Caro Luciano,
Ti ringrazio per lo spunto e apprezzo i contenuti del tuo appello. Mi
trovo sostanzialmente d'accordo con quanto si chiede, ma c'è un aspetto
molto importante che mi pare sia trascurato in questo testo e in generale
quando si parla di università.
Uno dei problemi principali, a mio avviso, delle ultime riforme (a parte
l'ovvio "costo zero", anzi meno di zero) è il fatto che per decidere come
trasformare le cose si parte sempre dall'esistente e si cerca di mettere
delle pezze guardando solamente all'università e mai anche al contesto in
cui questa si muove. Non c'è mai uno sforzo di dire: questo è l'obiettivo,
questa è l'università che vorremmo, questi sono gli strumenti per arrivare
a quell'obiettivo, strumenti che rendono efficiente sia il sistema
universitario che quello della ricerca e quello dell'apparato statale che
gestisce le risorse.
I problemi che abbiamo, lato finanziario a parte, dipendono fortemente dal
fatto che il sistema nel suo complesso non funziona. Faccio un paio di
esempi rapidi per capirsi:
1) I posti banditi dalle università hanno (almeno dal 1997) l'avallo del
ministero che ne certifica la copertura finanziaria. Se ci sono stati
problemi ripetuti in questo ambito mi pare innegabile che ci sia stato
anche un malfunzionamento ministeriale, ma nessuno ne parla mai.
2) La tempistica dei bandi di finanziamento della ricerca è casuale, così
come lo è quella della chiusura dei bandi stessi e quella dell'erogazione
dei finanziamenti (si arriva, posso provarlo documenti alla mano, oltre i
10 (dieci) anni dalla scadenza del bando). Lo stesso ammontare dei bandi è
una funzione casuale del tempo (attualmente monotòna decrescente). Anche
questo sembra che sia un aspetto minore quando invece è cruciale.
L'elenco può essere lungo a piacere, ma è chiaro che la matrice comune dei
problemi non è solo il fatto che l'università e la ricerca non vengono
considerate una priorità ma piuttosto una fonte di spese inutili (e quindi
i fondi a disposizioni sono minimali e anche meno), ma c'è anche il fatto
che l'apparato ministeriale non è compatibile con un funzionamento
corretto a prescindere dall'ammontare dei fondi.
Per avere una università che funziona serve ripensare il sistema da cima a
fondo con degli obiettivi chiari che determinino poi le condizioni di
funzionamento e operatività del resto. Se vogliamo, per esempio, che tutto
funzioni sapendo in anticipo tempistica dei bandi e ammontare medio dei
progetti, con un minimo di regolarità, questo implica un certo tipo di
funzionamento dell'apparato amministrativo, attualmente agli antipodi da
quello che ci troviamo dinanzi tutti i giorni.
A mio avviso, in conclusione, serve che sia chiaro che tutto il contesto
va modificato e che le università non possono essere chiamate ad essere
uniche responsabili del malfunzionamento generale del sistema
ricerca/formazione. Senza questa presa di coscienza qualunque riforma sarà
destinata a fallire.
Si potrebbe quindi, piuttosto che fare un discorso lungo e dettagliato, di
provare a ripartire da principi fondamentali che dovrebbero (devono)
ritrovare il loro giusto posto nella dinamica delle scelte politiche. Può
forse sembrare un parlare di aria fritta, ma se si parla sempre degli
aspetti pratici senza toccare il cuore del problema il massimo che si può
riuscire ad ottenere, dal mio punto di vista, è una pezza nuova su un
vestito vecchio.
Cordialmente,
Guido
--
Guido Mula
Dipartimento di Fisica, Università di Cagliari
Cittad. Universitaria, S.P. 8, km 0.7, 09042 Monserrato (CA), Italy
Phone: +39 070 675 - 4934 (office) - 4787 (lab); Fax: +39 070 510 171
email: guido.mula@unica.it
> On Jan 3, 2013, at 12:00 PM, Luciano Modica wrote:
>
> Cari amici,
>
> in vista delle prossime elezioni politiche, ho provato a preparare un
> appello su università e ricerca, pur cosciente del fatto che potrebbe
> trattarsi di uno strumento poco adatto alla politica di oggi. Ve lo
> accludo qui di seguito. Prima di decidere se diffonderlo su larga scala mi
> farebbe piacere conoscere il vostro parere. Chi volesse sottoscriverlo è
> pregato di segnalarmelo per mail.
