Cari colleghi.... Una risposta (lunga, scusatemi!)a varie risposte insieme e con ritardo perché suppongo che siamo tutti nello stesso caso: difficile seguire il filo della discussione fra lezioni, ricevimenti, e la vita che continua, leggendone quindi dieci di seguito e poi fermando la lettura per mezza giornata senza essere riuscito a rispondere. Ma ci provo!
Un collega pensava che sarebbe interessante di prendere appunti su quanto fatto in altri paesi, quindi volevo illustrare quello che si fa in Francia e che corrisponde per certi lati a quanto proposto da Claudio Procesi nella sua lettera e a quanto esce della nostra discussione ma con separazione e quello è essenziale secondo me fra ricerca e docenza (il che non significa che i ricercatori non insegnino – ma non è obbligatorio – e che i docenti non siano inseriti in laboratori, ma determina concorsi diversi indetti da enti diversi). Devo dire prima di tutto che non conosco il sistema dall’interno (o solo come studentessa e la cosa non è recente) e quindi non saprei dire quale sono le beghe in questo (so solo che si discute della possibile sparizione o diminuzione d’importanza del CNRS a cui appartengono ricercatori e direttori di ricerca pure se inseriti in laboratori (= dipartimenti) in università). Devo anche dire che questa mia conoscenza è recente e dovuta ad un problema nostro che mi pare essenziale non sottovalutare: stiamo discutendo su un decreto molto brutto perché va nel senso di quanto si dice di volere scontrare – baroneria ecc. ma prima c’è stato la legge 133 e questa legge rimette in questione tutta la nostra discussione perché già lavoravamo “artigianalmente” con pochi mezzi, poco personale ma adesso le proiezioni proposte per gli investimenti sulla ricerca nei prossimi anni e i limiti forti imposti sulle assunzioni ci augurano solo l’impossibilità di fare il nostro lavoro correttamente per quanto riguarda la docenza, e mettono a rischio la possibilità di continuare le nostre ricerche perché senza soldi, ma anche perché senza più tempo da dedicarci per via dell’aumento del tempo da dedicare a docenza e amministrazione. So che la nostra situazione di Firenze è fra le peggiori in Italia, ma le proiezioni per i prossimi anni toccheranno anche fortemente gli altri atenei. Nella nostra facoltà contratti di personale amministrativo già non sono stati rinnovati, il personale (docente e amministrativo) con più di 40 anni di contributi sarà costretto ad andare in pensione il prossimo anno ma nessuno potrà entrare. Molte materie rimarranno quindi scoperte o, come la mia, coperte da un unico docente. E non credo che gli studenti non sceglieranno altri atenei sapendo che mancano delle materie essenziali o che, come per la mia materia, dovrò occuparmi di 250 studenti insegnando su 5 anni o come un’altra collega di 500 ecc. : come pretendere alla qualità in un tale contesto?
Quindi adesso posso passare alla descrizione del sistema francese in cui è probabile che mi inserisca un giorno o l’altro perché non voglio rinunciare alla ricerca ma soprattutto alla qualità del mio lavoro.
Ci sono due “corpi” separati in Francia - per i ricercatori che dipendono dal CNR anche se inseriti in laboratori nelle università con colleghi ricercatori che lavorano come loro ma anche con prof nell’università : - gli “incaricati di ricerca” (chargés de recherche) di livello 1 e 2 e - i “direttori di ricerca” (directeurs de recherche) anche loro di due livelli corrispondono a stipendi diversi e valgono come scatti di carriera con valutazione di quanto fatto per arrivare al livello superiore (i.e. lo stipendio aumenta con i scatti all’anzianità nello stesso livello ma per passare a quello successivo bisogna presentarsi al concorso in cui viene valutato quanto fatto già). Per ogni livello un concorso diverso con valutazione - della carriera e del progetto proposto per gli anni a venire- da parte di commissioni nazionali dello stesso ambito disciplinare a cui si mandano le pubblicazioni e la descrizione del percorso già fatto e del progetto da sviluppare in dato laboratorio - si devono proporre però tre laboratori diversi dove uno vorrebbe andare di cui massimo uno a Parigi. La commissione valuta le qualità del candidato e i bisogni / risultati dei laboratori in cui vuole andare per decidere chi fra i vari candidati avrà un posto (ce ne sono un numero limitato per ogni livello e ogni ambito ogni anno – il concorso è annuale e a data fissa).
Per i docenti, due ruoli: - il “maestro di conferenza” (maitre de conférence) e - il “professore d’Università” (professeur d’Université).
I concorsi sono in più tempi: 1) idoneità nazionale valutata da una commissione nazionale che guarda curriculum, titoli e pubblicazioni che è valida per 3 o 4 anni – poi bisogna chiederla di nuovo- 2) le università che hanno bisogno di un docente indicano un profilo didattico, chi ha l’idoneità manda il proprio curriculum e pubblicazioni. 3) solo chi corrisponde al profilo richiesto è invitato ad andare sul posto con commissione di docenti dell’Università accogliente (una decina di docenti se non sbaglio) a cui presenterà il proprio curriculum (un po’ come si fa in Italia per la prima parte dei concorsi di associati). La persona che sarà giudicata come avendo il profilo più adeguato per il posto bandito verrà preso.
Per ogni livello un certo numero di condizioni necessarie per titoli e pubblicazioni. Per essere professore bisogna anche avere “l’abilitazione a dirigere delle ricerche” un “esame” in cui vengono valutate le pubblicazioni del candidato, e un certo numero di anni di anzianità come docente e/o nel privato necessario prima di presentarsi per l’idoneità.
Dimenticavo: il docente aderisce ad un progetto di ricerca – laboratorio- nazionale che dipende del CNR ma non è reclutato in funzione delle ricerche sviluppate, diciamo che fa parte del giudizio soltanto (non so se è obbligatorio perché ho notato che nei congressi non tutti inseriscono il codice del laboratorio CNR di cui dipendono)
Ecco per quanto si fa in Francia…
Annick Farina