Penso che Claudio abbia centrato molto lucidamente il vero nodo della faccenda: si profila una ben strana Università. A me personalmente colpisce molto il fatto che proprio chi ha fatto dell' "impresa" e dell' "efficienza" le proprie credenziali non se ne accorga. Infatti: da un lato i "baroni" avranno un maggior potere decisionale rispetto alle altre componenti, ma andranno in un tempo scala ragionevolmente breve progressivamente in pensione. Per cui diminuirà il numero di persone effettivamente in grado di selezionare i più giovani, visto che nel contempo le risorse, molto diminuite, non saranno sufficienti a mantenere costante il numero di ordinari e contemporaneamente far entrare i precari (20000?) a stipendi di ingresso maggiori di quelli necessari per un ricercatore, cercare di evitare storture per cui un ricercatore anziano si vede superare in carriera e stipendio da un suo ex-studente, altri 20000 (?) associati. E, da associato, anche pensare un po' a noi, che non vediamo posti e concorsi da tempo immemore. Il tutto non a costo zero, ma, appunto, con risorse tagliatissime. Tutto il contrario di come si potrebbe pensare di gestire efficientemente il "sistema Università". La piramide si trasforma in una Venere di Willendorf: piccoli piedi, pancia e seno smisurati, piccola testa. Il che era sex-appealing per i nostri antenati in cerca di riprodursi efficacemente, ma molto meno appealing oggi nell' era delle androgine topmodel, e soprattutto in un contesto che si dovrebbe occupare di altro, l' educazione dei prodotti della riproduzione dei Cro-Magnon.
Volendo accettare che sarà esattamente così (forse no, ma...?) cosa resta da fare? Si possono solo trovare sistemi di tassazione elevata da parte degli Atenei dai fondi che su di essi convergono per la ricerca. Se ora un Ateneo prende una media del 10% del finanziamento che arriva su un progetto di ricerca ed è comunque in grande sofferenza anche così per gestire l' ordinaria amministrazione: edilizia, spese del personale, bollette, etc... quanto dovrà attingere dagli stessi fondi per poter garantire la stabilizzazione dei precari, l' avvicendamento degli ordinari, la gestione dei ricercatori in esaurimento? E se non prende fondi da lì, da dove li prende? Dai privati? Dalle industrie? Dai filantropi? E anche trovando privati, industrie e filantropi... quanto e come questi vorranno entrare nella gestione dei loro investimenti? Quanto potremo accettare e quanto non accettare? Quanto la ricerca rimarrà indipendente dalle logiche del mercato? Deve rimanere indipendente? Chi avrà titolo per decidere? I Consigli di Amministrazione con i manager esterni? Dove sono le regole, le norme, le leggi che gestiranno questo? Dobbiamo pensarci e organizzarci se questo è il futuro. E' chiaro che nulla è male in sè, tutto si può fare, ma bisogna prepararsi bene e capire in che direzione navigare, quali siano i porti che si vogliono raggiungere, quali le tappe.
Non mi sembrano domande difficili, è il minimo che si può pensare se si vuole fare qualcosa. Ma non solo non ho trovato risposte nel testo del decreto, ma nemmeno una traccia per evitare le domande mal poste...
Ricordo che tantissimi anni fa, con altri colleghi come me entrati nel ruolo di ricercatore con i primi concorsi della 382 sviluppammo la programmazione universitaria a 5, 10, 20 anni con dei semplicissimi programmini in fortran (allora si usava così...) seguendo il dettato della legge. E già allora i risultati non si dimostrarono brillanti, ma almeno si conosceva la logica della programmazione. C'è da dire che nessuna delle previsioni possibili che ci eravamo divertiti ad ottenere, inserendo quelli che a noi sembravamo tutti i possibili intralci, si è mai verificata. Anche la più pessimista delle previsioni si rivelò un miraggio di un meraviglioso mondo possibile, ma utopico.
E comunque parliamo probabilmente dell' ultima riforma in qualche modo efficace. Quel che è venuto dopo a mio avviso non è mai stato fatto alla luce delle elementari domande che mi sono e vi ho posto prima.
In questi giorni ho cercato di rifare lo stesso lavoro: evincere dal testo del decreto possibili regole e cercare di sviluppare un algoritmo per ottenere delle ragionevoli previsioni. Non so se è perchè sono passati molti anni e mi sono rimbambita (possibile, certo, ma ancora riesco a fare il mio mestiere ... per cui non mi pare), ma francamente non saprei da che parte cominciare perchè non riesco a capire come organizzare un diagramma di flusso possibile.
Tuttavia questa mi sembra la strada da percorrere: che lo si faccia perchè il decreto diventerà vigente, che lo si faccia perchè avremo modo di presentare delle alternative possibili sarebbe costruttivo da parte nostra provare a tirare giù delle ragionevoli previsioni e cominciare a fare un' altra delle cosette che sappiamo fare bene. Ragionare su numeri e algoritmi e, prima ancora, come ripetutamente diciamo ai nostri studenti, cominciare a tirare giù le domande "giuste" e vedere dove l' indagine ci porta.
Maria Pia
Prof. Maria Pia De Pascale Dipartimento di Fisica Università degli Studi di Roma Tor Vergata tel. +39+06+72594289 fax +39+062040307 e-mail mariapia.depascale@roma2.infn.it