cari colleghi, sembra che il DDL sara` presentato dopo le elezioni europee, l'ultima bozza dovrebbe essere questa:
http://bacheca.unile.it/pubblicazioni/DDLproposta.pdf
Abbiamo preparato un commento che e` stato presentato all'incontro ISSNAF di LA. Sarebbe utile essere in campana per vedere cosa succede fra breve, il PD ha anche presentato un documento, trovate un po di informazioni sul sito UNIRA.
Questi i commenti:
Il testo è il frutto di una discussione fra Walter Lacarbonara, Paola Potestio e Claudio Procesi sulla base del documento di UNIRA
Roma, 14.5.2009
Sul progetto di riforma dell'Università
Un ampio progetto di legge è annunciato da tempo sull'università. Negli ultimi mesi sono apparse diverse bozze di disegni di legge, sia di iniziativa ministeriale sia di gruppi parlamentari, riguardanti aspetti importanti della organizzazione delle Università. Il 24 marzo il Ministro ha presentato un documento intitolato Un patto virtuoso fra Università e Istituzioni, ma al momento una delle parti essenziali fra coloro che dovrebbero siglare questo patto non è stata ascoltata: gli scienziati, gli umanisti, quelli che fanno ricerca, che hanno i contatti internazionali, che sviluppano la didattica e costruiscono il nerbo della Università e ..... cercano di costruire il futuro del paese.
Purtroppo vediamo confermata una storica carenza nella formazione delle normative succedutesi negli ultimi venti anni sull'università: al coinvolgimento istituzionale degli organi di rappresentanza non si è mai affiancato un confronto più diretto dei decisori politici con la base scientifica e didattica dell'università. Anche oggi, non è affatto chiaro con quali rappresentanti della base accademica il Ministero e le forze politiche si confrontino per formulare scelte coerenti e significativamente condivise. In questo contesto, vale ancora sottolineare che Istituzioni come il CUN non rappresentano la comunità scientifica ma piuttosto sono espressioni di equilibri politico-sindacali all'interno delle Università. Neppure la CRUI ci rappresenta. I risultati di questa prassi sono stati spesso pessimi, come con tutte le più o meno recenti normative sul reclutamento. Non vorremmo perciò che, invece di un patto virtuoso, ci trovassimo a subire una "proposta che non si può rifiutare".
Pur con la cautela necessaria nei confronti di un progetto forse ancora in fase di completa definizione, riteniamo necessario manifestare un apprezzamento e, al contempo, alcune perplessità sugli orientamenti che si profilano. Le bozze sono spesso discordanti ma vi sono almeno tre punti che sembrano emergere, con alcune conseguenze non del tutto chiare.
1. Imperniare la struttura delle Università intorno ai Dipartimenti.
2. Istituzione di una agenzia di valutazione nazionale (ANVUR).
3. Profonda riforma della governance.
Imperniare la struttura organizzativa e gestionale intorno ai dipartimenti avrebbe conseguenze positive molto importanti come da noi più volte sottolineato: una diversa e più rappresentativa formazione del Senato Accademico, una diversa e più razionale organizzazione della offerta didattica e del reclutamento del personale docente. I dipartimenti offrirebbero i corsi di propria competenza a tutte le scuole o corsi di laurea che li prevedano ed il reclutamento dovrebbe avvenire con scelte collegiali ed autonome dei singoli dipartimenti. Tutto questo potrebbe eliminare moltissime distorsioni attuali (facilmente dimostrabili) nel sistema di reclutamento. Contrariamente a quanto di fatto avvenuto fino ad oggi, i risultati di ciascun Dipartimento dovrebbero essere sottoposti al vaglio di una solida, trasparente ed autorevole agenzia di valutazione, come base per la distribuzione tra i singoli atenei di una quota consistente delle risorse finanziarie attribuite all'università. Se queste fossero le vere linee prevalenti del progetto di legge, saremmo certamente favorevoli, essendo queste in pieno accordo con le posizioni presentate nel documento programmatico di Universitas Futura.
Nella bozza del 27 aprile (Disegno di legge quadro in materia di organizzazione del sistema universitario, delega al Governo per il riordino del reclutamento e della progressione di carriera dei professori e dei ricercatori universitari e in materia di diritto allo studio e misure per la valorizzazione e valutazione dell'attività didattica e scientifica) vi sono altre proposte che destano perplessità.
Il reclutamento avverrebbe in un modo piuttosto macchinoso e dispendioso, di fatto in due tempi: una prima idoneità scientifica e didattica e, in un secondo tempo, valutazioni comparative indette dalle sedi universitarie secondo la propria programmazione triennale e gestite dai rispettivi settori scientifico-disciplinari. Le perplessità sullo schema delineato sono diverse.
