Condivido diversi punti della lettera.
Vorrei comunque sottolineare un dato di fatto che risulta in netto disaccordo con un'opinione e luogo comune troppo diffuso in Italia: il fatto che un anziano occupato tolga il posto di lavoro ai giovani. Per quanto l'economia non sia una scienza esatta, i dati statistici su occupazione di giovani ed anziani nei Paesi avanzati comparabili all'Italia (OCSE) mostrano con chiarezza che gli Stati che hanno una maggiore percentuale di occupati tra gli anziani (es. 60-64 anni) hanno anche la maggiore percentuale di giovani (es 25-30 anni). Si tratta di una correlazione statistica significativa, senza necessariamente ci sia un nesso causale diretto.
Tuttavia il fatto e' abbastanza comprensibile se si considera quanto accade in Italia, dove una serie di disfunzioni dello Stato, sindacati e societa' in generale agiscono per deprimere l'occupazione dei lavoratori anziani, che e' tra le piu' basse dei Paesi OCSE, facendone pagare il conto allo Stato tramite scivoli, mobilita', cassa integrazione in deroga piu' che decennale, prepensionamenti (fino a 40 anni in passato), aumentando cosi' la tassazione che a sua volta deprime l'offerta di lavoro per tutti e quindi anche per i giovani.
E' vantaggio ovvio per qualunque societa' avere la maggior percentuale possibile sia di giovani sia di anziani occupati in attivita' utili. Detto questo per l'economia e la societa' in generale, rimane vero che la materia dell'eta' di pensionamento degli anziani in un contesto come l'universita', dove non agiscono le logiche del mercato ma logiche statali, burocratiche e corporative, logiche che spesso perdono anche il senso del termine "logica", il discorso e' piu' complesso da dirimere.
Io mi limito a dire che un docente universitario anziano che fa un lavoro utile alla societa' e riceve per questo un compenso commisurato all'utilita', dovrebbe avere possibilita' di lavorare. Una societa' che per un complesso di norme, istituzioni e organizzazione interna lo impedisce o lo ostacola e' una societa' che ha un problema, che la rende meno prospera. Il declino economico italiano dipendere anche da questo e molti altri fatti simili a questo.
L'opinione italiana sbagliata che gli anziani tolgano il lavoro ai giovani, secondo la mia opinione personale, ha due origini.
La prima origine riguarda il comparto statale, dove norme e consuetudini corporative e relazionali si combinano a dare retribuzioni e potere eccessivo agli anziani. Questo fa si che se si fa un confronto in termini di risultati diviso costi gli anziani sono un peso (ma erano dall'altra parte dell'equazione quando erano giovani).
La seconda origine e' il fatto che nel comparto privato i contratti di lavoro (che riflettono mentalita' coporative un po' feudali simili a quelle che influiscono nel settore statale) prevedono progressioni di anzianita' di servizio, indipendenti da merito, che si accumulano anche per decenni. Queste progressioni sono in Italia significativamente maggiori che all'estero. Quindi anche per le imprese private in termini di risultati / costi i lavoratori anziani sono un peso. Specie nei decenni passati della prima Repubblica, le imprese private piu' grandi (Fiat, Olivetti, Pirelli) proprietarie anche dei maggiori mezzi di informazione, hanno spesso propagandato questa idea della necessita' di prepensionare gli anziani (a spese dello Stato) per assumere giovani per diretto interesse economico e per promuovere consenso politico a queste forme di intervento statale.
Personalmente ritengo che questo insieme di credenze, norme e comportamenti in materia di occupazione di giovani ed anziani siano uno degli elementi primari del declino economico italiano.
2013/11/12 morante silvia.morante@roma2.infn.it:
Gentile Prof. Carrozza,
se le parole che i giornali riportano sono davvero quelle da lei
Cordialmente,