tanti auguri a tutti, ma vedo un oscillare nei commenti fra fughe in avanti o idee apocalittiche su questa riforma, e qualche forma di regressione.
Di fatto, lo vedremo meglio in futuro, ma a me sembra che la caratteristica principale di questa riforma sia quella di non riformare proprio nulla ma di cristallizzare una situazione abbondantemente marcita.
Vi faccio alcuni esempi: cominciamo da
1) i ricercatori a termine, ma!! per quello che ho visto nel mio dipartimento, di fatto, borse di studio e rapporti precari hanno spesso tenuto le stesse persone a gravitare in attesa di un posto che mai veniva per molti piu anni di quanti previsti nel ddl per un ricercatore a termine. Il ricercatore a termine non fa che ulteriormente ingessare questa già esistente condizione, forse con qualche del tutto ipotetica garanzia (a mio avviso insensata) di avere qualche punto di priorità per inserirsi comunque in un posto statale.
2) La idoneità nazionale perfeziona il meccanismo di idoneità che già da anni ha bloccato completamente il ricambio. I Dipartimenti saranno ancor meno incentivati a prendere persone fuori dai propri ranghi.
3) Il ruolo dei ricercatori ad esaurimento. Qui effettivamente la riforma riesce ad essere peggio dell'esistente. Di fatto attualmente le scarsissime opportunità di avanzamento di carriera rendevano il posto di ricercatore un vero anacronismo ma almeno era un posto riconosciuto.
4) Il diritto allo studio. Qui scontiamo anni di scarsi investimenti e non vedo poi questo grande cambiamento, resta irrisolto il vecchio problema di far pagare di più i ricchi e di meno i poveri.
5) I ssd sono solo razionalizzati ma continuano a svolgere il loro ruolo di divisione artificiosa in bande.
6) La governance. Io continuo a ritenere eccessivo il timore di questi 3 personaggi che entreranno nei CdA. Di fatto la maggior parte di quelli che ora votano per i CdA (dico noi professori) non ha la minima idea di chi stia votando e si affida ai soliti noti che fanno un po di propaganda elettorale, non vedo grandi differenze fra i politicanti accademici e gli esterni.
7) La razionalizzazione dei corsi di laurea o delle sedi non affronta il vero problema, cioè come offrire, insieme ad una Università di eccellenza, anche quel tipo di educazione superiore di tipo vagamente liceale che chiaramente la società sta richiedendo.
8) La moralizzazione, qui voi sapete come la penso, io credo nella competizione e nella valutazione non nella moralizzazione. Impedire ad esempio ad una coppia di stare nello stesso dipartimento favorirà la fuga dei cervelli mentre non impedirà lo scambio di favori fra potenti.
9) L'autonomia, qui noi scontiamo le nostre visioni ideologiche, nella parola autonomia c'è tutto il meglio e tutto il peggio dell'Università. Il meglio: nell'autonomia di una istituzione che deve essere il luogo principale di elaborazione e trasmissione della cultura e della ricerca ma anche il peggio nel modo abusivo con cui molti mediocri utilizzano questa autonomia in modo pessimo, a volte vergognoso, è chiaro che se noi stessi non riusciamo a risolvere queste contraddizioni non ci possiamo poi meravigliare se ci vengono imposte dall'esterno le soluzioni.
COMUNQUE credo che molti di noi pensino che il vero punto cruciale sia quale percentuale del PIL si vuole investire in Università e Ricerca. Ora il governo non ha più alibi visto che la sua riforma se la è fatta e noi dovremmo chiedere il conto.
Poi che il disagio degli studenti sia parte di un più vasto disagio giovanile mi è del tutto chiaro, come me ne sono chiare le cause, ma facciamo ciascuno la propria parte anche se magari non tanto esaltante.
claudio
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Prof. Claudio Procesi, Dipartimento di Matematica, G. Castelnuovo Università di Roma La Sapienza, piazzale A. Moro 00185, Roma, Italia
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