Il messaggio di Giovanni Floris sottolinea un problema reale e merita una risposta.
2008/12/3 Giovanni Floris floris@unica.it: [...]
o II fascia. La storia può iniziare con il professore X che vive in un Dipartimento ed ha, come compito istituzionale, di svolgere attività didattica e di ricerca. Ovviamente da soli si riesca a fare poco e quindi X si guarda intorno, osserva i suoi studenti e vede chi, a suo parere, è più brillante. Una volta sceltone uno, dopo la laurea, lo prega di continuare a venire nel suo laboratorio e continuare la ricerca iniziata con la tesi, per il momento del tutto gratuitamente. Si viene così a creare un affiatamento tra il professore e l'allievo, che svolgono una ricerca per loro molto interessante, pubblicano, vanno ai Congressi, ecc. Si, forse una volta, l'allievo ha accompagnato all'areoporto, con la sua macchina, il professore. Non mi sembra una grande colpa (se poi eventualmente il professore, essendo l'allievo donna, ne ha approfittato, questo rientra nella psicopatologia sessuale, non nei problemi dell'Università). Poi X cerca di ottenere un posto (ma anche un assegno od equivalente, il discorso non è poi molto diverso), il che vuol dire dimostrare che il suo settore ha bisogno di
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Tutto cio' e' comprensibile, e accadeva (magari senza qualche degenerazione mediterranea) anche ad Harvard e nelle altre universita' d'elites degli USA. Puo' essere documentato statisticamente che in quelle date e prima negli USA e probabilmente ovunque nel mondo il livello di "imbreeding" (docenti laureati nella medesima universita') era comparabile ai livelli italiani di oggi.
Tuttavia nei decenni successivi, probabilmente a partire dagli anni '30, e' possibile documentare statisticamente che (almeno nella maggioranza degli Atenei e Dipartimenti USA) c'e stata una radicale evoluzione verso un sistema dove l'imbreeding e' stato ridotto praticamente a zero. Questa e' la situazione largamente prevalente oggi negli USA, seppure con eccezioni (come Yale Law School per esempio). E' anche possibile documentare attraverso indicatori di vario genere che contemporaneamente all'azzeramento dell'imbreeding accademico la societa' USA e' diventata piu' aperta e meritocratica, nel senso che in misura sempre maggiore il merito e non la provenienza familiare ha consentito di conseguire i livelli piu' elevati di istruzione, qualificazione e remunerazione.
Questo sistema non e' esclusivo degli USA e praticamente tutti i Paesi europei avanzati lo stanno progressivamente adottando. L'Italia per vari indicatori (ad es. la percentuale di studenti e docenti stranieri) si trova nelle ultimissime posizioni, scavalcata clamorosamente anche dalla Spagna.
A mio parere l'imbreeding pur consentendo all'Accademia di funzionare con risultati dignitosi e anche eccellenti in alcuni limitati casi, in generale contrasta con l'imparzialita' nell'allocare le risorse nella maniera piu' efficace e cioe' proporzionalmente al merito e alle prospettive di produttivita' scientifica. In particolare, specificamente nel contesto italiano/mediterraneo, e' esiziale consentire che i rapporti personali (che negli ambiti piu' degradati tendono ad essere familistici o politici) si sedimentino e prevalgano. Pertanto ritengo che - nonostante quanto scritto sia molto comprensibile, lo ripeto - uno dei punti fondamentali della riforma dell'universita' italiana deve essere lo scardinamento per legge dell'imbreeding (per legge, perche' la pressione sociale non puo' essere sufficiente). Come gia' scritto nel blog, ritengo che la riforma dovrebbe scardinare l'imbreeding ai livelli iniziali della carriera, quando i candidati sono piu' giovani e mobili, e quindi tra la laurea e il dottorato, tra il dottorato e il post-doc, e infine tra il post-doc e l'assunzione (per es. con tenure track) alla docenza accademica. Come gia' scritto, questo comporta anche pagare adeguatamente chi fa dottorato, post-doc e ricercatore al livello iniziale. Se questo viene fatto, e se poi vi sono sistemi efficaci di valutazione e responsabilizzazione delle scelte, allora potra' essere possibile che il resto della carriera si svolga (come negli USA) prevalentemente all'interno della stessa istituzione, e con meccanismi meno vessatori degli attuali concorsi.
Cordialmente, -- Alberto Lusiani