Caro Lorenzo e cari colleghi,
mi fa piacere che sia stata avviata una discussione su un tema così delicato che riguarda tutti gli aspetti dell'organizzazione della vita universitaria, dagli scorrimenti tra fasce ai rapporti tra colleghi giovani e meno giovani. Ho apprezzato molto i vostri interventi.
Per fugare il campo da ogni dubbio sul mio punto di vista, mi pemette di riportare uno stralcio di un articolo pubblicato nel 2005 http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php?option=com_docman&task=cat_vi... e presentato in un seminario nazionale sull'Università del 2004 (tra gli altri, vi era anche il bocconiano Perotti) http://www.dsi.uniroma1.it/~cencia/OTTOPROPOSTE ed in svariate altre occasioni pubbliche.
"L’Università di oggi ed ancor più quella del futuro non può fare a meno dei giovani, deve perciò prospettare loro un realistico inquadramento in posizioni di responsabilità in tempi ragionevolmente brevi e certi. Negli altri paesi evoluti con cui ci confrontiamo nella competizione scientifica e tecnologica, i giovani, dopo avere conseguito il dottorato ed un eventuale periodo di post-dottorato utile ad affinare ulteriormente le capacità di autonomia scientifica, sono inquadrati in ruoli a forte contenuto di responsabilità ed autonomia sia nella didattica che nella ricerca. Ed è proprio in ragione della progressione di carriera che l’autonomia diventa una condizione essenziale al fine di valutare la maturità scientifica e didattica del giovane. Il percorso di crescita nel ruolo docente è graduale, spesso prevede un reclutamento iniziale nel ruolo di professore di primo livello e due avanzamenti intermedi. Secondo l’attuale riforma (ndr, Riforma Moratti), invece, sono previste a regime due sole fasce di docenza (professore associato e ordinario) di fatto allungando in modo insostenibile i tempi per l’inquadramento in un ruolo stabile, condizione necessaria per garantire libertà di ricerca e di insegnamento."
Tornando al punto che ha scatenato tanta vis polemica, quello cui ho assistito negli anni è stata una presenza di ricercatori ed associati nei concorsi priva di alcuna capacità di incidere sulle scelte, spesso gli stessi ricercatori ed associati eletti erano a loro volta sotto concorso per la progressione di carriera con un evidente conflitto di interessi. Da qui la mia provocazione. Mi farebbe piacere venire a conoscenza di situazioni di segno diverso.
Se da professori associati si vuole avere un ruolo più incisivo nell'Università occorre battersi con vigore per i valori della trasparenza e del merito delle valutazioni (non secondo gli slogan propagantistici di Maria Stella) affermando in modo limpido quei principi di autonomia ed indipendenza. Sono questi gli indirizzi prevalenti? Vi è un comune senso di consapevolezza di rappresentare il risultato di un processo selettivo di altissima qualità?
Per questo mi ritrovo a condividere pienamente le posizioni di Univeristas Futura che - fatto inedito nella storia recente dell'Università italiana - faceva di questi principi dei capisaldi del proprio manifesto per un'Università moderna. Sapete cosa si dice in certi ambienti di economisti? Che la riforma dell'Università è in ultima analisi il primo esperimento di riforma di finanza pubblica responsabile, di un nuovo modo di amministrare le risorse pubbliche agganciandole ai risultati, insomma la si giustifica, con raffinate argomentazioni di finanza pubblica moderna, come una riforma che razionalizza in senso innovativo la spesa pubblica, altro che valori, principi, ricerca, didattica, competizione globale dei saperi.
Caro Lorenzo, ricorderai i nostri incontri a Roma 3 nel 2004-2005 in cui si discuteva delle linee di una riforma che prevedesse una fascia unica, porgramma che in UNIRA avrebbe potuto trovare un consenso. Si è preferito il Coordinamento associati mentre sarebbe stato e sarebbe oggi più efficace un percorso comune, che non presti il fianco a critiche di difesa di interessi corporativi, ci battiamo tutti insieme per un'Università pubblica, moderna, finanziata con risorse congrue.
E veniamo così al presente. Il DDL passerà tra poche ore. Sono d'accordo con Claudio Procesi, ragioniamo ad esempio sulla piattaforma di pochi punti indicati che riguardano soprattutto le modalità in cui la riforma sarà implementata nei nostri Atenei.
Walter Lacarbonara
Il giorno Dec 22, 2010, alle ore 12:57 AM, Lorenzo Tortora de Falco ha scritto:
Cari colleghi di Universitas,
vorrei intervenire su di un punto preciso al quale feci già rapidamente cenno giorni fa (al momento di replicare alla lettera su Science). Premetto che ringrazio Walter Lacarbonara che con Claudio Procesi ha avviato questo Forum. Mi sembra che sia un utile esercizio quello di leggere e di esprimersi, ed anche di dover far fronte ad opinioni spesso diverse dalle nostre, ed in questo spirito vorrei si leggesse il mio intervento. Speriamo che a medio termine tutto ciò sia anche efficace (intendo il forum).
