Dopo una pausa di riflessione, nella quale ho considerato chi me lo faccia fare di scrivere per essere insultato da qualcuno, ho deciso che per il rispetto che ho per tutti gli altri fosse corretto esprimere meglio la mia posizione che come tutte è personale e discutibile, ma soprattutto originale e mia. ciò fatto, per amor di confronto e rispetto, mi ritiro in buon ordine, perché non avevo l'obiettivo di convincere nessuno, ma solo di capire
In particolare, come già in passato, ho apprezzato quanto detto da Guido e Claudio ai quali mi piacerebbe rispondere per spiegare le mie posizioni (che non sono legate come qualcuno simpaticamente ricordava a presunti vantaggi, mi piace sempre ricordare Pasolini su Villa Giulia quando mi capitano attacchi così feroci...)
Premetto che molti dei miei giudizi derivano dall'esperienza fatta come membro del Senato Accademico e del CDA, alla luce della mia modesta competenza in ambito di processi organizzativi nel profit e nel non profit.
Veniamo a Guido
Certo che abbiamo letto il testo della legge, che era e continua ad essere ben lontana dalla "riforma epocale" decantata dal Ministro. Noi non siamo come un numero esagerato di parlamentari che votano senza sapere cosa.
Come detto condivido il fatto che non sia una riforma epocale e che arrivi senza una vera discussione allargata a tutti gli accademici e i tecnico-amministrativi dell'università (faccio fatica a capire come si sarebbe potuto fare tuttavia). Penso anche che sia un tentativo di definire alcune linee di azione vincolando la discrezionalità del Ministero nel ddl (cosa che spiega l'eccessiva numerosità di materie che si cerca di regolare con qualche confusione finale anche di interpretazione). Penso infine che sia fortemente condizionata dal desiderio di molti che il Governo cada (e questo è per me comprensibile).
Alcuni punti negativi evidenti del disegno di legge sono per esempio la questione del governo degli atenei, lasciato in mano ad una oligarchia non responsabile verso nessuno nella quale chi fa parte dell'accademia non ha sostanzialmente o quasi nessun potere. Il pensare che chi sta nelle università non sia in grado di pensieri autonomi se non deviati è un'aberrazione evidente, tanto declamata comunque dal ministro come un fatto certo. Quello che manca dappertutto è una responsabilizzazione effettiva delle persone che fanno le scelte, cosa che manca nella legge se non a parole.
Leggendo l'articolo 2 su organi e articolazione dell'università, ho un'impressione diversa. vi si aggiunge ad esempio la necessità di "trasparenza dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo"; il rettore deve proporre un documento di programmazione triennale agli organi e dura 6 anni non rinnovabili, il SA è composto su base elettiva e prevede una rappresentanza dei direttori di dipartimento, il CDA non può agire su aspetti di didattica senza il parere del SA. certo il rischio di un CDA compiacente c'è, ma molto dipende da come verranno scritti gli statuti e da quali principi si utilizzeranno. che l'elezione risolva questi aspetti mi sembra un po' discutibile. se ben composto è un organismo che può riprendere in mano la coerenza di molte decisioni a partire dalle chiamate che spesso non sono legate ad una reale valutazione degli impatti sull'equilibrio dell'ateneo. ci sono i rappresentanti degli studenti e le persone devono "candidature individuate anche mediante avvisi pubblici tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale". consideranoddo che si guadagna pochissimo, penso che il rischio Asl sia del tutto teorico...
Questa legge oltretutto contiene un numero aberrante di deleghe al governo, ed è sostanzialmente una scatola pericolosamente vuota che non ha alcun senso approvare in tutta fretta. Il prolungamento della durata degli assegni di ricerca, la cancellazione della tanto declamata "tenure track" che torna ad essere una cosa vincolata alle disponibilità di bilancio, l'assenza di qualunque criterio qualificante sulla tempistica dei finanziamenti e sulla loro congruità rispetto ad un parametro che non sia generico, e si può continuare sono alcuni degli aspetti "carenti" del disegno di legge.
Sì, in buona parte d'accordo ma credo che una ragione sia anche di blindare il governo nel testo del ddl. sul tenure track, ho una percezione diversa.
