At 10:36 +0100 19/1/09, Marco Vianello wrote:
Come matematico dissento dall'atteggiamento mentale di molti miei colleghi, che consiste nel prendere un singolo parametro e smontarlo con opportuni controesempi (non difficili da trovare o da inventare).
Secondo me sbagli, per almeno due motivi.
1: per ogni Einstein, che pubblica poco e viene citato dope vent'anni, devi sopportare altri cento fricchettoni ambiziosi che cacciano farfalle e alla fine non le acchiappano. In altre parole, se vuoi un sistema che produca un Einstein, hai bisogno di un sistema che supporti gente al di fuori degli indici per una parte sostanziosa (e non marginale, come sostieni tu, se non sbaglio).
2: l'introduzione degli indici altera il funzionamento del sistema, perche' limita la liberta` di ricerca e incoraggia quella rispecchiata dagli indici stessi, che diventano un'ulteriore forma di burocrazia.
Detto ancora in altre parole: a meno che tu non definisca indici che misurano nell'arco di vent'anni o piu`, non riuscirai a catturare la parte di ricerca piu` innovativa e creativa, cioe' quella che richiede tempo per essere apprezzata (punto 1). E come si possono usare indici su vent'anni per valutare reclutamenti e finanziamenti?
Riguardo al punto 2: considera solo i danni che gia` sta facendo il publish or perish. A parte dove ci sono forti personalita` di scienziati indipendenti (bene) o nepotisti (male), si recluta gia` ora contando il numero di articoli e citazioni, col risultato che schiere di replicanti replicano se' stessi e i loro articoli, che peraltro nessuno legge anche se molti citano perche' cosi` alzano l'h degli amici, eccetera. Metti l'h per legge e peggiori la situazione di molto. Gia` vedo articoli che ne citano trecento altri dei loro amici, che contraccambiano, con tutti gli svantaggi immaginabili. E cosa risolvi?
A proposito degli esperimenti in corso, dove mi sembra di capire che si cerchi di giudicare se gli indici, magari in combinazione tra loro, rispecchiano il `valore reale' di un singolo o di un dipartimento: benissimo, ma il giudizio sulla corrispondenza tra numerino e `valore reale', facciamolo fare a un comitato di premi Nobel, se no non possiamo fidarci. O sbaglio?
TOTALE: imporre gli indici per legge al posto del peer reviewing significa distruggere le discipline piu` creative, cioe' quelle teoriche, e abbassare il livello delle altre. Non lo fa nessun paese al mondo. Perche' lo vogliamo fare noi italiani? Sara` che, come al solito, pensiamo di essere speciali e magari peggio degli altri?
Ma invece, copiamo il modello francese o quello inglese e avremo universita` come le loro.
(Lo so che ci stiamo ripetendo, ma gli indici bibliometrici sono il nemico numero uno: i manager sono molto piu` pericolosi dei nepotisti, occorre resistere!)
-AG