At 17.29 +0200 24.10.2011, prof. Carlo Franchini wrote:
... Quello che mi sembra ancora più grave e che la grande massa di coloro che hanno 40-50 anni e che quindi dovrebbero essere i più "incavolati" di questa situazione... sono praticamente assenti o quasi!!! Come mai...? Perché non vi è una forte voce di coloro che sono in questa fascia di età?
Ancora per pochi mesi ricado in questa fascia di età. Sono ordinario e ho partecipato quanto più attivamente mi fosse possibile al "movimento" dell'autunno-inverno 2010 contro la cosiddetta riforma gelmini (questo va sempre specificato, vista la retorica permanente che solo i ricercatori hanno protestato, e invece gli ordinari no).
Le ragioni della diminuita attività di questa lista (ma le altre alle quali sono iscritto sono altrettanto poco attive) credo siano riconducibili, oltre che alle botte di amarezza - ben condivisibili - come quelle di Anna Painelli, a varie concause:
1. Le "istituzioni" - maggioranza, opposizione, napolitano etc. - ci sono passate sopra come un bulldozer, infischiandosene di qualunque cosa noi potessimo aver detto e fatto. Questo ha creato in molti (quorum ego) un senso di sconforto e di sostanziale inutilità del gioco democratico in questa fase storica. Essendo finiti da un pezzo i tempi del '77, e ritrovandomi un po' fuori età per giocare ai black bloc, non so bene cosa potrei fare.
2. I - come vogliamo chiamarli? "poteri forti" dei nostri atenei si sono abbastanza serenamente riposizionati per sopravvivere all'impatto della riforma, e magari anche prosperare. Questo certamente ha contribuito a deprimermi. Inoltre ho il forte sospetto che i partecipanti a questa lista siano/fossero in larga parte "poteri deboli" e che siamo tutti più ingolfati che mai, più preoccupati che mai, e meno capaci di dedicare tempo e testa a riflessioni pacate. Certamente è il caso mio, tra routine professorale, extra-routine post-riforma, tentativi di recuperare qualche spicciolo per i collaboratori non strutturati etc.
3. Anche indipendentemente dai punti precedenti, sappiamo da sempre che come Universitas in trasformazione soffriamo di un deficit di presenza e capacità d'azione. Diciamo che il nostro impact factor è bassino, ecco. E comunque anche realtà più strutturate e numericamente forti di questa (Rete 29 Aprile, più recentemente COMPASS etc.) non sono poi riuscite a ottenere molto. Inoltre, non nascondo una certa delusione personale a fronte della natura sostanzialmente parasindacale di molte di queste realtà e della loro idea di rappresentare singole "fasce" accademiche, che alla fine stride pure con richieste come il ruolo unico.
Prima menzionavo il '77. Ecco, ora siamo al riflusso degli anni '80. Tutti tristi nella nostra capsula, esuli in patria, intenti a cercar di sopravvivere in un mondo che ci ha spiaccicati.
Non significa che sia finita qua: solo che ormai non ha molto senso protestare sulla mail o salire sul tetto. Dobbiamo reinventarci, o forse deve soltanto passare la nuttata (e quando passa?). Nel frattempo, suppongo che ciascuno di noi stia cercando di tenere accesa la luce, e in molti momenti mi sembra che questo sia tutto ciò che possiamo fare. Non so voi, ma io sono ripartito ancora più dal basso di quanto abbiamo fatto l'anno scorso: ora parlo con gli studenti, quasi uno a uno, dedico loro un tempo infinito e, se mi concedete la parola, un amore infinito. Il Grande Movimento per il momento è fermo, e sto lavorando su mille Piccoli Movimenti.
Certo però chiudere la lista mi turba abbastanza.
Maurizio