La legge in questione è solo una lista di cose da fare per il governo, carente di qualunque progettazione strategica pluriennale e di concretezza se non per l'aspetto del governo degli atenei, comunque trattato con l'approssimazione di chi confonde l'Università con una azienda (come ha detto il Ministro Tremonti con la cultura non si mangia...).
Sono uno dei più forti critici dell'aziendalizzazione in sanità in Lombardia e in generale in ambiti diversi da quello aziendale come la scuola. questa riforma mi sembra molto lontana da questo obiettivo. al di là dell'aspetto nominalistico del Direttore generale, nella pratica mi sembra che nulla dica sull'eventuale intervento di capitali esterni che beninteso per me non sarebbero il demonio, ma non credo potrebbero contribuire più di tanto
Nulla si fa per valorizzare davvero chi lavora bene se non decantare il fatto che tutto sarà meritocratico. Mi pare tuttavia una questione prioritaria definire il concetto che non si può essere meritocratici in un contesto che non lo permette. Non si può essere efficienti in un sistema che a fine 2010 non ha ancora assegnato alle università i fondi per il 2010, che ci mette anche otto anni per finanziare un progetto di ricerca di tre anni, che bandisce i PRIN ogni due anni dando una miseria e facendo castelli in aria sul valore meritocratico di avere un PRIN finanziato, che soffoca le Università e poi parla di commissariare le università che non gestiscono bene i fondi che non hanno, etc etc
certo, di questo il ddl non parla. richiama un concetto astratto di merito. tuttavia, inserisce all'art 2 una commissione paritetica studenti-docenti con l'obiettivo di valutare l'attività di servizio agli studenti. definisce un fondo per il merito all'art. 4 che non sembra debba sostituirsi alle borse di studio tradizionali (ma qui non sono sicuro) con una previsione di un comitato consultivo con studenti del CNSU. prevede all'art. 5 una valutazione ex post delle politiche di reclutamento. prevede la definizione di LEP relativi a tutti i servizi e questa parte non risulta definita senza oneri aggiuntivi, ma con oneri da determinare e rifinanziare
Lo stesso relatore della legge al Senato, On. Valditara, ha affermato la settimana scorsa che la legge non mette al centro ricerca e didattica. Dato che queste sono le due mansioni costitutive delle Università, mi spieghi che tipo di disegno di legge è quello in discussione? Di quale merito parla se non agganciato a queste due cose? Di che attività parla se non mette il fuoco sull'essenziale? E' chiaramente una legge vuota per l'approvazione della quale non esiste nessuna fretta e per la quale l'apertura di un confronto potrebbe essere solo salutare.
certamente questo sarebbe lasciato ai nuovi Statuti, ma se di quelli non ci fidiamo, allora credo che ci sia poco da riformare.
Noi chiediamo il dialogo sui contenuti, quello che otteniamo sono attacchi con slogan imbarazzanti (tipo "gli universitari sono degli incompetenti inoccupabili").
è una ragione per evitare strumentalizzazioni contrarie. alla stupidità non si risponde secondo me con l'arroccamento sull'Aventino.
Io, e come me tantissimi altri, non tratto la questione della legge processando le intenzioni. Quello che si contesta sono proprio i contenuti, vuoti per certi aspetti, vaghi per altri, dannosi per altri ancora. Nella riforma nulla si fa per trasformare l'Università in un luogo dove si producono e si dispensano Cultura e idee nuove, ma si mettono solo paletti aprioristici e belle parole. Non bastano però le parole, servono provvedimenti sensati. Tantissimi tra gli universitari chiedono di confrontarsi sulle norme e sulle idee alternative, cosa che il Ministro si rifiuta pervicacemente di fare.
ma tu credi che sia il Ministro ad aver scritto questa legge?
