Cara Lucia,
progressioni stipendiali fortemente sbilanciate verso l'anzianita' e indipendenti dal merito, gerarchie gerontocratiche piramidali con legami di vassallaggio, inbreeding, localismo e nepotismo, sono tutti elementi che vigorosamente si auto-sostengono, oltre a deprimere meritocrazia e produttivita' scientifica, perche' danneggiano giovani e outsider nella fase iniziale della carriera accademica e premiano gli stessi (quelli che rimangono nel sistema) nella fase successiva della loro carriera quando diventano insider e "anziani", e hanno quindi fatalmente a loro volta interesse a difendere tutta l'impalcatura.
Per questo motivo ritengo che ogni intervento in questi settori debba necessariamente tenere conto della storia pregressa e delle aspettative che il sistema, per quanto perverso e ingiustificato, ha comunque imposto alle persone come anche a te. Per fare un esempio, chi ha fatto il dottorato, post-doc e ricercatore non confermato con salari infimi, non dovrebbe essere scippato dei benefici dell'anzianita' nella fase successiva della sua esperienza accademica. Una riforma equa dovrebbe alzare i compensi per dottorato, post-doc, ricercatore giovane riducendo in misura paragonabile l'anzianita' successiva solo per chi entra oggi nel sistema universitario. Questo potrebbe avvenire anche con invarianza di spesa integrata su tutta la carriera accademica.
Per chi e' gia' nel sistema, un intervento di riforma equo dovrebbe salvaguardare le aspettative maturate, almeno in media, in modo che la spesa integrata sulle carriere rimanga invariata e quindi possa compensare chi ha gia' subito i bassi compensi iniziali tipici del sistema accademico italiano.
2009/1/7 l.magnelli@unifi.it:
Carissimi/e
già in passato mi sono espressa a favore del rinnovamento del turn-over, a scapito della progressione di carriera (io sono una ricercatrice ed anche attempata: 47 anni, di cui 11 da strutturata).
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Cordialmente, -- Alberto Lusiani ricercatore di Fisica SNS