2010/10/10 claudio procesi procesi@mat.uniroma1.it
cari amici io concordo con le analisi di Longo ma al momento la mia analisi e` la seguente. Noi non contiamo nulla se trattiamo direttamente con i politici, per loro valgono puri rapporti di forza e noi di forza ne abbiamo zero.
Per questo di fronte alla mobilitazione dei ricercatori sono disposti a fare qualche concessione (peraltro al momento mi paiono solo vaghe promesse).
Forse un minimo di contrattazione con i nostri rettori la potremmo avere se agissimo in modo unitario.
Io ho perso la bussola e non ho piu` seguito il ddl nei suoi vari passi anche perche' il veleno spesso e` nei dettagli o nelle parti che vengono lasciate a future circolari. Certo che trovo folle mettere ad esaurimento i ricercatori e poi iniziare uno stillicidio di idoneita` che creeranno una lotta intestina fra gruppi, fra ricercatori e precari associati etc..
Comunque quando ho visto Berlusconi al Cepu ho capito che per noi e` la fine.
claudio
On Oct 10, 2010, at 7:18 PM, Egidio Longo wrote:
Cari amici,
fatemi dire prima di tutto che quando alcuni colleghi mi hanno segnalato
a suo tempo
questa iniziativa, ho esitato un po' ad aderire, soprattutto per
l'impegno a dimettersi
dalle cariche accademiche, convincendomi poi a farlo lo stesso solo
perché in questo
periodo non rivesto alcuna carica da cui dimettermi... La mia perplessità, corroborata ora dalle ultime discussioni che si sono
sviluppate
in questo forum, derivava soprattutto dall'esperienza fatta due anni fa,
come presidente
del Consiglio di area didattica di Fisica, quando la precedente
agitazione dei ricercatori aveva
messo in forse lo svolgimento dell'anno accademico con forme di lotta
molto simili a quelle attuali.
TUTTI i presidenti in carica dei consigli di area didattica della Facoltà
di Scienze della Sapienza,
me compreso, si erano dimessi per protesta contro lo stato
dell'Università pubblica.
Il preside accolse oralmente le nostre dimissioni scritte, ricordandoci
peraltro che eravamo tenuti
a portare avanti tutti gli atti di ordinaria gestione dei consigli (ossia
tutto, perché non è che nei
consigli si faccia molto altro oltre a gestire l'ordinaria
amministrazione).
Nessun altro seguito ebbe la nostra iniziativa, ed io ho completato
l'anno dopo il mio mandato
alla sua scadenza naturale, avvicendandomi con un collega, senza che
nessuno si sia preso
la briga di prendere atto in qualche modo della nostra protesta.
A questo punto, tuttavia, più che le modalità della attuale protesta,
sono sempre più perplesso
dalla apparente confusione sugli obiettivi: credo che se non sono chiari
gli obiettivi di una lotta,
le possibilità di portarla avanti con qualche speranza di successo siano
praticamente pari a zero.
L'eco, peraltro non molto sonoro, che giunge all'opinione pubblica e agli
studenti, sembra indicare
che l'obiettivo della protesta del mondo universitario sia il ddl Gelmini
sull'Università.
Ora non c'è dubbio che il traino della protesta sia costituito da alcune
organizzazioni dei ricercatori,
e che le loro rivendicazioni, che io giudico assolutamente legittime ma
al tempo stesso piuttosto
corporative, abbiano come obiettivo il ddl Gelmini ed in particolare il
trattamento in esso riservato
agli attuali ricercatori a tempo indeterminato.
Ma il resto dell'Università? dovremo forse pensare che se cade il ddl
Gelmini
(come per qualche momento è sembrato possibile nei giorni scorsi con la
sua calendarizzazione)
abbiamo vinto la nostra battaglia e possiamo tornare contenti alle nostre
solite occupazioni?
Io condivido pienamente quanto dice Procesi, "il ddl Gelmini non è questa
grande rivoluzione"
ma, aggiungo, non è neanche questo gran danno, e forse a questo punto
sarebbe ancora
più dannoso il suo affossamento. "Il vero punto è sulle risorse... insomma della quota del PIL dedicata
alla Università e ricerca"
Io credo che dovremmo avere il coraggio di dire che qualunque ministro o
governo che
accettasse di mettere sul piatto un sostanziale aumento di queste risorse
rispetto al passato
(non già una parziale riduzione dei tagli, il "piatto di lenticchie" che
chiedono i rettori ed altri soggetti
in questi giorni) potrebbe avere carta bianca su governance, carriere,
stato giuridico e obblighi
per i docenti. Perché il vero obiettivo dei nemici dell'Università
pubblica, mascherato
dietro l'efficientismo aziendalistico, la meritocrazia, la competizione,
ecc., è quello di strangolare
il sistema dell'istruzione e della ricerca pubblica attraverso la
continua riduzione dei fondi.
E questo obbiettivo a me pare sempre più pericolosamente vicino!
