Caro Claudio e cari Colleghi,
mi sono chiesta spesso cosa sarà di me dopo la pensione... ammesso che arrivi a 65 anni mantenendo una certa lucidità. Senza arrivare a piaghe, guerre, epidemie e uccisioni di neonati, tuttavia, penso che una soluzione ragionevole possa esserci.
Francamente dobbiamo dirci che per un 65enne o un 70nne, tranne forse casi eccezionali, l' età delle grandi scoperte è finita e anche, diciamolo, finisce la spinta innovatrice istituzionale. Resta un capitale di esperienza, di tempo, di pratica, di capacità didattica che non dovrebbe andare perso.
Pertanto una soluzione ragionevole e a costo contenuto sarebbe quella di utilizzare un dispositivo analogo a quanto già è stato fatto in altri casi: da 65 a 70 anni, c'è la scelta se andare in pensione e gravare sui fondi per le pensioni, ovvero rimanere con uno stipendio che non preveda i costi di previdenza e pensionamento a carico dell' ateneo e del docente, che però continuerebbe a pagare l' IRPEF e non maturerebbe altri anni di anzianità a fini pensionistici. Il denaro così risparmiato dall' ateneo dovrebbe convergere per intero in un fondo dedicato al solo reclutamento di giovani, e non per le progressioni di carriera. Il docente pensionando ma non pensionato potrebbe mantenere un buon carico didattico, tesi di laurea, e partecipare a gruppi di finanziamento per la ricerca, ma non come coordinatore locale o nazionale, nè partecipare alle commissioni di concorso, o ricoprire incarichi di natura istituzionale come direttore, preside, rettore. Insomma, un buon decano, un saggio, un cultore della materia ...
Cari saluti
Maria Pia De Pascale