Grazie!
il contributo di Algostino è molto bello. E' da un po' che penso al fatto che difendere la scuola e l'università è difendere la nostra costituzione (o viceversa). Come *chimico* però mi mancano un po' le parole. Grazie ad Algostino per l'analisi lucida e competente.
Segnalo anche: Calamandrei "Per la scuola", Palermo, Sellerio, 2008. E' una piccolissima perla (si legge in un pomeriggio).
Difendere l'Università Pubblica non è una difesa di interessi corporativi (come vogliono farci credere) è una difesa di garanzie di libertà.
saluti anna
Wed, 2010-04-14 at 00:25 +0200, Maurizio Tirassa wrote:
Inoltro un frammento delle comunicazioni che stanno viaggiando su una lista interna all'Università di Torino. L'ultimo messaggio, quello di Alessandra Algostino, mi sembra particolarmente centrato, almeno a me che mi occupo di tutt'altra area di ricerca.
Buona serata,
Maurizio Tirassa
Date: Mon, 12 Apr 2010 22:02:27 +0200 (CEST) From: "Alessandra Algostino" alessandra.algostino@unito.it To: ricercatori__unito@di.unito.it, coordunito@di.unito.it, precari@unito.it Reply-To: coordunito@di.unito.it Subject: [coordunito] piattaforma e costituzione
Cari tutti, concordo assolutamente con Alessandro sulla necessità di una piattaforma ampia, che sappia leggere gli attacchi alle singole categorie (dai ricercatori strutturati ai ricercatori precari al potere dei baroni, che, non a caso, accennano a muoversi, al diritto allo studio degli studenti, alle esternalizzazione alle cooperative, etc.) come parte di un'unico disegno, al quale dunque si deve rispondere in maniera complessiva, con il vantaggio di rafforzare le rispettive posizioni e essere meno ricattabili e "accontentabili". Sarà deformazione professionale, studiando e insegnando diritto costituzionale, ma mi pare che la Costituzione - almeno quella che per ora ancora abbiamo! - può fornire alcuni principi condivisi dai quali muovere per una critica radicale del ddl, può costituire un fondamento unificante per la piattaforma. Due punti cardine, in sintesi.
- L'art. 33, c. 2, della Cost. afferma che "la Repubblica... istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e gradi", il che significa in primo luogo carattere pubblico dell'università, contro l'evidente disegno di privatizzazione (e "istituisce" implica anche un finanziamento adeguato), e indica altresì che il soggetto è lo Stato non la Regione, il che fra l'altro costituisce implicazione altresì di un altro fondamentale principio costituzionale, qual è quello di eguaglianza (art. 3 Cost.). 2. Autonomia (art. 33, ult. co., Cost.: «le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato»): l'autonomia non implica assolutamente sostituzione di finanziamenti statali con finanziamenti auto-reperiti dalle singole univesità, anzi proprio il finanziamento statale garantisce una effettiva autonomia. L'autonomia infatti è funzionale alla tutela della libertà di ricerca e insegnamento (art. 33, c. 1), che dunque è il principio, il valore, l’obiettivo al quale essa è subordinata. Essa inoltre può essere intesa come autogoverno, il che significa organi democraticamente (non come oggi!) eletti da tutte le componenti e che vedono la partecipazione di tutte le componenti, non certo consigli di amministrazione con almeno il 40% di esterni. Si può ancora aggiungere che l’autonomia è inscritta in una prospettiva costituzionale più generale: promuovere lo sviluppo della cultura (art. 9), rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo e la piena partecipazione della persona umana (art. 3). Questo è il senso dell’autonomia costituzionale, non la messa in competizione delle università e il loro abbandono alla logica del profitto e alla spendibilità delle conoscenze. Autonomia infine si può intendere come indipendenza, come tutela di un "contropotere", di una garanzia: in questo senso, difendere l'indipendenza dell'università è come difendere il ruolo della Corte costituzionale, l’indipendenza della magistratura, la posizione di garanzia della Costituzione che può esercitare il Pres. della Rep., la funzione delle opposizioni , l’autonomia dei sindacati o, ancpra più ampiamente, attraverso la possibilità di costruire sapere critico, dissenso, l'esistenza di quel pluralismo che è l’essenza della democrazia. Scusandomi ancora per la deformazione professionale, alle prossime assemblee, Alessandra Algostino
Prof.associato Diritto costituzionale comparato Facoltà di Scienze Politiche Università degli Studi di Torino c/o Dipartimento di Scienze Giuridiche Via S. Ottavio 54 - 10124 Torino
-------------------------- Messaggio originale --------------------------- Oggetto: [ricercatori__unito] Re: [UNILEX] la differenza tra le assemblee di Roma e di Milano (a parer mio) Da: ferretti@to.infn.it Data: Lun, 12 Aprile 2010, 4:07 am A: unilex@list.cineca.it
Carissim*,
una nota sulla questione delle richieste "tecniche" e "generali".
