Un'osservazione "su due piedi" sull'ultimo scambio di messaggi in seguito a quello di Floris.
Mi pare che contro l'imposizione per legge di meccanismi titpo "dopo il dottorato si cambia sede" rischi di creare piu' danni che benefici. A parte l'ovvia osservazione che da tempo immemorabile ormai cambiare citta' e quindi doversi cercare un tetto sotto il quale ripararsi in Italia e' problema non del tutto banale (se non altro per una questione di costi incompatibili con le borse di dottorato o certi stipendi), avrei altre obiezioni.
1. Un tal provvedimento e' gia' stato tentato in passato (seconda meta' anni 80? la mia vecchia memoria non mi assiste molto). Abbandonato piu' o meno a furor di popolo (universitario, s'intende) in tempi rapidi, o almeno del tutto caduto in disuso. Quello che ricordo e' che nel corridoio dei fisici teorici, dove allora passavo gran parte del mio tempo, sembrava che ci fosse un grande impegno nel garantire a qualcuno dei neo promossi ordinari la permanenza in sede, in barba al volere dei ministri.
2. Temo che non ci siano da aspettarsi grandi risultati. Devo confessare che quando, non molti anni fa, i deprecati (e giustamente!) concorsi nazionali furono eliminati per sostituirli con quelli locali io pensai che si potessero finalmente rompere certi meccanismi perversi. Non serve dilungarsi su come e' andata a finire: lo sappiamo tutti. Questa volta, facendo tesoro degli errori di valutazione (miei) del passato ho provato ad immaginare l'antidoto. Me ne viene in mente uno molto semplice. Se ho un allievo che mi piacerebbe spingere avanti mi metto d'accordo con un collega Y di un'altra sede che ha lo stesso desiderio. Facciamo uno scambio per i fatidici tre anni che in questi casi diventano i limiti di legge; io prendo il suo, lui il mio. Se va bene possiamo anche fare in modo che lo spostamento sia del tutto virtuale (fatto salvo il minimo di presenze per impegni didattici). Dopo tre anni si organizza una coppia di trasferimenti, e si riaggiusta tutto. Naturalmente sono possibili anche le triangolazioni. E' solo una mia fantasia? O pensiamo che chi si e' dimostrato tanto abile nell'organizzare le cordate per votare i commissari e gli scambi di candidati nei concorsi locali non sara' in grado di mettere in atto questo trucco ingenuo (ma l'ho pensato "su due piedi) o qualche altro intrigo piu' sofisticato (che magari potrei immaginare appoggiando tutti e quattro i piedi per terra)?
Cari saluti
Antonio Giorgilli Dipartimento di Matematica Via Saldini 50 20133 MILANO (Italy)
Ph. number: xx02 503 16169
Quoting Alberto Lusiani alberto.lusiani@pi.infn.it:
Il messaggio di Giovanni Floris sottolinea un problema reale e merita una risposta.
2008/12/3 Giovanni Floris floris@unica.it: [...]
o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi,
per
il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il
professore.
Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è
poi
molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno
di [...]
Tutto cio' e' comprensibile, e accadeva (magari senza qualche degenerazione mediterranea) anche ad Harvard e nelle altre universita' d'elites degli USA. Puo' essere documentato statisticamente che in quelle date e prima negli USA e probabilmente ovunque nel mondo il livello di "imbreeding" (docenti laureati nella medesima universita') era comparabile ai livelli italiani di oggi.
Tuttavia nei decenni successivi, probabilmente a partire dagli anni '30, e' possibile documentare statisticamente che (almeno nella maggioranza degli Atenei e Dipartimenti USA) c'e stata una radicale evoluzione verso un sistema dove l'imbreeding e' stato ridotto praticamente a zero. Questa e' la situazione largamente prevalente oggi negli USA, seppure con eccezioni (come Yale Law School per esempio). E' anche possibile documentare attraverso indicatori di vario genere che contemporaneamente all'azzeramento dell'imbreeding accademico la societa' USA e' diventata piu' aperta e meritocratica, nel senso che in misura sempre maggiore il merito e non la provenienza familiare ha consentito di conseguire i livelli piu' elevati di istruzione, qualificazione e remunerazione.
Questo sistema non e' esclusivo degli USA e praticamente tutti i Paesi europei avanzati lo stanno progressivamente adottando. L'Italia per vari indicatori (ad es. la percentuale di studenti e docenti stranieri) si trova nelle ultimissime posizioni, scavalcata clamorosamente anche dalla Spagna.
A mio parere l'imbreeding pur consentendo all'Accademia di funzionare con risultati dignitosi e anche eccellenti in alcuni limitati casi, in generale contrasta con l'imparzialita' nell'allocare le risorse nella maniera piu' efficace e cioe' proporzionalmente al merito e alle prospettive di produttivita' scientifica. In particolare, specificamente nel contesto italiano/mediterraneo, e' esiziale consentire che i rapporti personali (che negli ambiti piu' degradati tendono ad essere familistici o politici) si sedimentino e prevalgano. Pertanto ritengo che - nonostante quanto scritto sia molto comprensibile, lo ripeto - uno dei punti fondamentali della riforma dell'universita' italiana deve essere lo scardinamento per legge dell'imbreeding (per legge, perche' la pressione sociale non puo' essere sufficiente). Come gia' scritto nel blog, ritengo che la riforma dovrebbe scardinare l'imbreeding ai livelli iniziali della carriera, quando i candidati sono piu' giovani e mobili, e quindi tra la laurea e il dottorato, tra il dottorato e il post-doc, e infine tra il post-doc e l'assunzione (per es. con tenure track) alla docenza accademica. Come gia' scritto, questo comporta anche pagare adeguatamente chi fa dottorato, post-doc e ricercatore al livello iniziale. Se questo viene fatto, e se poi vi sono sistemi efficaci di valutazione e responsabilizzazione delle scelte, allora potra' essere possibile che il resto della carriera si svolga (come negli USA) prevalentemente all'interno della stessa istituzione, e con meccanismi meno vessatori degli attuali concorsi.
Cordialmente,
Alberto Lusiani _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione mailing list Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
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