Caro Luca, questa non è una buona riforma e neanche una riforma sufficiente. E' una schifezza ingestibile che, se per caso venisse approvata con un governo che rischia di cadere da un momento all'altro bloccherà le Università peggio di quanto è accaduto con la legge Moratti cinque anni fa. Non dimenticare poi che il Ministro attuale pochi giorni fa ha minacciato le università di conseguenze pesanti se la legge non passa, dimenticando il fatto che le conseguenze pesanti non sarebbero quelle di non rifinanziare gli atenei, per esempio, ma quelle derivanti dal fatto che LEI continuerebbe a non assolvere i propri OBBLIGHI di legge, continuando a non predisporre quei decreti attuativi che mancano dal 2005.
senza dubbio e infatti spero che se ne vada con questo Governo, ma ciò non toglie che questo non mi basta per essere convinto che il ddl che impropriamente ne porta il nome sia una schifezza.
ora a Claudio
Il giorno 05/dic/2010, alle ore 22.02, claudio procesi ha scritto:
caro Solari, Non e` facile leggere il testo uscito, almeno io non lo ho trovato completo, ho trovato gli emendamenti sul sito del Senato e quindi bisognerebbe andare ad inserirli analiticamente e poi rileggere il tutto. Fra l'altro il testo che ho letto mi ha lasciato spesso perplesso, si alterna un linguaggio burocratico con passaggi un po fumosi che non si capisce cosa vogliono dire.
in realtà è necessario infatti leggere il testo con le modifiche che ora è disponibile. io mi riferivo a quello avendo ricevuto il link
Ci sono 4 punti che loro contestano, uno e` quello sulla "governance" che accentra il potere sul rettore ed il consiglio di amministrazione con membri esterni. Personalmente ho sempre evitato di commentare su questo punto, non perche' non ci siano perplessita` (il rischio ASL) ma semplicemente non mi sento abbastanza competente su questa questione. Gli altri tre punti sono sul diritto allo studio i precari e sulla idea di mettere ad esaurimento il ruolo di ricercatore e creare una specie di "tenure track" di un massimo di 8 anni.
su questo sono previsti almeno tre (o due) membri esterni ma con le caratteristiche sopra indicate. ricordo che in molti statuti già oggi sono presenti soprattutto professori ordinari sebbene elettivi. personalmente, poi, sarò stato fortunato, ma nel mio CDA si pensava a tutto l'ateneo e non a rappresentare "caste" ecc. anche perché ci sono precise responsabilità individuali e non è il caso di scherzare... inoltre, finalmente ci sarà una contabilità gestionale che consentirà di capire quanto costa ad esempio la non copertura di un settore scientifico disciplinare o un corso di laurea. non impone di attivare solo ciò che è economico, ma giustamente in una situazione di risorse scarse obbliga a dichiarare le proprie priorità anche considerando le conseguenze economiche. per me questo è un buon punto
Io credo che l'idea di mettere ad esaurimento 25.000 ricercatori prevedendo forse 1500 o al massimo 6000 concorsi sia folle.
Io non so cosa sia in teoria giusto fare, certo nel momento in cui si decide di abolire la figura del ricercatore a tempo determinato io non vedo altra via d'uscita che una enorme ope--legis perche' e` una follia tenere 25000 persone con uno status di questo tipo. Secondo me questo gia` e ` sufficiente per bocciare la riforma. Io ricordo bene quando furono aboliti gli assistenti ed i professori incaricati, ci fu un relativamente lungo (ma non troppo) periodo di idoneita`, nella matematica rimasero fuori pochi assistenti e con il senno di poi credo che non sia stato utile avere qualche assistente a vita frustrato e magari poco disponibile, magari accanto ad altri miracolati altrettanto scadenti.
l'esaurimento del ruolo è già stato deciso dalle leggi precedenti, qui si prevede che le università debbano in qualche modo predisporre modalità di riassorbimento. certamente il testo lascia totale discrezionalità all'accademia, ma davvero pensiamo di essere in mani così pessime? forse mi rendo conto che la mia esperienza è del tutto peculiare, ma non ho mai visto questi atteggiamenti nel mio SA e nemmeno nel mio CDA. viene previsto come obbligatorio il concorso di abilitazione nazionale ogni anno e questa mi sembra una possibile garanzia. per quanto riguarda il destino dei ricercatori va detto che a regole date, non so quanti potrebbero comunque diventare associati. non capisco bene, quindi, quanto sia il ddl a creare questo problema, semmai non lo risolve.