Ad oggi, nelle università italiane è in atto una mobilitazione che si basa su una minaccia concreta e un assunto: la minaccia è quella di creare pesantissimi disagi allo svolgimento del prossimo anno accademico, e l'assunto è che la responsabilità ultima di questi disagi sia credibilmente imputabile ad intollerabili decisioni politiche governative (generali o particolari che siano) e non alla malvagità, fannullonaggine e/o cattiveria d'animo dei protestatori.
Più la minaccia sarà concreta e più l'assunto sarà credibile, più la forza contrattuale sarà alta e il governo sarà portato a trattare. Senza forza contrattuale, ovviamente, scordiamoci la trattativa: questa è la base di tutto.
Se e quando si andrà a trattare al ministero, la sostanza della questione da parte loro sarà molto semplice, del tipo: "Voi avete promesso di mandare a pallino il prossimo anno accademico. Ammesso e non concesso che ci riusciate, che cosa chiedete in cambio del ritiro della minaccia?"
Chiarito questo, mi sembra che il nocciolo della questione sia questo: se un soggetto va al tavolo, deve dire in modo possibilmente organico quali sono le sue richieste per far cessare la protesta. A seconda della forza contrattuale del soggetto, il ministero ascolterà, farà delle controofferte e si inizierà la trattativa.
Supponiamo infatti che Pinco Pallo vada al tavolo e dica: "cominciate a darci lo stato giuridico, e poi sui temi generali ne parliamo poi". Il governo risponderà semplicemente: "Ma se noi concediamo lo stato giuridico, tu pensi che la minaccia diventerà irrilevante o che la protesta continuerà?" Se Pinco Pallo risponderà che a suo parere non sarà sufficiente, allora ovviamente verrà chiesto subito quali sono le altre richieste cui ottemperare; se risponderà che sì, dovrebbe bastare, le altre richieste diventeranno irrilevanti perchè tanto il governo, con la cessazione della protesta, ha già raggiunto il suo scopo.
Quindi: lo premessa primaria per chi voglia andare a trattare con il governo è quella di definire la sua piattaforma, ovvero il prezzo da pagare per spegnere la protesta. Una netta distinzione tra temi "tecnici" e temi "generali" all'interno della stessa piattaforma, non ha molto senso: ha senso solo se ci sono soggetti differenti che avanzano proposte differenti.
Altrettanto ovviamente, chi si dichiara disposto a rinunciare alla protesta dopo l'ottenimento della richiesta "tecnica" non può investire la sua forza contrattuale sull'ottenimento della richiesta "generale", e quindi oggettivamente rimarrà un po' meno forza contrattuale per l'ottenimento della richiesta generale.
Quindi: presentarsi divisi con piattaforme diverse oggettivamente indebolisce coloro che hanno la piattaforma più ampia, a meno che la forza contrattuale (ovvero, la capacità di creare disagi) di chi si accontenta delle proposte meno onerose sia bassa, e non risolva il problema del governo.
Di nuovo, è un fatto più che legittimo: ognuno fa quello che gli aggrada, e non emetto giudizi morali. Ma è evidente che, in questo senso, due piattaforme differenti sicuramente interferirebbero tra di loro, ed in un modo non costruttivo.
Tra i ricercatori, oggi, c'è una frattura che fortunatamente è ancora latente: tra coloro che si interessano solo agli aspetti "ricercatoriali" e coloro che ad essi aggiungono l'interesse sugli altri aspetti del DdL e della politica universitaria.
Negli atenei mobilitati e non, tanti ricercatori stanno lavorando proprio per evitare che questa frattura si concretizzi, cercando di discutere e di elaborare una piattaforma ampia e organica che possa essere largamente condivisa.
Il suo successo dipenderà dalla sua forza contrattuale, ovvero dal numero di ricercatori astensionisti che si riconosceranno in essa e che saranno disposti ad avviare la protesta in suo nome, ma non solo da questo.
Infatti il vantaggio potenziale, ma fondamentale di una piattaforma ampia e non "tecnica" sta nel suo potenziale attrattivo verso le altre categorie (studenti, prof, personale TA, società civile) anch'esse interessate dal DdL e ad oggi non mobilitate, o mobilitate in parte.
Il compito che ci attende il 23 a Milano è quindi quello di interpretare i sentimenti, le aspirazioni e la determinazione dei colleghi, di sintetizzarle in una piattaforma ragionevole, e al contempo di elaborare strategie per coinvolgervi gli altri attori oggi passivi, che ne aumenterebbero enormemente la forza contrattuale.
