Cari colleghi,
Faccio alcune considerazioni sulla proposta relativa al reclutamento contenuta nella lettera di Procesi e altri, di cui siamo firmatari e che ha dato il via alla discussione.
La lettera di Procesi propone di articolare il processo del reclutamento in due fasi: una prima fase, in cui i Dipartimenti effettuano chiamate dirette secondo criteri propri, e una seconda fase, in cui la qualita' scientifica dei Dipartimenti viene valutata in modo comparativo, seguita da una distribuzione dei fondi pubblici basata sulle risultanze della valutazione. Poiche' la possibilita' di effettuare nuove chiamate dipende dai finanziamenti a disposizione dei Dipartimenti, si innescherebbe un meccanismo di competizione virtuosa tra Dipartimenti, tesa ad massimizzare le risorse disponibili mediante nuove assunzioni della massima qualita' scientifica possibile.
Vale la pena di notare che il meccanismo di reclutamento proposto porterebbe all'eliminazione quasi automatica di certi problemi segnalati in alcune delle lettere inviate al forum. Per esempio, non sarebbe necessario introdurre norme formali (per forza irragionevolmente rigide) per costringere i ricercatori che si sono formati in una data sede a continuare la propria carriera in una sede diversa, in modo da ovviare al problema dell'"inbreeding". Basterebbe lasciar fare alla convenienza per i singoli Dipartimenti di massimizzare la propria qualita' scientifica: sarebbe di conseguenza perfettamente legittimo e ragionevole trattenere un allievo nella sede del proprio maestro in quei casi in cui il mercato non offra candidati migliori; negli altri casi (non infrequenti!) si creerebbe una pressione per scegliere candidati esterni.
Neppure i richiami all'etica e al senso di responsabilita' che spesso accompagnano il dibattito sulle questioni universitarie (anche nel nostro forum) sarebbero piu' necessari, dato che il motore alla base dei comportamenti accademici sarebbe l'egoistico desiderio di assicurarsi il massimo delle risorse disponibili.
Mi sembra che la discussione sin qui svolta abbia lasciato abbastanza in disparte la seconda fase del meccanismo proposto, cioe' una valutazione dell'attivita' dei Dipartimenti avente il fine di stabilirne la "qualita' scientifica" (termine che per tutti noi rappresenta un valore, ma al quale forse non diamo lo stesso significato). La lettera di Procesi accenna alla valutazione dei Dipartimenti effettuata dal CIVR alcuni anni fa, che mi sembra molti considerino un'esperienza complessivamente positiva. Credo che l'elemento qualificante della valutazione CIVR stia nel fatto che si e' trattato di una "peer review" effettuata con l'ausilio di qualificati "referee" internazionali. (Varrebbe la pena di approfondire nel nostro forum il tema, ovviamente molto delicato, della selezione di un gruppo affidabile di referee per i diversi settori scientifici.)
Insisto sul concetto di "peer review" perche' trovo molto preoccupante la direzione presa dalla discussione sulla valutazione (ad uno stadio molto embrionale) che si e' sviluppata come conseguenza del "decreto Gelmini" attualmente in fase di approvazione. Da un lato, il decreto stesso sembra suggerire che debba essere valutato positivamente (in quanto scientificamente produttivo) colui che produce una "pubblicazione" da inserire in un apposito archivio istituzionale, come se il produrre una pubblicazione (comunque la si voglia legalmente definire) avesse qualcosa a che fare con la qualita' scientifica (che trovo difficile disgiungere dall'originalita' scientifica). D'altra parte, il decreto ha costretto a mettere in moto una discussione in seno al CUN e ai vari settori scientifico disciplinari finalizzata a stabilire dei criteri minimi "oggettivi" per poter partecipare ai concorsi per ricercatore, professore associato e professore ordinario, o per potere far parte di una commissione di concorso. Il risultato, temo, sara' quello di impedire a candidati molto giovani e brillanti di partecipare a concorsi per posti di professore (per i quali sarebbero qualificati secondo gli standard delle migliori sedi internazionali).
Concludo con una nota prosaica, secondo me tutt'altro che secondaria. Per poter competere, anche su scala internazionale, i nostri Dipartimenti dovrebbero avere la liberta' di negoziare con i candidati sia il salario, sia i compiti didattici e gli altri obblighi accademici. Facciamo l'ipotesi (ottimistica) che la proposta Procesi diventi oggi stesso realta', e che ogni Dipartimento si trovi impegnato ad assumere direttamente i propri docenti e a competere per le risorse sulla base di valutazioni incardinate ad un equo meccanismo di "peer review". Resterebbe da vincere la scarsa mobilita' interna del nostro corpo accademico, menzionata in diverse lettere del forum, che e' (almeno parzialmente) dovuta alle ristrettezze materiali in cui si trovano i nostri docenti, in particolare all'inizio della carriera. E le cose andrebbero anche peggio qualora un nostro Dipartimento volesse assumere un docente operante all'estero e si trovasse a competere con Universita' di altri paesi, senza poter offrire condizioni materiali paragonabili.
Cordiali saluti, ------- Prof. Massimo Bertolini Dipartimento di Matematica Universita' degli Studi di Milano Via Saldini 50 20133 Milano Italy massimo.bertolini@mat.unimi.it http://www.mat.unimi.it/users/mbertoli/