Fra l'altro io da tempo propugno la idea di avere contratti differenziati per chi smette di fare ricerca (sono moltissimi) e chi continua a farla, ma se si vuole fare finta che siamo tutti uguali poi si paga un conto salato.
sono d'accordo con la tua proposta che giudico ragionevole. si dovrebbe riconoscere l'esistenza di tre carriere o tre ruoli: ricerca, didattica e amministrazione e pensare poi a forme di riequilibrio. in alcuni casi, c'è chi si sottrae a tutto per fare solo ricerca e personalmente non credo che questo sia del tutto corretto visto che siamo in un sistema di università di ricerca E didattica. se hai come capita a me quasi 50 richieste di tesi all'anno (più i dottorandi...) di persone che sentono che la tua materia è quella che a loro serve per entrare nel mondo del lavoro non è facile lavorare come chi sceglie con il contagocce e si segue 1 o 2 studenti
Poi c'e` la questione dei ricercatori a tempo determinato. Qui e` veramente essenziale che ci sia una politica che non crei false aspettative e precari che dopo 8 anni a tempo determinato si trovino in mezzo ad una strada. Io non ho il quadro di tutto il mondo, so per esempio che in Francia vogliono assumere al piu presto i Maitre de conference e sono contrari ai post--doc. Ma anche in America (che peraltro non e` confrontabile in quanto molto piu dinamico come mondo del lavoro), ci sono le vere tenure track e credo che i tempi per avere una tenure siano molto piu` rapidi. Ora 2 o 3 anni di postdoc senza impegno ha senso ma 8 non mi pare proprio, un matematico (ma anche molte altre figure accademiche) dopo 8 anni di post-doc e` totalmente fuori del mercato di lavoro e non mi e` chiaro cosa possa fare.
personalmente sono stato per strada per 10 anni dal 1991 al 2001, ma capisco che il mio settore è diverso e avrei avuto comunque una possibilità di impiego, anche perché altrimenti non me lo sarei potuto permettere. l'art. 21 comma 5 è di ambigua interpretazione; a me sembra che la frase "La programmazione assicura la disponibilità di risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione" che va effettuata in caso di ottenimento dell'abilitazione nazionale. certo se poi le università usano in modo indiscriminato questa figura, c'è un rischio elevatissimo. ma siamo proprio sicuri di essere così? sarò ottimista o fortunato, ma pur consapevole delle storture alla fine ho visto quasi sempre trionfare il buon senso.
Poi c'e' la questione diritto allo studio, qui si potrebbe dire che la cosa non riguarda strettamente la riforma ma certo riguarda la politica verso l'Universita`. Se leggete la riforma troverete in svariati luoghi la frase "senza oneri" come per mettere le mani avanti che soldi si tolgono e non si danno. Intanto la Gelmini tentava di equiparare il CEPU alle Universita` private (mi dicono che per ora non ci e` riuscita ma non ci si puo` fidare).
come dicevo prima il fondo per il merito non mi sembra stravolga tutto, ma confesso il mio limite di comprensione.
I precari. Anche questo e` solo una appendice, ma importante alla riforma. Ad oggi non si capisce quali risorse ci siano e che politica si voglia fare. Questo secondo me e` un punto veramente doloroso in cui la politica dovrebbe avere il coraggio di dire una parola chiara. Io non so quanti siano, si parla di 20000 ?? E` evidente che e` impossibile assumere 20000 precari a meno di non voler bloccare l'Universita` per i prossimi 20 anni.
ora, che cosa è un precario nell'università? se è un assegnista di ricerca, mi piacerebbe capire come vengono trattati. quelli che lavorano con me, fanno di fatto quello che vogliono, nel senso che sono dedicati alla loro ricerca e alla loro carriera, non certo a lavorare per me. certo vengono in aula quando ho 200 studenti agli esami per un'oretta di guardiani, ma gli esami li correggo tutti io da sempre.in questo caso, non sono precari ma per me ricercatori autonomi, consapevoli del rischio e avvisati che l'unica cosa da fare è pubblicare e farsi un network di ricerca. se invece è personale a tempo determinato, allora si tratta di tutt'altra cosa.
Questo tutti dovrebbero avere il coraggio di dirlo anche se non tutti hanno le stesse responsabilita` nell'aver generato questa bomba.