E allora, si può fare qualcosa? All'inizio dell'estate io avevo avanzato una proposta alla mia facoltà,
con la speranza che potesse
essere fatta propria almeno da tutte le facoltà di Scienze: da una parte
dichiarare che tutti i corsi
della facoltà sarebbero partiti in regola con tutto il corpo docente
impegnato a farsi carico
al completo della nostra variegata offerta didattica, dall'altra
compilare la tabelle
informatiche che il ministero utilizza per l'accreditamento dei corsi
basandosi esclusivamente
sugli obblighi minimi di legge (un solo corso per associati ed ordinari,
nessuno per i ricercatori)
In questo modo nessun corso della nostra Facoltà avrebbe soddisfatto i
requisiti minimi,
e a questo punto stava al ministro la responsabilità di dichiarare non
validi alcuni dei più
prestigiosi corsi della nostra disastrata ma non ancora smantellata
Università, o, in alternativa
riconoscere che l'insieme delle normative (tutte di responsabilità
politica, purtroppo di vario colore)
che regolano i corsi unversitari e gli obblighi dei docenti costituisce
ormai una maionese impazzita.
La mia proposta, a parte la scontata opposizione dei ricercatori
organizzati, è caduta nel vuoto
ed il risultato è che attualmente tutti i corsi della Facoltà di Scienze
della Sapienza sono stati
rimandati di tre settimane, nella speranza che dal primo al 18 ottobre
qualche miracolo
(che nessuno però è in grado nemmeno di profetare) permetta di far
partire l'anno accademico
con un minimo di regolarità.
Ora si prospetta però un'altra occasione: il ministro (forse
approfittando dello stato di confusione
generale in cui versa il mondo universitario) ha pensato bene di emanare
il DM 17, che rende operativa
la famigerata circolare 160. Questo decreto, introducendo una nuova serie di cervellotici requisiti
sulla struttura dei corsi di laurea,
concepito come tutti i precedenti nel chiuso delle stanze del ministero,
senza consultare
(o peggio ignorando i pareri espressi, vedi sotto) le parti interessate, costringe a mettere mano ancora una volta agli ordinamenti, che in alcuni
casi sarebbero stravolti,
e cosituirebbe probabilmente il colpo di grazia ad un sistema ormai alle
corde.
Una volta tanto il CUN ha reagito con prontezza e durezza, vedi http://www.cun.it/media/105926/mo_2010_10_06.pdf ribadendo il parere estremamente negativo già espresso sulla circolare
Potremo cogliere l'occasione per opporci con forza a questa ulteriore
vessazione,
chiedendo a tutti i colleghi investiti di qualche responsabilità, dai
rettori ai presidi
ai presidenti dei consigli didattici, dimissionari o meno ;-), di
rifutarsi pubblicamente di
applicare il nuovo DM. Anche in questo caso, si tratterebbe di rilanciare al ministro la
responsabilità di negare,
in maniera indiscriminata, l'accreditamento a centinaia di corsi di
laurea o risolversi una buona volta
a mettersi all'ascolto di tutti gli stakeholders, tra i quali spero
metterà anche noi docenti
e non solo l'ufficio-studi di Confindustria (non lo farà, ma attenzione, nel caso dovremmo prepararci a dire "sì, sì,
no, no, che il di più viene dal maligno")
Scusandomi per questa lunga esternazione, saluto tutti caramente.
Egidio Longo ____________________________________
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Ho letto un po' di messaggi in sequenza (ero rimasta indietro) e sono sempre più depressa.
Concordo che le risorse sono forse la cosa più importante/urgente: stiamo per morire strangolati, se non allentano il cappio non c'è nulla da fare.
Però vorrei segnalare che il ddl gelmini è letale, decisamente letale. A parte altre questioni (importanti ma che tralascio): 500 norme e codicilli soffocheranno l'università di burovcrazia: passeremo ANNI a stendere regolamenti & Co, non resterà tempo per nient'altro anche perchè saremo a ranghi ridottissimi. Inoltre c'è un rischio enorme: la legge è piena di deleghe al governo: Se la legge passa e il governo cade (ma forse anche se non cade, visti i tempi del ministero, vedi vicenda PRIN2008) ci troveremo in una situazione di vuoto normativo assolutamente paralizzante. Non è una riforma epocale è semplicemente una riforma distruttiva.
Mi riempie di orgoglio essere paragonata ai 12 che durante il regime fascista hanno detto di no al giuramento di fedeltà al regime. Però devo ammettere che ho solo rassegnato le dimissioni da coordinatrice di dottorato, mentre i 12 hanno perso il posto di lavoro. Da questo punto di vista forse mi sarei aspettata che il numero di docenti disposti a rassegnare le dimissioni fosse un po' più alto. Comunque: venir fuori sarebbe molto importante perchè la protesta non resti la protesta dei ricercatori, ma occorre trovare la forma opportuna. Forse si potrebbe tentare un lancio sulla stampa in cui esplicitamente si chiedono altre adesioni.
L'osservazione di Walter Lacarbonara:
Quindi, su definanzia l'università pubblica, si liberano risorse per destinarle a centri di ricerca, università pseudo-private gestite dall'alto.
è drammaticamente corretta. e risuona (nella mia mente almeno) con il richiamo ai 12 del regime fascista. Il regime infatti definanziò l'allora giovane ed efficiente CNR, che, fondato da Vito Volterra, non era sufficientemente allineato nè tantomeno controllabile e dirottò i fondi sull'accademia d'Italia, controllata direttamente. Tutto si tiene.
Nei prossimi giorni si gioca la partita finale, bisogna cercare in tutti i modi di fare pressione/rumore. Quindi anche 70 prof che si dimettono da varie cariche accademiche sarà una briciola ma farà un poco di rumore. Spero che altri si uniscano o facciano rumore in altri modi (siamo un po' anarchici per natura) e spero che gli studenti facciano tanto chiasso.
saluti anna