>
> Mi scuso in anticipo con chi non si ritrovasse nelle posizioni politiche
> dell'appello.
>
> Molti cordiali saluti insieme agli auguri di buon anno.
>
> Luciano Modica
>
>
> DIAMO SPERANZE ALL'UNIVERSITA' PER DARE SPERANZE ALL'ITALIA
>
> Sta per concludersi la sedicesima legislatura repubblicana, forse la
> peggiore per l'università italiana. Da un lato tagli finanziari
> pesantissimi (tra cui spiccano quelli dell'ultima legge di stabilità),
> riduzione drastica del personale docente, forte calo numerico delle
> matricole, limitazioni crescenti agli interventi per il diritto allo
> studio, chiusura di ogni spazio reale di reclutamento di giovani
> ricercatori. Da un altro lato il continuo affastellarsi di normative e
> adempimenti che imbrigliano il sistema e sottraggono un'infinità di tempo
> al lavoro didattico e di ricerca dei docenti, nuocendo significativamente
> alla sua qualità. Un nuovo centralismo lede gli spazi di autonomia e
> democrazia nel sistema e nei singoli atenei, mentre si susseguono senza
> posa martellanti attacchi mediatici.
>
> Facciamo appello alla politica, alla migliore politica, perché dica
> autorevolmente basta a questa situazione. Ne va del futuro dell'università
> italiana e quindi del futuro del nostro Paese. Facciamo appello a tutti i
> partiti che si confronteranno nelle prossime elezioni politiche perché
> dicano con chiarezza da che parte stanno sui temi della scuola,
> dell'università e della ricerca. Come nei migliori esempi stranieri, la
> politica dell'istruzione ritrovi una concordia di fondo al di là delle
> maggioranze politiche, perché solo così avrà la continuità necessaria ai
> suoi caratteristici tempi lunghi, con tempi di ritorno degli investimenti
> che si misurano in anni. Non si dimentichi che si misurano invece in
> decenni i tempi necessari per rimettere in sesto un sistema universitario
> colpito da estesi disinvestimenti. Non c'è più tempo da perdere.
>
> Facciamo appello in particolare alle forze politiche del centro-sinistra,
> specialmente al Partito Democratico, in quanto i firmatari si riconoscono
> in una scelta riformista e progressista per la società italiana. Salvo
> qualche eccezione, per gran parte della legislatura il Partito Democratico
> non è apparso particolarmente presente e attivo nel tessuto della vita
> universitaria e della ricerca pubblica. L'occasione della prossima
> campagna elettorale va colta per affermare una netta inversione di rotta e
> per testimoniare un impegno in loro difesa che deve divenire
> indefettibile. Evidenziare e sanzionare con decisione gli aspetti negativi
> dell'università non deve impedire una chiara scelta di campo che
> rivendichi i meriti della grande maggioranza di persone che, nonostante
> le mille difficoltà, persino di agibilità dei locali, vi lavorano e
> studiano con serietà e passione, molto spesso con ottimi risultati a
> livello internazionale.
>
> L'università italiana non ha bisogno di riforme legislative quanto
> piuttosto di fiducia. Si abbandonino facili e sterili schemi censori e si
> punti invece ad uno sforzo condiviso di continuo e diffuso miglioramento
> qualitativo delle sue attività, senza concentrarsi esclusivamente sulle
> pur benemerite punte di eccellenza. Sarebbe la prima vera riforma positiva
> a costo zero. E' la condizione politico-sociale essenziale affinché si
> possa arrestare l'emorragia di risorse, finanziarie e umane, e predisporre
> subito, ad imitazione delle politiche anticicliche adottate dalla quasi
> totalità dei Paesi avanzati negli ultimi anni di crisi finanziaria
> globale, un quadro certo di investimenti per la crescita mirati sulla
> cultura e sull'innovazione, con l'obiettivo di riallinearli gradualmente
> almeno agli standard medi europei. Solo così si può cominciare a ridare
> qualche sicurezza alle prospettive delle università, degli enti di ricerca
> e di chi vi lavora. Solo passando dai tagli agli investimenti si può
> ricostruire la fiducia. Senza fiducia e senza sicurezza deperiscono le
> attività di didattica e ricerca avanzate.
