Intervengo anch'io seppure la discussione stia diventando troppo accesa - nel senso che ci sono troppi messaggi.
Io ho cambiato sede al momento dell'ordinariato, e nonstante fossi bene accolto ho dovuto faticare non poco per inserirmi e riuscire a mettere su un laboratorio. Quindi: a parte i problemi di carattere familiare, bisogna che l'Università "accogliente¨ dia fondi per la ricerca ovvero i fondi di ricerca devono essere personali. Così è negli Stati Uniti ma anche in Germania.
Penso che tutta la discussione parta da un presupposto errato, e cioè la carriera con tanti gradini (i concorsi!) da affrontare. Lo dice anche Nature: inutile continuare a giocherellare con i concorsi cambiando qui e lì, questi vanno aboliti ! Così come sono concepiti, sono una maniera di controllo sui più giovani, che uno si alleva e che lavorano sotto il grande capo. La progressione di carriera va legata ad una appropriata e continua valutazione della ricerca e della didattica. Non è una cosa tanto difficile, se uno guarda fuori dei nostri confini trova tanti esempi.
Rimane la maniera di entrare in una opportuna "tenure track". Anche qui gli esempi esteri abbondano. Le cose importanti sono due:
a) Aperture frequenti (una all'anno ?) per posizioni di tenure track b) Dopo il Dottorato, deve essere data alla persona la possibilità di dimostrare quanto vale, con fondi adeguati per un periodo sufficientemente lungo perché possa dimostrare la sua indipendenza. Durante questo periodo può partecipare a varie valutazioni (o concorso). Se non riesce a "entrare", dovrà cercare un'altra posizione. A questo punto la persona dovrebbe essere ancora abbastanza giovane da potersi permettere un trasferimento.
Non entro in altri dettagli. Qui abbiamo fatto un gruppo di studio fatto da studenti, ricercatori e prof. che sta cercando di capire, guardando agli esampi all'estero, quale possa essere una proposta ragionevole.
Alberto Girlando
On Wed, 2008-12-03 at 18:13 +0100, Franco Gianturco wrote:
cari Floris, Acquistapace e Giacometti,
Sono d'accordo con Giacometti e mi pare che drasticamente evitare la crescita nella stessa sede sia ormai in Italia una condizione inevitabile e fortemente auspicabile. Tuttavia non so quanto sia fattibile all'interno del quadro legislativo esistente e delle pressioni di una grossa parte della fauna accademica a volerlo evitare. Ai salari attuali la mobilità è finanziariamente abbastanza difficile e il clima in cui i "nuovi arrivati" operano è spesso indifferente se non ostile : io ,da quando sono tornato in Italia oltre trent'anni fa ho cambiato tre Università ( in tutte come "foresto") e la cosa non è stata affatto facile dal punto di vista umano ,anche se molto utile come crescita professionale e personale . Se la condizione di cui sopra fosse operativa in tutte le Università , allora anche fare concorsi nel modo italiano potrebbe essere sostituito da "search committees" locali di tipo anglosassone che sanno bene di non poter scegliere candidati locali e che quindi potrebbero persino cercare di attirare le persone migliori tra gli applicanti. Occorrerebbe ,però, pensare a modi di evitare rapidi scambi incrociati successivi in cui ognuno ritorna a casa sua in base ai soliti accordi interinali! Il problema dunque, rimane sempre quello di tipo morale : se non esiste "autocontrollo" della nostra comunità e una base comune di valori e priorità, le bande accademiche avranno sempre buon gioco nell'organizzare operazioni "truccate" o pensare regole fondamentalmente "truccabili". Forse la ulteriore richiesta legislativa di frequenti valutazioni a molti parametri di dipartimenti e Università da parte di panels formati TUTTI da stranieri come il sistema inglese dell' RAE potrebbe alla fine punire i truccatori.
Franco A. Gianturco, Università di Roma "La Sapienza".
A Floris e ad Acquistapace: io sono più radicale: -I dottori di ricerca devono trovare il primo impiego universitario in sede diversa. -Lo stesso per i ricercatori che divengono associati -Lo stesso per gli associati che divengono ordinari E' l'unico modo per evitare l'"inbreeding" In Germania questa è una regola che funziona bene. Tanto che ci sono degli Associati bravissimi che, per non dover cambiare anche provvisoriamente sede, rinunciano alla promozione. Giovanni Giacometti (uno che dalla nascita universitaria è rimasto sempre nella stessa sede, tranne i soggiorni all'estero, e ne ha risentito negativamente)
On Wed, 3 Dec 2008 12:26:15 +0100 (CET), Francesca Acquistapace wrote
Buongiorno, quello che dice Floris e` corretto, pero` cio` non ha impedito che colleghi X abbiano fatto vincere o fatto idonei candidati improponibili, specie in "valutazioni comparative" in presenza di altri candidati di livello assai superiore. Forse un rimedio "meritocratico" accettabile e` proprio quello di stabilire livelli minimi anche grossolani sia per i concorrenti che (soprattutto) per i commissari.
Altra considerazione: Vedere un allievo/a brillante, che hai formato per anni, sparire solo perche` non ci sono abbastanza concorsi e` assolutamente desolante, meno desolante vederlo assumere da un'altra Universita` dove, grazie alla formazione ricevuta, potra` crescere e rinnovarsi. Mica bisogna per forza fare la stessa ricerca tutta la vita. Ci avevano promesso un'assunzione straordinaria di ricercatori, a prescindere dalle sedi e dalle Universita` piu` o meno virtuose, se questo progetto andava in porto (e i soldi erano stati stanziati, ma forse sono stati dirottati sui debiti della compagnia di bandiera) qualche allievo brillante sarebbe diventato ricercatore da qualche parte e avrebbe speso la sua sudata formazione.
Francesca Acquistapace _______________________________________________ Universitas_in_trasformazione mailing list Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione http://www.mat.uniroma1.it/~procesi/lettera.html
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