Cari colleghi, per quel che serve e per quel che può interessare, vi sottopongo alcune riflessioni sui PRIN Nella mia Università e a quanto mi dicono anche in altre ci si sta orientando ad un processo di valutazione dei PRIN del tutto analogo a quello ministeriale, ossia blind review da parte di due revisori anonimi presi dalla banca dati Cineca, selezionati con i sistemi di incrocio di parole chiave e SSD. Se questo indirizzo verrà applicato in tutte le sedi, si eliminerebbe, o comunque sarebbe ridotto, il rischio paventato da molti, anche in questa lista, dell'applicazionee di procedure anomale "addomesticate" per favorire le cordate più ammanicate con i poteri accademici. Resta del tutto in piedi, però, quello che a mio avviso è stato, da sempre (io ne scrissi già anni fa all'allora Presidente del Comitato dei garanti), il problema, appunto, del sistema di referaggio ministeriale. Tutti sappiamo che il sistema di peer review funziona (quasi) bene quando c'è un supervisore (editor) competente, che seleziona attentamente referees competenti e imparziali (personalmente nelle mie attività editoriali il maggior tempo l'ho sempre speso a scegliere i referees), e che sopratutto media il giudzio dei referees con la posizione dell'autore, che ha sempre diritto di replica (salvo i casi estremi in cui l'editor decide per l'accettazione senza modifiche, o (più spesso) per la rejection tout court). Nel caso dei PRIN, i referees sono scelti da persone non necessariamente competenti del merito specifico del progetto (in anni passati, alcune aree non erano nemmeno rappresentate nel Comitato dei garanti, per cui ad esempio la selezione dei referees per i progetti di Scienze della Terra era affidata a un chimico....), e che sopratutto accettano at face value i giudizi dei referees (nel migliore dei casi, richiedendo un terzo giudizio se i due sono molto difformi). Il processo presenta una serie di pecche. Nel migliore dei casi, cioè ammettendo che il revisore operi in buona fede, il meccanismo delle parole chiave e dei SSD NON garantisce la competenza specifica: a me sono capitati più volte in valutazione progetti di cui sapevo ben poco, e che quindi non ho accettato; se fossi stato un po' più presuntuoso o superficiale, magari li avrei accettati e valutati erroneamente (in positivo e in negativo). Il problema, come spesso succede, sono gli ignoranti, che spesso coniugano incompetenza e presunzione - questi verrebbero difficilmente chiamati ad esprimere un giudizio su un lavoro sottoposto ad una rivista di qualità, ma possono tranquillamente figurare come "esperti" nella banca dati CINECA (non mi risulta ci sia nessuna selezione per accedere all'Albo dei revisori). C'è poi il problema della normalizzazione, ossia della corrispondenza tra giudizio di valore e punteggio (è solo quest'ultimo che fa la differenza); ad esempio, io sono notoriamente tirchio nei punteggi (lo sanno bene i miei studenti....), per cui ben raramente do valutazioni vicine al massimo; altri colleghi sono molto più di manica larga, e ritengono di poter dare il massimo punteggio a progetti indubbiamente buoni, ma non necessariamente straordinari. Tutto questo sarebbe ancora accettabile, se ormai non fosse divenuta prassi comune la valutazione "drogata" da parte dei revisori italiani, per cui si distribuiscono punteggi stratosferici ai progetti che si vogliono favorire, e più bassi (non importa nemmeno tanto bassi....l'anno scorso nell'Area 04 non si era finanziati con punteggi inferiori a 58/60) a quelli che sono "nemici" o comunque non abbastanza amici - mi dicono che in certe aree c'è proprio una cupola nazionale che decide a priori quali progetti passeranno, e verranno valutati 60 (quest'anno 100), e quelli che (nella migliore delle ipotesi) dovranno aspettare l'anno dopo, e verranno valutati 48 (o 80, a seconda dei casi). Qui, direbbe il mio amico Benedetto De Vivo, c'entra il tipico malcostume italico delle consorterie, e quindi ci sarebbe poco da fare..... Trovare una soluzione non è facile, perchè tutte le cose che mi sono venute in mente (e che proposi anni fa al Comitato dei garanti) aumenterebbero enormemente la complessità del processo, e quindi allungherebbero i già biblici tempi di revisione dei progetti. Le soluzioni praticabili potrebbero essere: aumentare sensibilmente il ricorso a referees stranieri; verificare la qualificazione dei valutatori, almeno in termini di prestigio scientifico (sembra che la mia Università voglia introdurre questo criterio), anche se ciò non garanrisce sulla correttezza....; chiedere ai coordinatori di segnalare una lista (magari lunga....) di potenziali revisori (preferibilmente stranieri....), come fanno diverse riviste, anche prestigiose. Naturalmente non so se queste soluzioni siano praticabili per tutte le aree, per quelle scientifiche molto probabilmente migliorerebbero la qualità del processo. Qualcuno ha idee migliori? Piero Lattanzi