E' una sfida difficile, faticosa e dagli esiti incerti, ma anche una sfida matura e non più rinviabile, per la quale vale davvero la pena impegnarsi tutti, anima e cuore, con tutte le nostre energie.
Spero davvero che, se non capiterà tra le varie sigle, almeno nella grande massa dei ricercatori mobilitati ci si parli, ci si confronti, si analizzi e si ricomponga la frattura oggi latente; in ultimo, che si operi insieme per il bene dell'Università pubblica, del suo personale, dei suoi studenti e per rendere meno cupo il futuro della società italiana.
Un caro saluto e in bocca al lupo a tutti noi,
Alessandro
Da Unilex, lista di legislazione universitaria fondata da Tristano Sapigni
Condivido quanto sostenuto da Zilli. Non ho alcuna difficoltà ad accettare la sua analisi e sono anche convinta che il tema generale della riforma dell'università sia di portata tale da richiedere un dibattito accurato e "politico" globale. Cosa intendere in una società moderna per università, quale ruolo assegnare alla ricerca ed alla formazione, quali fondi destinare ad essa (molti più di quelli destinati atttualmete) eccetera. Globale in questo caso dovrebbe intendersi, credo, per la presenza di tutte le figure universitarie, sociali, filosofiche o culturali in senso lato e via discorrendo. Dove sono? Vi sono temi di importanza assoluta in una società moderna: diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto all'istruzione, libertà di culto, libertà di stampa e qualche altro diritto ancora. Dalle nostre parti, nel nostro Paese per inenderci, ognuno di questi temi meriterebbe da solo una riforma. Parlo di una vera riforma e non di un'azione di cassa camuffata da riforma (vedi ddl Gelmini). Ora, ognuno dei temi succitati richiede un dibattito globale e idee lungimiranti e fondi economici notevoli e forza di realizzazione. Dove sono? La confusione nel dibattito che il ddl Gelmini sulla riforma dell'università ha scatenato non penso possa essere vista in termini dicotomici: realtà delle cose e proiezioni delle proprie aspirazioni. Ma, soprattutto, non mi sembra si possa identificare nella realtà delle cose il dato oggettivo e nelle aspirazioni personali il lato soggettivo della questione, rimandando i due concetti ad una forma di lungimiranza la prima e ad una sorta di miopia le seconde. Sono temi paralleli, sono sviluppi contemporanei di una linea complessa di approccio a questo enorme problema. Voler provare a risolvere un aspetto particolare (sicuramente limitato del problema generale) non merita di essere giudicato "spudoratamente corporativo" contrapponendolo ad un più morale "sollevare lo sguardo al di la' della propria ombra a mezzogiorno". La scelta di optare per concentrarsi su un obiettivo "minimo" non esclude la tensione verso l'Obiettivo Maximo. Chi scrive ha già ottenuto, in tempi non sospetti, che il Senato Accademico ed un'assemblea generale del proprio Ateneo si esprimessero in termini critici nei confronti del ddl Gelmini e che si ottenesse una solidarietà nei confronti dei ricercatori all'unanimità (Ordinari, Associati, Presidi e Rettore compresi). In tali sedi si richiese espressamente un intervento della CRUI. Ed il fatto di lavorare per un aspetto "tecnico" minimale del problema non ha mai impedito di affrontare temi e problemi generali. La deriva che tutta la discussione sulle assemblee ha assunto in questi giorni, a mio avviso, sta in questo malinteso, ovvero nell'idea che una discussione di un aspetto particolare tolga forza alla discussione dei temi generali. Mi chiedo: perchè si ha così tanta preoccupazione per il fatto che qualcuno possa ottenere (e non è certamente detto che accada) un risultato parziale? perchè il successo (eventuale) di una proposta limitata dovrebbe portare del male alla discussione generale? Perchè non ho ancora sentito nessuno di coloro che vogliono parlare del tema particolare attaccare chi vuole parlare del tema generale, mentre (non è il caso di Zilli) c'è un continuo tentativo di delegittimare l'assemblea di Roma? Sono così chiari a tutti gli scenari socio-politici che si apriranno da qui al 2020 da esser così certi che essere un pochetto miopi porterà di necessità a sbattere contro il muro? e, soprattutto, si è così certi che tale "lieve (me lo si consenta) miopia" farà del male a coloro che, eroici, vogliono "sollevare lo sguardo al di la' della propria ombra a mezzogiorno".