>
> L'università ha urgente bisogno di essere liberata dai mille laccioli che
> l'hanno progressivamente soffocata in un delirio tecnocratico di minute
> regole quantitative o burocratiche. Occorre sfrondare subito, senza
> remore, questa giungla: sarebbe un'altra riforma positiva a costo zero.
> Occorre credere, senza se e senza ma, nell'autonomia delle università,
> conformemente del resto al dettato della nostra splendida e lungimirante
> Costituzione, associandovi naturalmente i concetti di responsabilità e di
> valutazione dei risultati.
>
> Il divario formativo che ci separa dall'Europa e dal resto del mondo
> avanzato in termini di numero di laureati va recuperato, incentivando e
> non disincentivando l'iscrizione all'università dei diplomati e l'ingresso
> tempestivo dei laureati nel mondo del lavoro, dedicando molto maggior
> sostegno agli sforzi delle famiglie meno abbienti e quindi al ruolo
> insostituibile dell'alta formazione come equo ascensore sociale. Agli
> studenti meritevoli si aprano le porte delle lauree magistrali e dei
> dottorati di ricerca per dare all'Italia una classe dirigente ben
> preparata e una spinta decisa all'innovazione in ogni campo. Il
> potenziamento del capitale umano è la prima politica pubblica da
> recuperare, l'unica affinché l'Italia imbocchi di nuovo un cammino di
> crescita e di successi.
>
> Nello stesso tempo si ricordi che non c'è università se non c'è ricerca e,
> anche in termini quantitativi, non c'è ricerca se non c'è ricerca
> universitaria. L'esame critico delle conoscenze esistenti e il loro
> continuo ampliamento è consustanziale alla natura delle università
> italiane e europee: guai a pensare di poterne fare a meno, sia in ciascun
> ateneo che nel Paese. La ricerca universitaria ha subìto una spaventosa
> contrazione di risorse finanziarie e logistiche, spesso dirottate su altri
> assi di intervento che si sono rivelati produttori di scarsa innovazione e
> fonti di non pochi sprechi. Si punti almeno a riequilibrare il
> finanziamento alla ricerca universitaria e pubblica in ogni campo
> disciplinare, perché ogni ricerca, purché di buona qualità, è necessaria
> ad un equilibrato sviluppo culturale ed economico dell'Italia.
>
> Infine non c'è università senza un continuo trarre vigore dalle migliori
> intelligenze delle nuove generazioni, quelle che stiamo costringendo a
> dirottarsi all'estero in decine di migliaia ogni anno. I meccanismi di
> reclutamento escogitati dalla leggi recenti si sono rivelati fallimentari.
> Mai l'università italiana era apparsa tanto chiusa ai giovani e brillanti
> ricercatori come oggi, mai la carriera universitaria tanto incerta e
> impervia anche per i più meritevoli tra i docenti in servizio. E' urgente
> rimediare perché non c'è niente che faccia più male alla qualità di
> didattica e ricerca quanto la resa sfiduciata di coloro che insegnano e
> fanno ricerca.
>
> Siamo consapevoli che il nostro Paese è in difficoltà, sappiamo che non
> possiamo chiedere la luna e non la chiediamo. Ma vorremmo che il
> parlamento e governo prossimi mostrino innanzitutto attenzione e rispetto
> per la scuola, l'università e la ricerca, perché lo meritano. Mostrino
> attenzione e rispetto alle persone più appassionate e competenti che vi
> lavorano, perché lo meritano. Mostrino attenzione e rispetto ai giovani,
> perché lo meritano. In fondo un Paese che non ama la sua università non ha
> speranze, perché non ama il suo futuro.
>
>
> _______________________________________________
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