On Mon, 2010-10-11 at 09:34 +0200, Laura Sacerdote wrote:
Caro Pignatti, anch'io sono onorata dal paragone ma non credo siano cose comparabili. Il coraggio di chi non firmo' fedelta' al fascismo fu di ben altra dimensione e con ben prevedibili conseguenze personali. Cio' che mi scuote e' come oggi non si abbia voglia (non ci vuole certo coraggio) di compiere un gesto che a noi costa ben poco. Quanto agli anticorpi: beh, i 14 antifascisti furono degli eroi ma non mi sembra che i loro anticorpi siano serviti all'universita' nel 31. Possiamo immaginare come il gesto, di ben minore levatura, di 70 professori possa incidere sul futuro? Ci abbiamo provato e non ha funzionato, questo e' tutto
L'impegno alle dimissioni era un impegno forte, forse troppo. Aveva senso e successo (soprattutto nei confronti dei Rettori) se fossero state compatte. 70 su 2000 sono poche, anche considerando che molti di quelli che hanno firmato, in particolare i PA, non avevano magari nulla di importante da cui dimettersi, o se lo avevano, temono di perdere anche quello, soprattutto in periodo di chiamate, come è questo qui. Quelle che hanno avuto un impatto mediatico (TO, FI) lo hanno avute perché compatte per un certo settore. La propaganda per 70 su su 40000 in effetti non credo possa avere nessun successo, almeno a livello mediatico. Siamo in percentuale meno di quanto erano i famosi 12 (mi pare, non 15 !) che non avevano firmato la fedeltà al fascismo. Quindi io lo prendo solo come testimonianza, per quello che può voler dire.
Sulla tua domanda cosa possiamo fare? Informare, informare, informare. Fuori dal mondo universitario nessuno ha capito niente. Viene spacciata per una riforma fatta. In realta', non e' neanche una riforma, e' una diminuzione di risorse a livello di docenza, accompagnata da un tentativo di politicizzazione degli organi universitari. Diciamo chiaro che il problema principale sono i fondi: un precerio in un ambiente con molti fondi avra' il posto rinnovato, se vale. Senza fondi non rinnoveremmo il contratto neanche a Vito Volterra (tanto per citare un matemtico che non firmo' l'adesione al fascismo).
Cosa puo' fara un pensionato: la stessa cosa che fa ciascuno di noi: raccontare la verita'. Dire che il finanziamento delle ricerche relative agli anni 2008-09, e' stato reso noto a fine 2009 (tagliando la maggior parte delle domande), che i progetti sono ufficialmente partiti (secondo il ministero) nel marzo 2010 e che ad oggi i dipartimenti non hanno ricevuto un soldo. Naturalmente non si e' ancora potuta spendere una lira. Spiegare che senza materiale di consumo un biologo e un chimico possono restare a casa, non potendo lavorare mentre un matematico percera' tutti i suoi contatti internazionali.
Dobbiamo informare...raccontare al portinaio, al meccanico alla pettinatrice che un paese senza conoscenza e' un paese condannato alla poverta', forse non otterramo nulla ora ma gettiamo un semino, magari servira' alle elezioni.
...Anche perché i giornali, quasi tutti, si occupano d'altro. Per esempio la Società Chimica Italiana ha mandato un documento alla Gelmini (l'ho postato su Uniti per la Ricerca) ed ai giornali, ma mi pare che nessuno lo abbia ripreso...La Società ha circa 5000 soci, non un numero tanto piccolo nella comunità scientifica (e non sono solo all'Università).
Cos'altro dobbiamo fare: cercare di spingere l'interno all'autoriforma. Credo di essermi fatta molti nemici ma ogni volta che dobbiamo assumere qualcuno mi chiedo, e chiedo ai colleghi, stiamo spendendo bene i soldi pubblici? La persona che avremo qui per i prossimi 20-30 anni fara' quello che serve per il futuro dell'universita'? Sembrano ovvieta' ma, come vi dicevo, facendolo ci si fa molti nemici. Quanti di noi sono disposti a mettere in discussione scelte consolidate, tipo non si puo' dire di no a un collega che e' risultato idoneo, il tale settore non ah alcun bisogno di crescere e quest'altro (che non e' magari il mio) deve assolutamente crescere perche' la matematica senza questo non puo' svilupparsi? Se prendiamo coraggio, qui si ci vuole perche' si mettono in discussione le amicizie e i poteri consolidati, forse potremo autoriformarci. Qualunque sara' la riforma calata dall'alto, senza un'auto riforma condanniamo l'universita' al degrado..
Nell'attuale contesto non puoi fare altro. Quello che occorre è pensare in maniera diversa, e battersi per una riforma più radicale. Per esempio la proposta che viene dalla rete 29 aprile (ma anche da ltra parti) circa il RUOLO UNICO della docenza, mettendo ad esaurimento sia PO che PA (oltre ai ricercatori che non volessero passare al ruolo unico), dovrebbe essere uno dei passi prinicpali. Quindi niente concorsi, a parte il primo stadio per la ammissione in ruolo (c'è comunque un articolo della Costituzione che lo richiede), ma avanzamenti di carriera basati sul merito.
In forndo è più meno così che funziona in tutti gli altri Paesi
Alberto