In primis, preoccupa che un criterio di peer review, cruciale e irrinunciabile in ogni snodo valutativo, non appaia limpidamente enunciato. La previsione che la prevista abilitazione scientifica nazionale sia rilasciata alla luce di parametri stabiliti per ogni ruolo e area da apposito decreto del Ministero (Titolo II, Art. 4 1c) sembra piuttosto confliggere con tale criterio. L'idea di paletti burocratici rappresentati dai criteri minimi dettati dal Ministero porta irrimediabilmente temiamo - alla istituzionalizzazione della mediocrità. Infatti se i paletti fossero deboli, come è verosimile prevedere, diventerebbero strumentali soltanto a giustificare scelte deboli, se invece, fossero troppo rigidi produrrebbero quei tipici feedback di distorsione della attività scientifica, favorendo il conformismo. Stante il fatto, a nostro avviso inevitabile, che la idoneità si tradurrà in un filtro piuttosto debole, in pratica il nuovo schema di reclutamento porterà ad un rafforzamento dell'obsoleto sistema di cooptazione maestro-allievo da tutti biasimato, senza un vero confronto scientifico e quindi una visione strategica che potrebbe avvenire se il reclutamento fosse affidato ai dipartimenti. Infine desta anche perplessità, a fronte di tal modesto risultato, l'onerosità di un percorso di reclutamento in due tempi. è, d'altra parte, positiva la distinzione, prevista nel progetto di riforma, tra procedure di reclutamento e progressione di carriera (Art. 6) anche se si tratta di materia estremamente complessa che deve trovare soluzione in una strategia globale di valutazione, competizione e cooptazione. Allo stesso tempo è in piena assonanza con le posizioni di Universitas Futura l'incentivazione della mobilità nella fasi iniziali della carriera attraverso la previsione che la prima posizione a contratto a tempo determinato o di ruolo debba essere ricoperta per almeno un triennio presso un'università diversa da quella in cui l'interessato ha conseguito il dottorato di ricerca, o, in mancanza dello stesso, il titolo accademico più elevato in suo possesso (Art. 5, 1h).
Restano aperti nodi importanti, come il superamento della attuale figura di ricercatore, un ibrido che porta molte frustrazioni e disfunzioni. L'Università ha bisogno di professori e non di apprendisti, per questo basta un periodo limitato di post-dottorato, ed ha bisogno di giovani brillanti che possano fare rapidamente una brillante carriera in Italia e non all'estero.
Per quanto riguarda la valutazione, vi sono alcune affermazioni oscure nella bozza sulla istituzione della Agenzia ANVUR , visto che sembra scomparso un cardine portante, ovvero il concetto di "peer review". La valutazione della attività scientifica non può che essere fatta da persone estremamente competenti sul piano scientifico. è essenziale che l'ANVUR venga costruita bene, pena un fallimento dell'intera procedura di valutazione. Ci sembra utile ricordare a questo proposito che l'esperienza CIVR, impostata esattamente su un criterio di peer review, è stata valutata in genere in modo positivo, pur con tutti i suoi limiti.
Infine, e questione non ultima in ordine di importanza: la governance. Un modello di governance che, senza contrappesi, accentri sul rettore un potere straordinario e affidi al Consiglio di amministrazione la programmazione strategica dell'ateneo lascia molto perplessi. L'apertura del Consiglio di Amministrazione a una maggioranza di membri esterni all'università rappresenta, nella situazione attuale, un salto nel buio. La collaborazione tra università e mondo produttivo, in particolare il settore imprenditoriale privato, è tutta da costruire nel nostro paese. Non si può pensare di farla nascere con un colpo di bacchetta magica, applicato addirittura al governo generale di un ateneo. Il potere del rettore ne risulterebbe peraltro ancor più accentuato, tanto più ove non avesse reali interlocutori. I rischi di conflitti di interessi potrebbero essere giganteschi. D'altro lato la esplicita previsione che il rettore sia professore in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione e che analogo requisito di comprovate competenze in campo prevalentemente gestionale debba essere soddisfatto da tutti i membri del Consiglio di Amministrazione, sembra trascurare la circostanza che i non soddisfacenti esiti, finanziari e non, di molti atenei hanno radici strutturali assai più complesse di eventuali carenze tecniche di gestione. è necessario definire e prefigurare meglio i necessari equilibri di potere fra Rettore, Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione. Il Senato Accademico deve avere comunque un forte ruolo di indirizzo scientifico, didattico e strategico ed il Consiglio di Amministrazione, pur nelle sue prerogative di scelte gestionali e di programmazione, deve garantire imparzialità ed assenza di conflitti di interessi.