Si torna però sempre lì: senza l'uso della bibliometria manca un modello alternativo serio per una valutazione della ricerca. Francamente la valutazione dei risultati ex post è risibile e non sposta il problema.... Attualmente mi pare che l'unica alternativa sia non fare alcuna valutazione e restare agli antichi sistemi di potere. Se è tutto qui mi tengo la bibliometria... Saluti Alessio
On 01/30/2014 11:37 AM, Lorenzo Tortora de Falco wrote:
Cara Anna, cari colleghi di Universitas,
sono perfettamente d'accordo per contrastare l'uso della bibliometria, e trovo al tempo stesso rivelatrice e sconcertante la frase che citi:
garantire un quadro di riferimento omogeneo in grado di indirizzare il comportamento dei docenti e, soprattutto **dei giovani ricercatori, alla qualità nella scelta di cosa, come e dove pubblicare*."
La parola chiave mi sembra essere "omogeneo". Siamo molto lontani da ciò che scrive Alain Connes (medaglia Fields del 1982) in a "A view of Mathematics" (http://www.omath.org.il/image/users/112431/ftp/my_files/Alain%20connes.pdf?i...) sulla ricerca in matematica:
<<It often begins by an act of rebellion with respect to the existing dogmatic description of that reality that one will find in existing books.>>
Ma siamo molto lontani anche dal semplice buon senso di chi realmente si interessa in modo serio di politica della ricerca scientifica. Molte "alte" voci si sono alzate contro la bibliometria, ma questo è servito a poco. La mia sensazione è che purtroppo anche se un numero significativo di colleghi capisce il rischio di una "deriva bibliometrica", soprattutto per il mondo umanistico e per quello delle scienze più teoriche, all'atto pratico accade spesso che ognuno cerchi la sua convenienza del momento, personale oppure (nei casi migliori) della propria disciplina, ponendosi la domanda: "ma io ci rientro in questi criteri?" Se la risposta è positiva, ecco che la critica si fa più blanda e meno pressante.
In conclusione, io sono pronto a fare qualcosa in questa direzione, ma in tutta onestà non riesco a vedere un modo "intelligente" di contrastare questa tendenza, cioè che sia politicamente praticabile e che possa sortire degli effetti. Sono disponibilissimo anche ad azioni tipo mega-petizioni o simili, pur ritenendo che non serviranno, perché far sentire una voce è sempre meglio che tacere, e non si sa mai come sarà davvero recepita. Però mi piacerebbe trovare una forma più originale che possa in qualche modo attecchire, e confesso di non vederne alcuna. Forse però qualcuno ha idee in merito?
Saluti a tutti,
Lorenzo Tortora de Falco.
On Jan 30, 2014, at 10:46 AM, anna painelli wrote:
Buongiorno:
non so quanti di noi hanno letto questo documento dell'ANVUR http://www.anvur.org/attachments/article/455/accreditamento%20corsi%20di%20d...
A pagina 5 recita "L'ANVUR ha cercato di armonizzare gli indicatori collegati ai criteri A4 (qualificazione scientifica del collegio di dottorato) e A14 descritti nella Sezione 3, con quelli utilizzati nella VQR 2004-2010 e con indicatori bibliometrici di largo uso nella prassi internazionale, *in modo da garantire un quadro di riferimento omogeneo in grado di indirizzare il comportamento dei docenti e, soprattutto **dei giovani ricercatori, alla qualità nella scelta di cosa, come e dove pubblicare*."
a me sembra un gravissimo attacco alla libertà di ricerca e quindi alla ricerca tout court.
Possiamo far sentire la nostra voce?
saluti anna
-- Anna Painelli Dip. Chimica Parma University 43124 Parma, Italy tel 0521-905461 fax 0521-905556 skype: anna.painelli