Il giorno 24-02-2009 19:02, Enrico Valdinoci, valdinoc@axp.mat.uniroma2.it ha scritto:
I criteri di promozione proposti da alcuni di voi hanno vantaggi e svantaggi. Nell'ipotesi migliore, si risolverebbero le questioni relative a persone meritevoli, che hanno visto bloccate le loro aspettative dagli attuali, inesistenti, meccanismi concorsuali.
Caro Camillo,
sono d'accordo, ma temo che dovremmo prevedere l'ipotesi peggiore: se capisco, questa dell'idoneita` e` una tecnica provvisoria che noi stiamo proponendo al fine di garantire una transizione pulita dallo stato di cooptazione attuale (pardon, di concorsi attuali) a quello di cooptazione dell'universita` futura (basata, ottimisticamente, su concorrenza e valutazione). Se potessimo assumere subito l'ipotesi migliore, non ci sarebbe bisogno di discutere tale transizione...
In ogni caso, a me non e` chiaro come, se i meccanismi concorsuali sono `inesistenti', possano ivece esistere virtuosi meccanismi di idoneita`: insomma, se i concorsi funzionano male e` pure colpa nostra, e se esportassimo un tale malcostume alle idoneita` sarebbe disastroso, no?
Io di queste cose non me ne intendo, e la mia non vuole essere una proposta seria, ma forse potremmo prendere in considerazione l'idea di avere una fase transitoria, anche lunga, basata su concorsi (e non idoneita`) nazionali, con poche ovvie regole, tipo:
- i concorsi debbono tenersi ogni anno, o ogni
due anni, piove o nevica e con membri di commissioni fortissimi e attivi nella ricerca ai massimi livelli
- dovrebbero essere i vincitori dei concorsi
nazionali, in rigoroso ordine di classifica, a scegliere le sedi e non viceversa (cosi' le sedi non bandirebbero troppi posti, ogni vincitore finirebbe in una sede del suo stesso livello medio ecc.)
- ci dovrebbero essere degli incentivi per chi
si trasferisce da una sede all'altra, soprattutto se `disagiata' (un bonus di move-in sullo stipendio, accesso a grant di ricerca per formazione di laboratori, organizzazione di conferenze e borse per studenti, l'avere a disposizione una segretaria personale, avere sconti sul carico didattico, avere una residenza dell'universita' e convenzioni su cinema e sport - ovviamente, tutti questi incentivi hanno un prezzo per lo stato, ma mi pare che sia un prezzo assai piu' basso di quello che lo stato paga a causa dei concorsi locali e dell'assunzione di personale non necessario)
- chi per avanzare di carriera cambia di sede, non puo'
poi ricambiarla se non passano almeno 100 anni (o se vince il concorso nazionale di livello successivo).
Il punto 3 e` vagamente drammatico - ma se non ci sono piu' i posti da ricercatore si tratterebbe di solo due spostamenti, al massimo, in tutta la vita, e uno non sarebbe manco obbligato...
Certo, la difficolta` di implementare un piano del genere sta nella valutazione seria dei candidati. Ma delle due l'una:
- o siamo in grado di fare una valutazione seria
(e allora il metodo qui sopra mi pare funzionare)
- oppure no (allora il metodo qui sopra dovrebbe
creare meno danni allo stato delle idoneita`).
Ma magari mi sbaglio, io di queste cose so davvero poco. Ciao, E. _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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Caro Enrico sono d'accordo con molte cose che tu dici. Non dimentichiamo, pero', che, in questo paese, le situazioni transitorie durano svariati decenni. Basta ricordare quanto è successo con la legge (transitoria, sic!) che formulava le licenze liceali. Quindi, sono molto scettico sul fatto che leggi transitorie (con le susseguenti sanatorie) funzionino, in assenza di seri limiti temporali. Forse c'è del cinismo in questa posizione. Purtroppo, dobbiamo tener conto delle condizioni al contorno, che sono quel che sono e non dipendono sempre da noi. Personalmente, non ho nulla in contrario alla cooptazione, se questa funzionasse in maniera controllata dalla responsabilità diretta di chi coopta. Se il meccanismo di cooptazione fosse temperato dalla responsabilità, in solido, del cooptante, sarebbe un meccanismo ottimo. Detto meccanismo è stata usato, con un certo frutto, in molte università straniere. Purtroppo, da noi non è cosi'. Gli esempi al riguardo sono, purtroppo, illuminanti. Questo è il motivo per cui sono molto scettica sulla moralità media dei cooptanti: e non credo di essere il solo. A riguardo c'è un teorema illustrativo di quanto avviene nell'accademia, secondo cui ogni "barone" sceglie un adepto un po' piu' stupido di lui. Ed il processo continua, fino a che l'ultimo cooptato è cosi' stupido da scegliere uno sveglio. Se questo meccanismo funzionasse in tempi ragionevoli (diciamo dieci anni), OK, avremmo fluttuazioni della qualità in tempi brevi. Brevi quanto? CI possiamo permettere qualche decina di anni? Purtroppo siamo nella condizione di dover scegliere anche per il futuro. Abbiamo ereditato un meccanismo che non funziona. Quanti allievi di XXX esistono ancora nelle nostre università? Ancora, credo che i meccanismi attuali, con gente che nasce e muore nella stessa università, facendo le stesse cose, non sia realistico. Io sono convinto che meccanismi che prevedano il flusso di docenti e ricercatori tra varie università, non tutte dello stesso rango, possano essere utili. Altrimenti andiamo verso il congelamento delle competenze. Basti vedere quanti tra noi continuano (non è il caso tuo, sicuramente non il mio) ad interessarsi di argomenti di ricerca obsoleti. Vogliamo evitare che cio' avvenga? Camillo La Mesa