cari Floris, Acquistapace e Giacometti,
Sono d'accordo con Giacometti e mi pare che drasticamente evitare la crescita nella stessa sede sia ormai in Italia una condizione inevitabile e fortemente auspicabile. Tuttavia non so quanto sia fattibile all'interno del quadro legislativo esistente e delle pressioni di una grossa parte della fauna accademica a volerlo evitare. Ai salari attuali la mobilità è finanziariamente abbastanza difficile e il clima in cui i "nuovi arrivati" operano è spesso indifferente se non ostile : io ,da quando sono tornato in Italia oltre trent'anni fa ho cambiato tre Università ( in tutte come "foresto") e la cosa non è stata affatto facile dal punto di vista umano ,anche se molto utile come crescita professionale e personale . Se la condizione di cui sopra fosse operativa in tutte le Università , allora anche fare concorsi nel modo italiano potrebbe essere sostituito da "search committees" locali di tipo anglosassone che sanno bene di non poter scegliere candidati locali e che quindi potrebbero persino cercare di attirare le persone migliori tra gli applicanti. Occorrerebbe ,però, pensare a modi di evitare rapidi scambi incrociati successivi in cui ognuno ritorna a casa sua in base ai soliti accordi interinali! Il problema dunque, rimane sempre quello di tipo morale : se non esiste "autocontrollo" della nostra comunità e una base comune di valori e priorità, le bande accademiche avranno sempre buon gioco nell'organizzare operazioni "truccate" o pensare regole fondamentalmente "truccabili". Forse la ulteriore richiesta legislativa di frequenti valutazioni a molti parametri di dipartimenti e Università da parte di panels formati TUTTI da stranieri come il sistema inglese dell' RAE potrebbe alla fine punire i truccatori.
Franco A. Gianturco, Università di Roma "La Sapienza".
A Floris e ad Acquistapace: io sono più radicale: -I dottori di ricerca devono trovare il primo impiego universitario in sede diversa. -Lo stesso per i ricercatori che divengono associati -Lo stesso per gli associati che divengono ordinari E' l'unico modo per evitare l'"inbreeding" In Germania questa è una regola che funziona bene. Tanto che ci sono degli Associati bravissimi che, per non dover cambiare anche provvisoriamente sede, rinunciano alla promozione. Giovanni Giacometti (uno che dalla nascita universitaria è rimasto sempre nella stessa sede, tranne i soggiorni all'estero, e ne ha risentito negativamente)
On Wed, 3 Dec 2008 12:26:15 +0100 (CET), Francesca Acquistapace wrote
Buongiorno, quello che dice Floris e` corretto, pero` cio` non ha impedito che colleghi X abbiano fatto vincere o fatto idonei candidati improponibili, specie in "valutazioni comparative" in presenza di altri candidati di livello assai superiore. Forse un rimedio "meritocratico" accettabile e` proprio quello di stabilire livelli minimi anche grossolani sia per i concorrenti che (soprattutto) per i commissari.
Altra considerazione: Vedere un allievo/a brillante, che hai formato per anni, sparire solo perche` non ci sono abbastanza concorsi e` assolutamente desolante, meno desolante vederlo assumere da un'altra Universita` dove, grazie alla formazione ricevuta, potra` crescere e rinnovarsi. Mica bisogna per forza fare la stessa ricerca tutta la vita. Ci avevano promesso un'assunzione straordinaria di ricercatori, a prescindere dalle sedi e dalle Universita` piu` o meno virtuose, se questo progetto andava in porto (e i soldi erano stati stanziati, ma forse sono stati dirottati sui debiti della compagnia di bandiera) qualche allievo brillante sarebbe diventato ricercatore da qualche parte e avrebbe speso la sua sudata formazione.
Francesca Acquistapace _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione mailing list Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
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