C'e` un'altra cosa che mi preoccupa, intanto non mi piace questa gerarchizzazione per cui tutto e` nelle mani dei professori ordinari. Pensare che questa sia una garanzia di serieta` vuol dire non conoscere la situazione, inoltre e` importante mantenere un senso di comunita` fra i giovani e gli anziani piuttosto che una gerarchia. Io sono abituato a giudicare le persone per il loro valore scientifico non per il titolo che ricoprono. Ma il metodo di reclutamento mi lascia molto perplesso (in modo molto diverso da quello di vari colleghi). La riforma prevede una idoneita` nazionale data da una commissione di 4 professori ordinari, piu`, non si capisce bene quanti scelti sul piano internazionale, il modo in cui sono scelti mi disturba moltissimo. I 4 saranno sorteggiati fra coloro che faranno esplicitamente domanda di partecipare e potranno essere distaccati al ministero (questo e` quello che ho capito, se sbaglio correggetemi). Il mio timore e` molteplice. Prima di tutto non credo che le persone piu` impegnate nella ricerca si faranno avanti per stare in una commissione distaccata al ministero, il rischio e` che i peggiori fra i professori universitari o quantomeno una pletora di mediocri siano in queste commissioni il sorteggio provvedera` a questo per ragioni statistiche. Pensare che membri del mondo internazionale possano essere una garanzia vuol dire non sapere nulla di come funzionano queste cose. Una cosa e` chiedere un parere ad un esperto sulla produzione scientifica di un candidato, magari confrontandolo con altri, ed altro e` avere un membro del tutto esterno. A me e` capitato di essere membro esterno e sempre ci si sente in imbarazzo in quanto non responsabili della politica locale, quindi un membro esterno (se e` una persona seria il che non e` garantito visto che saranno i burocrati a sceglierli) non puo` prendersi responsabilita` troppo grandi rispetto alla politica locale.
personalmente sarei dell'avviso di definire uno standard minimo di presentabilità dei candidati per settore e poi lasciare alla cooptazione e alla responsabilità dei chiamanti, poiché i meccanismi concorsuali non risolvono questo problema. permettimi però di dire che aventinizzarsi non è un modo per cambiare le cose e forse sarebbe il caso che si presentassero proprio quelli più validi. su questo c'è una timida previsione nell'art. 16, comma h che prevede certe caratteristiche minime
Poi c'e` la questione della meritocrazia. per ora io vedo solo parole. Credo che tutti quelli che si sono occupati della questione sanno che creare una agenzia di valutazione e` una impresa seria che richiede metodologie, consenso, visione, insomma buona politica. Senza una seria agenzia di valutazione le idee di premiare i dipartimenti o i docenti virtuosi non marciano. Poi certo se si fa la valutazione ma non ci si mettono i soldi diventa una burla, come il CIVR. Al momento mi pare che sia solo sulla carta, mentre andava fatta prima della riforma. La parte premiale e` minima ed il rischio evidente e` che venga gestita in modo del tutto burocratico, magari una ulteriore prerogativa del potere dei rettori (questo non lo so). Insomma in generale l'impressione che ho e` di una riforma molto pasticciata, in cui si sovrappongono buone idee che spesso abortiscono con altre del tutto inaccettabili.
nell'equilibrio tra i due aspetti per me prevalgono quelli potenzialmente positivi, qui sta la differenza di posizione, legata alla mia prospettiva che ritiene centrale l'autonomia e la responsabilizzazione delgi atenei per generare un po' di competizione virtuosa
Di fatto credo che il limite vero di questa riforma e` che, al contrario di quella fatta da Ruberti 30 anni fa, sia stata tutta elaborata nelle stanze del Ministero con alcuni consiglieri esterni non rappresentativi del nostro mondo, senza alcun dibattito nel mondo accademico anzi spesso con slogan "contro"
ho ragioni per pensare che non sia così e che tra le righe le mille cose che si cerca di regolare nascano proprio dalla preoccupazione per una gestione della parte attuativa troppo discrezionale da parte del governo
claudio
l'amara realtà è che l'università risulta ancora una volta funzionale a battaglie politiche che nulla c'entrano. Moratti, Mussi e Gelmini ci sono passati sopra senza che si potesse percepire alcune differenza né sui finanziamenti né sulle strategie di lungo periodo. ora però fa comodo ad alcuni alzare un polverone che poteva risolversi con il governo Prodi e questo io non lo dimentico.
luca