Caro Pignatti, anch'io sono onorata dal paragone ma non credo siano cose comparabili. Il coraggio di chi non firmo' fedelta' al fascismo fu di ben altra dimensione e con ben prevedibili conseguenze personali. Cio' che mi scuote e' come oggi non si abbia voglia (non ci vuole certo coraggio) di compiere un gesto che a noi costa ben poco. Quanto agli anticorpi: beh, i 14 antifascisti furono degli eroi ma non mi sembra che i loro anticorpi siano serviti all'universita' nel 31. Possiamo immaginare come il gesto, di ben minore levatura, di 70 professori possa incidere sul futuro? Ci abbiamo provato e non ha funzionato, questo e' tutto.
Sulla tua domanda cosa possiamo fare? Informare, informare, informare. Fuori dal mondo universitario nessuno ha capito niente. Viene spacciata per una riforma fatta. In realta', non e' neanche una riforma, e' una diminuzione di risorse a livello di docenza, accompagnata da un tentativo di politicizzazione degli organi universitari. Diciamo chiaro che il problema principale sono i fondi: un precerio in un ambiente con molti fondi avra' il posto rinnovato, se vale. Senza fondi non rinnoveremmo il contratto neanche a Vito Volterra (tanto per citare un matemtico che non firmo' l'adesione al fascismo).
Cosa puo' fara un pensionato: la stessa cosa che fa ciascuno di noi: raccontare la verita'. Dire che il finanziamento delle ricerche relative agli anni 2008-09, e' stato reso noto a fine 2009 (tagliando la maggior parte delle domande), che i progetti sono ufficialmente partiti (secondo il ministero) nel marzo 2010 e che ad oggi i dipartimenti non hanno ricevuto un soldo. Naturalmente non si e' ancora potuta spendere una lira. Spiegare che senza materiale di consumo un biologo e un chimico possono restare a casa, non potendo lavorare mentre un matematico percera' tutti i suoi contatti internazionali.
Dobbiamo informare...raccontare al portinaio, al meccanico alla pettinatrice che un paese senza conoscenza e' un paese condannato alla poverta', forse non otterramo nulla ora ma gettiamo un semino, magari servira' alle elezioni.
Cos'altro dobbiamo fare: cercare di spingere l'interno all'autoriforma. Credo di essermi fatta molti nemici ma ogni volta che dobbiamo assumere qualcuno mi chiedo, e chiedo ai colleghi, stiamo spendendo bene i soldi pubblici? La persona che avremo qui per i prossimi 20-30 anni fara' quello che serve per il futuro dell'universita'? Sembrano ovvieta' ma, come vi dicevo, facendolo ci si fa molti nemici. Quanti di noi sono disposti a mettere in discussione scelte consolidate, tipo non si puo' dire di no a un collega che e' risultato idoneo, il tale settore non ah alcun bisogno di crescere e quest'altro (che non e' magari il mio) deve assolutamente crescere perche' la matematica senza questo non puo' svilupparsi? Se prendiamo coraggio, qui si ci vuole perche' si mettono in discussione le amicizie e i poteri consolidati, forse potremo autoriformarci. Qualunque sara' la riforma calata dall'alto, senza un'auto riforma condanniamo l'universita' al degrado..
Laura Sacerdote
2010/10/10 Sandro Pignatti sandro.pignatti@gmail.com
Cara Laura, caro Marco, le vostre osservazioni sulle 60 dimissioni mi sembrano molto giuste. Però, come pensionato ormai ottantenne credo di poter giudicare la situazione "dal di fuori", e penso che 60 oppure 600 sia la stessa cosa. Voglio dire, che per me è un fatto molto importante che ci siano persone attive nell'Università, che assumono una posizione di dissenso e protesta, in una forma civile ma ferma. Il numero, secondo me, non è essenziale: teniamo presente che le idee forti sono state sempre generate da piccole minoranze. Così è stato quando negli anni '30 alcuni, pochi, professori universitari hanno rifiutato di aderire al fascismo: erano una decina o poco più, ma è stato un esempio forte. Nei processi biologici, poche cellule di lieviti possono avviare la trasformazione di tutto il sistema. Io mi sento molto grato ai 60 colleghi. Da loro viene una prova che anche nell'Università esistono anticorpi. Cerchiamo invece di pensare, se anche gli universitari in pensione possano fare qualcosa.
Sandro Pignatti emerito di ecologia Roma - Sapienza
Il giorno 09 ottobre 2010 20:29, Marco Vianello marcov@math.unipd.it ha scritto:
cara Laura,
sono d'accordo, 60 dimissioni sono pochissime, fossero 600 si potrebbe cominciare a discutere ...
di fronte a tutto quello che sta accadendo, una delle cui conseguenze, non l'unica ma probabilmente la peggiore, sara' che verra' bruciata e lasciata senza prospettive un'intera generazione di ricercatori precari, formati fra l'altro a spese della colletivita', con uno lungo e distruttivo stallo nel ricambio generazionale,
qualcuno in questa lista che e' pittosto ampia e variegata sa darmi una possibile spiegazione, un'interpretazione, del perche':
- la maggioranza dei professori, in particolare degli ordinari,
sta sostanzialmente alla finestra a guardare
- la (stragrande) maggioranza dei rettori e dei presidi, non solo e'
ignava, ma addirittura si comporta come se fosse consenziente
in particolare, quando si parla di dimissioni non ci sente quasi nessuno
forse e' la situazione locale che mi rende pessimista, ma per me questo e' un mondo alla rovescia, un mondo che non capisco piu'
dov'e' finita l'Universitas? esiste ancora, in Italia, l'Universitas?
Marco Vianello associato di analisi numerica Universita' di Padova
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Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
-- Prof. Sandro Pignatti Dipartimento di Biologia Vegetale Università di Roma "La Sapienza" Città Universitaria 00165 ROMA Tel. 06-49917130 (uff.) 06-5812398 (ab.) _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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