioni come avviene in Francia, Spagna e prospettato per es. anche da Mussi sono sensati solo per una riforma basata sul sistema 2), che io ritengo fuori tema qui (ma si potrebbe fare una discussione separata su quel filone se ritenuto opportuno).
Personalmente ritengo che il sistema 2) possa avere qualche speranza di funzionamento solo in Paesi dotati di una profonda coesione nazionale che prevale sugli interessi particolaristici, in modo che nelle comunita' scientifiche nazionali prevalga l'esigenza di far competere ed eccellere tutto il Paese in competizione con gli altri Paesi stranieri. Cio' e' realistico in Paesi come Francia e forse Spagna, ma ritengo sia irrealistico in Italia, anche considerando che cio' abbiamo sperimentato da sempre coi risultati conosciuti e' proprio il sistema 2).
In Italia ci puo' essere speranza che funzioni il sistema 1) a patto che si innesti una competizione positiva e ben regolata. Nell'economia privata, gli esempi di maggior successo in Italia si trovano nel settore delle piccole e medie imprese, dove la competizione nazionale e internazionale e' vivace, mentre le grandi imprese che tendono ad essere campioni nazionali tendono storicamente ad essere perdenti nella competizione internazionale anche quando hanno il supporto dello Stato.
Cordialmente,
Alberto Lusiani ricercatore di Fisica SNS _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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