2009/9/26 liviapat@inwind.it liviapat@inwind.it:
Cari Colleghi,
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Sono d’accordo che serve un’agenzia di valutazione, ma se si vuole cambiare veramente, il punto critico è la composizione e l’organizzazione di questa benedetta agenzia, chi ci garantisce che i membri dell’Agenzia si comporterebbero diversamente dai garanti del Prin? Come ho detto fino alla nausea, credo che per un periodo la valutazione di programmi e concorsi andrebbe “appaltata” a persone “esterne”, preferibilmete stranieri estranei agli inciuci e al malcostume nostrano, quegli inciuci e quel malcostume denunciati Fiocchi. Un decennio di questa pratica, potrebbe contribuire a ripristinare un senso etico e di responsabilità nel mondo accademico e della ricerca.
Nessuno puo' garantire il futuro buon funzionamento ma sperimentato il malfunzionamento del modello attuale vale la pena di provare ad imparare dagli Stati che hanno meccanismi meglio funzionanti di attribuzione dei fondi di ricerca.
Ritengo che un'agenzia ben funzionante dovrebbe avere una sua burocrazia e una sua dirigenza assolutamente disgiunte e prive di alcuna osmosi col mondo della ricerca, eccettuati al piu' ricercatori al livello del premio Nobel, ma che tuttavia, come l'NSF USA, usa peer-review di esperti sia italiani che stranieri ma scegliendo i reviewer ed elaborando le loro valutazioni per eliminare gli effetti distorcenti della contiguita' dei gruppi di ricerca, dei legami parentali o di vicinanza in parte della carriera e cosi' via. Il problema ovvio in Italia e' che ne' lo Stato ne' i privati (ad es Fondazioni e grandi imprese) appaiono credibili nella scelta di personale adeguatamente preparato, onesto e civico per questa Agenzia. In ogni caso, quanto piu' e' possibile ridurre il ritorno economico e relazionale ai valutatori come conseguenza delle loro scelte sulla destinazione dei fondi di ricerca, tanto piu' viene reso possibile se non incentivato un comportamento onesto e civico.
Cordialmente,