E' proprio così: parlare nella situazione attuale di trasferimenti di giovani ricercatori significa voler metter il carro avanti ai buoi. Pensiamo prima a far tirare la carretta e poi mandiamola dove vogliamo...Per conto mio, l'unico livello al quale ritengo possible parlare di mobilità obbligatoria sia il passaggio da associato ad ordinario, poichè lo stipendio di ordinario, pur non essendo paragonabile a quello di tanti colleghi europei, permette comunque una decente sopravvivenza in qualsiasi città italiana. Scusatemi se parlo di argomenti un po' terra terra, ma prima di parlare dei massimi sistemi bisogna far funzionare quelli minimi... Guido Rossi
----- Original Message ----- From: "Maurizio Tirassa" maurizio.tirassa@tele2.it To: carlo.carminati@fastwebnet.it; "Forum "Università e Ricerca"" universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Sent: Thursday, June 04, 2009 9:29 AM Subject: Re: [Universitas_in_trasformazione] R: Fw: Petizione "Per una riforma piu' seria"
Non per fare l'esegesi del pensiero altrui, ma credo che Guido Rossi partisse dalla situazione così com'è e come si prospetta, non come vorremmo che fosse.
Io non credo che sia in arrivo un trattamento economico più adeguato. Non se n'è mai discusso né ve n'è traccia in alcun documento governativo, filogovernativo o paragovernativo; anzi, il Corriere della Sera (non Libero o il Giornale: il Corriere) qualche tempo fa lamentava che agli accademici non fosse stato tagliato lo stipendio, vista la crisi e visto che tanto nulla siamo, nulla facciamo e nulla valiamo. Ed era una proposta serissima, non una provocazione alla Swift o una boutade.
In secondo luogo, ritorno sul punto che "incentivare" la mobilità è cosa assai diversa dal "renderla obbligatoria".
Stando le cose della nazione come stanno, l'effetto più probabile del trend che tu e altri, e il documento stesso del quale stiamo discutendo, sembrate vedere come positivo sarà che avremo la mobilità obbligatoria in assenza di miglioramenti economici.
Buona giornata,
- Maurizio Tirassa
At 08:37 +0200 04.06.2009, carlo.carminati@fastwebnet.it wrote:
Non sono d'accordo col ragionamento di Guido Rossi: io penso che sia essenziale incentivare la mobilita' nei primi anni dopo la laurea, e per far cio' ci sono molti modi (un trattamento economico piu' adeguato, per cominciare).
In caso contrario non ci si schioda dalla situazione attuale, situazione -e' utile ricordarlo- non certo idilliaca: a fianco di alcuni strutturati (stanziali e ben garantiti) ci sono un sacco di precari, totalmente privi di alcuna garanzia, che spesso rimangono in questa situazione anche oltre i loro 30 anni.
Penso che lo sforzo economico necessario a rendere praticabile la mobilita' nei primi anni di carriera non sia eccessivo, e sarebbe comunque ampiamente compensato dai vantaggi che ne deriverebbero.
Saluti, Carlo Carminati
----Messaggio originale---- Da: guirossi@unina.it Data: 03/06/2009 19.07 A: "Forum "Università e Ricerca""universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it Ogg: [Universitas_in_trasformazione] Fw: Petizione "Per una riforma piu' seria"
Ho sottoscritto la petizione ma concordo pienamente con le osservazioni di Maurizio Tirassa sulla "transumanza" dei giovani ricercatori. Nella realtà economica e sociale italiana è assolutamente impensabile che un giovane ricercatore o una giovane ricercatrice, se sposati, possano andare a vivere in un'altra città con il lauto stipendio che passa loro lo stato italiano. Oggi una famiglia sopravvive solo se entrambi i coniugi lavorano e quindi o faranno i ricercatori solo i "singles" , oppure la famiglia andrà a rotoli. Immaginate, ad esempio, una coppia in cui entrambi aspirino a diventare ricercatori (caso non infrequente) e si ritrovino uno aTorino e l'altro a Catania... Non mi sembra una prospettiva entusiasmante ... Guido Rossi Università di Napoli Federico II
At 21:50 -0700 31.05.2009, Walter Lacarbonara wrote:
... Vi prego di farci pervenire commenti o punti che ritenete importanti e che non sono stati toccati dal documento
(1) Trovo pessima l'idea di obbligare un inizio di carriera in altro ateneo, per tre ragioni:
a. E' assai difficile per un giovane farsi desiderare così tanto da un ateneo diverso da quello nel quale è cresciuto. O si aprirebbe un dispendioso (anche economicamente) peregrinare da un ateneo all'altro nel tentativo di trovarne uno nel quale si sia apprezzati al punto di creare un posto di ruolo, oppure si verrebbe sic et simpliciter raccomandati dal proprio "maestro" ai suoi "amici". Nessuna delle due soluzioni mi pare desiderabile o comunque migliore dell'attuale, nella quale ci si muove in una direzione o nell'altra, oppure non ci si muove affatto, o non nelle prime fasi di carriera, a seconda delle situazioni reali che si hanno disponibili.
b. La norma avrebbe un impatto grave sulla creazione di gruppi di ricerca stabili. Questo punto riflette forse la differenza tra aree nelle quali è normale lavorare da soli e aree nelle quali è normale lavorare in team: le seconde lavorano essenzialmente con un modello a bottega, che non necessariamente ha le caratteristiche di una famiglia di mafia e che dovrebbe essere preservato con cura.
c. Mi sembra il modo che aveva un tempo lo Stato di trattare i propri militari: trasferimenti ogni pochi anni e nessun permesso matrimoniale, per evitare che si creassero legami e clientele. Con il risultato che legami e clientele si creavano nel primo semestre successivo alla stabilizzazione, e non mi pare che l'esercito desse comunque grandi prove di sé. Legami e clientele si evitano con un uso sensato di valutazione e incentivazione, non con la transumanza di giovani scienziati da un ateneo all'altro.
(2) Manca il tema dei settori scientifico-disciplinari. Non mi metto a ridiscuterlo perché se n'è già discusso altre volte, e anche il recente documento di Paola Potestio lo affronta. Rimango convinto che la situazione attuale sia non solo una follia, ma una follia che crea un mare di problemi reali. Problemi che rimarranno anche dopo queste o altre riforme, pregiudicandone fortemente l'efficacia.
(3) La parte sulla governance è troppo vaga. Anche di questo abbiamo già parlato tante volte: lo so che nessuno di noi ha competenze reali in quest'area, ma il documento strutturato in questo modo ne risulta un po' debole.
Tutto questo non certo per criticare il lavoro degli estensori, che anzi ringrazio infinitamente sia per lo sforzo fatto sia per la qualità del risultato. Tuttavia, questi aspetti mi parrebbero ancora da migliorare.
- Maurizio Tirassa
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