Cari colleghi,
condivido con voi le considerazioni sulle manovre tutte italiane che hanno pilotato la carriera universitaria e la ripartizione dei fondi destinati alla ricerca negli ultimi decenni. Mi stupisce però la scarsa ribellione ai criteri imposti per il finanziamento dell'ultimo PRIN. Come può essere fatta una valutazione corretta, giusta, imparziale, basata su una pregressa produzione scientifica, quando da tanti anni la stessa pregressa produzione scientifica è stata svolta grazie a finanziamenti che sono stati attribuiti attraverso criteri di dubbia trasparenza?
Quest'anno il mio gruppo si è rassegnato a non presentare un progetto: sappiamo per esperienza e calcolo che mai come quest'anno verranno finanziati i soliti gruppi di potere, indipendentemente dal merito del progetto presentato. Purtroppo, analoghi criteri di finanziamento sono da anni adottati anche dai finanziatori privati, che hanno nel loro direttivo gli stessi poteri forti universitari.
Per dare un po' di speranza ai piccoli, che, come asserisce anche Margherita Hack, sono quelli che spesso portano a scoperte innovative, perchè non dare per 3 o 4 anni finanziamenti minimi (10/15.000) a gruppi che, nonostante le ristrettezze economiche, hanno sempre dimostrato di riuscire in qualche modo a pubblicare? I piccoli gruppi non hanno bisogno di tanto per sopravvivere. Si arrangiano: alle strette, riparano la centrifuga con l'elastico delle delle mutande, pur di continuare a lavorare.
A tal proposito, un parametro che vorrei vedere considerato per la valutazione della ricerca è la produttività scientifica normalizzata per i finanziamenti impiegati: sono convinta che ci sarebbero delle grosse sorprese!
scusate lo sfogo,
Lucia Magnelli