2009/1/5 buttazzo@dm.unipi.it:
[...]
Mi piace molto la proposta del 20% di overheads sui fondi di ricerca, da girare ai dipartimenti di afferenza; immagino che l'aspettativa sia che in tal modo un dipartimento scelga nei reclutamenti futuri chi piu' probabilmente potra' fornire tale 20%. Ma che succede se a scegliere non sara' il dipartimento ma i soliti notabili? Non e' difficile immaginare un'evoluzione verso configurazioni in cui qualche buon ricercatore procaccia fondi al proprio dipartimento, ma i soliti notabili continuano a fare le chiamate secondo i vecchi schemi. Pensate che i buoni ricercatori/procacciatori cambieranno dipartimento o universita'? Io non credo.
Io penso che un sistema di incentivi per favorire il reclutamento dei migliori debba prevedere questi elementi:
- azzeramento dei fondi indivisi agli Atenei / Dipartimenti oltre alle spese minime di funzionamento (stipendi e consumi). Questa e' piu' o meno la situazione USA.
- fondi di ricerca assegnati da una Agenzia di finanziamento (negli USA per Fisica ci sono DOE e NSF) con personale quanto piu' possibile disgiunto da chi chiede i fondi di ricerca. L"NSF documenta abbastanza in dettaglio come valuta numeri imponenti di richieste negli USA avvalendosi di pareri gratuiti di esperti (peer review). Le domande per fondi devono essere quanto piu' possibile individuali o di gruppi piccoli appartenenti ad uno stesso Ateneo. Questo e' il meccanismo che riduce le relazioni di vassallaggio e incentiva a reclutare dei "pari" che siano scientificamente produttivi. Queste sono piu' o meno le norme del NSF e anche dei fondi dell'ERC nella UE. Anche per le domande PRIN c'e' stata una recente tendenza a limitare le grandi collaborazioni multi-Ateneo, e lo stessa tendenza c'e' nei programmi di finanziamento UE non ERC, se capisco bene.
- overhead del 20% dei fondi al dipartimento di appartenenza come detto, questo incentiva a reclutare bene
- meccanismi per rendere proporzionale ai risultati scientifici sia il numero di posizioni a parita' di studenti, usando i fondi di ricerca per pagare parte degli stipendi del personale docente cui vengono ridotti obblighi didattici (come suggerito da Abbondandolo)
- i grandi progetti possono avere canali diversi di approvazione (negli USA per FIsica delle Particelle i grandi progetti vengono approvati dai Laboratori, poi i gruppi Ateneo per Ateneo fanno domanda perche' venga finanziata la propria partecipazione al progetto).
- da discutere: modesta modulazione degli stipendi, dipartimento per dipartimento, in base al confronto dei risultati con gli altri dipartimenti della stessa materia in Italia e nel mondo. Ottenere questo "burocraticamente" e non in base a meccanismi di mercato (come negli USA) mi sembra molto molto difficile, questa e' anche la ragione del tipico risultato della distribuzione a pioggia dei fondi incentivanti nel pubblico impiego italiano. Io credo che anche una modulazione del 5% del monte salari sia sufficiente a innescare una concorrenza positiva al rialzo.
Il potere dei notabili nell'universita' italiana dipende dalle loro capacita' relazionali nel costruire cordate maggioritarie che poi dispongono dei fondi indivisi e soprattutto della discrezionalita' nel reclutare e promuovere ricercatori e docenti. Al momento non esistono incentivi per i notabili a scegliere i ricercatori piu' produttivi rispetto a quelli con cui ritengono di avere legami di tipo "feudale": il guadagno sta nella relazione di vassallaggio personale a parita' di tutto il resto (stipendi uguali per tutti, nessuna valutazione seria dei risultati). Se il numero delle posizioni, i salari e i fondi di ricerca diventano sempre piu' proporzionali alla valutazione il piu' possibile puntuale e uno per uno dei ricercatori e docenti reclutati, saranno gli stessi notabili a scegliere bene.
Tutto questo in teoria, ovviamente. Io ritengo che il comportamento complessivo dei docenti universitari come di ogni altra persona dipenda dalla cultura, ed e' proprio la cultura italiana nel senso piu' lato che limita e condiziona i risultati dell'universita' italiana. Le regole e soprattutto il livello di osservanza dello spirito e della sostanza delle regole sono prodotto della cultura, per cui non ci si puo' illudere che anche buone regole producano risultati miracolosi. D'altro canto e' possibile e plausibile scrivere buone regole, anche radicalmente diverse da quelle esistenti, mentre non e' possibile cambiare radicalmente in tempi brevi la cultura media esistente.
Buon 2009, -- Alberto Lusiani ricercatore di Fisica SNS