2009/1/7 claudio procesi procesi@mat.uniroma1.it:
non mettiamoci in questa strada di norme punitive per attivare una mobilita` che non sta in piedi. Ricordiamoci che uno dei drammi della nostra universita` sta nel fatto che molte persone non vivono nella citta` dove hanno il posto. Se mettiamo ulteriori barriere a fare carriera nella propria sede ci troveremo una universita` fatta tutta di pendolari frustrati.
Ritengo sia irrealistico imporre mobilita' di centinaia di chilometri a docenti "anziani" con famiglia, come peraltro avveniva per una frazione dei vincitori almeno per alcuni anni, ai tempi dei concorsi nazionali per associato e ordinario, in maniera prevalentemente finta, con insoddisfazione generale e con risultati complessivamente negativi.
Tuttavia ritengo non irrealistico ma anzi utile e doveroso nel contesto italiano imporre o fortemente incentivare una mobilita' nei primi passi della carriera accademica, fino piu' o meno a 33 anni, come negli USA.
In giovane eta' e' piu' realistico avere mobilita' vera, e considerati i salari miserabili esistenti in Italia ai passi iniziali del percorso accademico, particolarmente in rapporto al costo della docenza accademica di anzianita' elevata, anche raddoppiare le borse di dottorato e post-doc sarebbe probabilmente un costo sostenibile, come anche aumentare significativamente gli stipendi dei giovani ricercatori.
Negli USA c'e' di fatto mobilita' "imposta" solo nei passi iniziali: dalla laurea al dottorato (~22 anni) dal dottorato al post-doc (~26-27 anni) e dal post-doc ad assistant professor (~33 anni). Dall'assunzione come assistant in tenure track in poi, quindi da 33 anni circa in poi, la carriera e' interna per la grande maggioranza (>80-90%).
Imponendo / incentivando fortemente questo genere di mobilita' si otterrebbero diversi vantaggi:
- i figli di cattedratici dovrebbero superare 3 selezioni (dottorato, post-doc e assistant) in sedi diverse da quelle dove opera il genitore, riducendo formente le distorsioni nepotistiche; alcune concentrazoini abnormi di familiari in certi corridoi universitari correttamente oggetto di denigrazione sui giornali sarebbero fortemente contrastate
- nella selezione per dottorato, post-doc e assistant sarebbero assenti i candidati locali, eliminando le distorsioni dovute al localismo e favorendo una valutazione piu' equa e corrispondente al merito
- verrebbe fortemente ridotto l'inbreeding e la chiusura mentale che si puo' presumere in chi ha studiato e frequentato un unico ambiente accademico per tutta la sua formazione e carriera
Ridurre l'imbreeding avrebbe inoltre questi vantaggi, documentati nella letteratura specializzata:
- verrebbe ridotta la formazione di piramidi gerontocraitche e gerarchiche subottimali dal punto di vista della produttivita' scientifica ma tipiche del contesto accademico italiano (e spagnolo e portoghese)
Cito da: Higher Education Policy (2008) 21, 123–146. doi:10.1057/palgrave.hep.8300177
Academic structure and progression incentives
Academic inbreeding seems to be coupled with a pre-determined university career structure. In UTL, as in other Portuguese universities, the number of assistant professors is usually much larger than the other academic ranks such as associate and full professors. This structure forms a hierarchical pyramid that facilitates the overload of assistant professors with administrative and teaching duties (see Athans, 2001; UTL, 2005). This constrains research production since these assistant professors are the younger elements of the faculty and in general the most productive (Over, 1982).
- verrebbe aumentata la produttivita' scientifica, che diversi studi mostrano inversamente proporzionale al livello di imbreeding, vedi ad es.Manuel Soler, How inbreeding affects productivity in Europe, Nature 411, 132 (10 May 2001), che scrive anche:
The inbreeding system is extremely stable. The solution needs vigorous measures: first, every position should be advertised internationally; second, there should be no local members on appointment committees; and third, lecturers or full professors with low scientific productivity should not serve on committees that appoint professorships. As things stand, Spanish universities are autonomous and they do not want the system to change because, in general, university politicians (people who manage universities) are not good researchers and do not consider that scientific productivity is paramount.
Buon 2009 a tutti, -- Alberto Lusiani ricercatore di FIsica SNS