At 22:13 +0100 13.12.2008, claudio procesi wrote:
...
I criteri di valutazione dipendono dai macrosettori come Scienze, Ingegneria, Medicina, Legge, Discipline Umanistiche.
Allora tanto vale tenere le aree attuali, almeno c'è già un minimo di articolazione e non bisogna reinventarsi anche questa parte di lavoro:
Area 01 - Scienze matematiche e informatiche Area 02 - Scienze fisiche Area 03 - Scienze chimiche Area 04 - Scienze della terra Area 05 - Scienze biologiche Area 06 - Scienze mediche Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie Area 08 - Ingegneria civile e Architettura Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche Area 12 - Scienze giuridiche Area 13 - Scienze economiche e statistiche Area 14 - Scienze politiche e sociali
Magari abolendo o cambiando drasticamente la divisione in settori scientifico-disciplinari.
Valutazione:
La psicologia (parte dell'area 11) va da quelli che trovano totalmente ovvio pubblicare su riviste internazionali, referate etc. fino a quelli che trovano altrettanto ovvio lavorare essenzialmente a livello di rapporti con "il territorio" (ASL, ospedali etc.).
Noi come facoltà e dipartimento (nel nostro caso le due strutture hanno larghissime sovrapposizioni come persone afferenti), dopo lunghe e complicate discussioni, ci siamo dati un insieme di criteri condivisi sia per l'assegnazione interna dei fondi collettivi (tipo gli ex-60% o le quote dipartimentali per il cofinanziamento dei Prin/Cofin) sia per una valutazione preliminare dei curricula disponibili (es. per deliberare sull'assegnazione ai vari SSD dei posti di nuovo reclutamento o di slittamento). Non è stato facile e la soluzione non ha realmente soddisfatto nessuno, ma tutto sommato è un compromesso ragionevole e abbastanza efficace ed efficiente. I criteri si stanno estendendo "verso il basso", es. per l'assegnazione di assegni di ricerca et similia.
Si tratta di criteri orientativi, non di muri e paletti. Il fatto è che nessun criterio formale può funzionare, men che meno in situazioni complesse come la nostra. Complessità che poi c'è un po' dappertutto: condiviso che un accademico si muove in tre aree (ricerca, didattica e management), come tenere insieme i risultati di ciascuno su ciascuna area? Ognuno di noi ha un proprio profilo e, fatto salvo un minimo decoroso su ciascuna delle tre aree, solo la struttura interessata sa di quale profilo abbia maggior bisogno in ciascuna situazione e in ciascun momento.
Infatti i criteri dei quali parlavo sopra riguardano solo la ricerca, mentre su didattica e management ci si affida alla semantica: sappiamo benissimo chi sappia meglio o peggio fare management e gli studenti (che, con ovvia cautela, ascoltiamo) hanno chiaro chi sappia meglio o peggio insegnare.
Il sugo è: affidarsi a referee che facciano le pulci all'attività delle strutture e magari anche delle persone, non a criteri presuntivamente oggettivi e basati esclusivamente sulla sintassi. Come farlo in una nazione che funziona esclusivamente con criteri formali, ricorsi al TAR e così via?
chiaramente se si toglie uno dei tre pilastri l'edificio crolla.
Direi che se ne dovrebbero aggiungere almeno altri due:
(4) Abolizione del valore legale del titolo di studio, in modo da permettere una reale differenziazione tra strutture che funzionano meglio e peggio; in alternativa, la "competizione" rimane affidata al Ministero. Ricordiamoci che al momento pare che l'ente di ricerca di gran lunga migliore d'Italia sia l'IIT.
(5) Un sistema di (a) contratti per gli accademici e (b) finanziamento/erogazione di servizi agli studenti che permetta ai "capaci e meritevoli" di andare a lavorare o studiare nelle università migliori.
Dopodiché, se finalmente si permette al "mercato" di differenziare tra atenei buoni e atenei meno buoni, e agli atenei di competere per la qualità, non solo si ottiene un miglioramento della qualità media, ma non c'è più bisogno di tante valutazioni formali. Ma avete visto che nel DL in voto al Parlamento è previsto che si dimezzino gli scatti biennali a chi nell'intervallo di tempo non ha pubblicato? OK, direte, finalmente un po' di "meritocrazia". No, perché il diavolo è nei dettagli: chi decide cosa vale per "pubblicazione" ai fini della pienezza dello scatto biennale? Il Ministero, annualmente, con apposito decreto-legge! E rieccoci all'IIT, e rieccoci alla vanificazione di tutta questa nostra discussione.
Qualunque tipo di criterio formale deve essere abolito; salvo, forse (forse), un insieme di criteri minimi per l'idoneità. Se vogliamo liberalizzare, allora liberalizziamo davvero.
- Maurizio Tirassa