Naturalmente e senza polemica alcuna, a parere mio. Annalisa Monaco
Da: sergio zilli zillis@UNITS.IT A: UNILEX@LIST.CINECA.IT Inviato: Sab 10 aprile 2010, 18:26:04 Oggetto: [UNILEX] la differenza tra le assemblee di Roma e di Milano (a parer mio)
Da Unilex, lista di legislazione universitaria fondata da Tristano Sapigni
Il dibattito sul tema sta prendendo la strada della confusione tra realtà delle cose (collettive) e proiezione delle proprie aspettative (personali). Il ddl attualmente in discussione affronta le principali temi del funzionamento del sistema universitario, senza dare alcuna risposta ne' al degrado cui lo stesso e' sottoposto - in ragione prevalentemente di politiche finanziarie restrittive attuate dagli ultimi governi - ne' alle esigenze del paese di disporre di una struttura dell'alta formazione/ricerca adeguata a quella dei paesi di economia avanzata. Il problema centrale non e', a mio parere, costituito dal peggioramento di singoli elementi, ma da un complesso di momenti che se non risolti nel loro insieme non cambieranno piu' di tanto l'attuale stato delle cose. L'universita' va riformata partendo da un diverso approccio al problema, che deve partire dall'inviduazione di un (nuovo) rapporto tra alta formazione/ricerca (pubbliche, a mio parere) e sistema paese: ovvero si deve (la politica deve) decidere se la prima serve al secondo o meno. Se serve deve essere finanziata e riorganizzata; in caso contrario, o se non si vuole affrotnare il problerma, si puo' anche rimescolare le acque odierne e lasciarla svanire un po' alla volta, cosa che il disegno di legge sta facendo. A questo punto mirare a salvare un solo elemento della struttura puo' dar soddisfazione a qualcuno nel medio breve periodo, ma contribuisce a lasciar scivolare inesorabilmente la "baracca" verso il baratro. Si dovrebbe lavorare per allargare il ragionamento, portare dentro gli atenei la riflessione sullo stato della crisi, tentare di far (ri)partire un discorso che si confronti con l'approccio della politica odierna (di maggioranza e minoranza: rare le note fuori spartito, finora). Cosa praticamente impossibile finora, come si vede dalle mobilitazioni degli ultimi anni, ma se una voce non su (ri)alza dagli atenei, c'e' poco da sperare. Finora si sono mossi quasi esclusivamente i ricercatori, alcuni per interessi spudoratamente corporativi, altri tentando di sollevare lo sguardo al di la' della propria ombra a mezzogiorno. Il destino degli attuali ricercatori a tempo indeterminato e' uno degli aspetti dell'attuale degrado: puntare legittimamente a risolverlo - magari in una maniera da me non condivisa, seppur supportata da moltissime adesioni - puo' dare giusta soddisfazione nel breve medio periodo, ma non altera il fosco quadro che si delinea per i prossimi anni. E certamente non avvicina chi ricercatore a tempo indeterminato non e'. Anzi. Se i ricercatori sono in grado di svolgere ancora un ruolo promotore della "riflessione" sul sistema universitario, stimolando azioni collettive in diversi atenei (e ognuno rifletta su cosa e' accaduto nella propria universita'/facolta') ed anche convocando assemblee nazionali, devono continuare a farlo spingendo per affrontare il complesso dei problemi. Qui sta, a mio parere e da quanto ho capito, la differenza tra le due assemblee di Roma e di Milano.
saluti
Sergio Zilli
P.S: In relazione all'efficacia di quanto finora fatto, ripeto cio' che ho scritto una settimana fa: i testi sul dibattito parlamentare sono pubblici ed e' facile vedere quali proposte hanno avuto ascolto e trasformazione in emendamento e quali - nonostante l'ampia adesione - non hanno trovato alcun recepimento.
dott. Sergio Zilli, Ph.D. ricercatore confermato, professore "aggregato" Laboratorio di Geografia Dipartimento di Storia e Culture dall'Antichità al Mondo Contemporaneo Universita' di Trieste via Economo 4 - 34123 Trieste (Italy) tel: +39 040.5587505; fax: +39 040.5587508; skype: sergiofionda e-mail: zillis@units.it Membro della Giunta del Consiglio Universitario Nazionale / Consigliere per l'area 11 ############## "Una societa' che ha per obiettivo la crescita è come un individuo che ha come modello l'obesità" (Luigi Pintor) ############## "Gallina che sasso mangia sa il culo che ha" (Altan) ############## "I compagni me li da' il partito, gli amici me li scelgo io" (Leopoldo "Poldo" Francovigh)
Unilex, fondata nel 1995, ha 1163 iscritti al 14 gennaio 2010. Le regole di funzionamento sono scaricabili da http://www.ing.unitn.it/~devol/regole_di_unilex.pdf Listmaster: claudio.dellavolpe@unitn.it
Unilex, fondata nel 1995, ha 1163 iscritti al 14 gennaio 2010. Le regole di funzionamento sono scaricabili da http://www.ing.unitn.it/~devol/regole_di_unilex.pdf Listmaster: claudio.dellavolpe@unitn.it
Universitas_in_trasformazione@mail.dm.unipi.it mailing list
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