Voglio dissentire con vigore dall'opinione di Walter Lacarbonara sulla presenza degli associati nelle commissioni e negli organi di governo, sottoponendovi una piccola riflessione. Notate che quanto segue è valido a fortiori per i ricercatori (peccato che domani li radieranno definitivamente dall'accademia). Sappiamo tutti credo quanto forte possa essere il potere ricattatorio di chi da ordinario è presente in una commissione insieme ad un collega associato il cui curriculum sarà a breve giudicato dallo stesso ordinario (o da un suo amico). Però, però, però...non vi pare che l'associato (sperabilmente più giovane) possa avere una visione più innovativa, più rivolta al futuro delle prossime generazioni del collega ordinario? E non vi pare che forse qualche associato anche "sotto ricatto" possa dissentire dal collega ordinario? E non vi pare che questo dissenso possa essere moooolto importante per la comunità scientifica? Prendere posizioni chiare, ferme, di minoranza; cosa di più utile al nostro paese in questo drammatico momento di spaventoso conformismo e silenzio? Io credo che togliere la possibilità di assumersi le proprie responsabilità a donne e uomini la cui età media secondo le statistiche non è inferiore ai 50 anni (non propriamente dei bambini dunque...) sia un altro modo di non credere nel futuro. E penso anche che una norma dettata dalla paura e dalla sfiducia non possa essere una buona norma. Se ci pensate, dire che si eliminano gli associati dalle commissioni e dagli organi di governo perché ricattabili, vuol dire dare agli associati il diritto di sentirsi ricattati, ed agli ordinari quello di ricattarli. Mentre io credo che dovremmo ristabilire che gli uni hanno il dovere di esprimersi secondo coscienza e gli altri hanno il dovere di rispettare le opinioni dei colleghi più giovani (e spesso anche più vicini alla ricerca). Che ci siano dei malfunzionamenti non può esimerci dall'ambire a come vorremmo che le cose fossero, perché senza questa speranza che ci stiamo a fare? Non vi pare? Oltretutto che io sappia quasi ovunque nel mondo i docenti di grado n sono giudicati da quelli di grado maggiore O UGUALE ad n (e in alcuni casi anche da quelli di grado minore di n...). Perché mai questo paese dovrebbe sempre costituire un'anomalia?
Saluti a tutti,
Lorenzo Tortora de Falco.
On Dec 21, 2010, at 12:46 PM, Walter Lacarbonara wrote:
Cari colleghi,
in merito alle iniziative del coordinamento professori associati, condivido l'impegno costruttivo ma non comprendo le ragioni di una frammentazione per categorie. Non le comprendo soprattutto di fronte alla portata di una strategia politica ampia che mina alle basi l'istituto dell'università pubblica che è unica garanzia di libertà di ricerca ed insegnamento. Mi sono sempre battuto per affermare la falsità e strumentalità di quanto viene fatto passare all'opinione pubblica sui sistemi più avanzati di università e ricerca, come quello statunitense, che è niente affatto di impianto privatistico, bensì nella sostanza fortissimamente PUBBLICO.
L'altro aspetto che non comprendo è legato alla richiesta di presenza nelle commissioni e negli organi di governo dei professori associati. Così come è stato fino ad oggi, questa presenza è fortemente condizionata dagli avanzamenti di carriera. O si va seriamente su un sistema di valutazione tipo peer review nei concorsi oppure i professori associati saranno sempre più condizionabili. Non ho sentito prevalere queste ragioni nelle discussioni. Per raffigurare meglio la situazione degli orientamenti attuali al nostro interno, vi riporto il caso di un'emblematica discussione nel Consiglio del mio Dipartimento di pochi giorni fa sui criteri per la qualifica di Professore Senior Sapienza che deve essere connotato da un profilo di eccellenza scientifica. Ho proposto che si considerassero, insieme alle altre valutazioni (criteri minimi 'burocratici' sul numero di pubblicazioni degli ultimi 3/5 anni), l'H-factor e le valutazioni della didattica frontale effettuata tramite le schede degli studenti degli utlimi 3 anni. Ho proposto che per ogni SSD si considerasse l'H-factor medio degli ultimi 3 anni e si accertasse che il candidato Professore senior "eccellente" avesse il suo H-factor superiore alla media del Dipartimento (anche di un epsilon). La mia proposta è stata definita 'provocatoria', anche da parte degli associati.
Nasce forte il sospetto che dietro le posizioni del coordinamento professori associati ci siano soltanto rivendicazioni di tipo sindacale, in linea con la tradizione del nostro paese. Oggi, più che mai, dobbiamo essere uniti, come dice Saverio Giulini, forse i nostri appelli così sfiorerebbero le 10.000 adesioni!
Walter Lacarbonara
PS In un prossimo messaggio vi riporto qualche considerazione sulla discussione al Senato sul disegno di legge n. 1905-B.
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Per consultare gli archivi, cancellarsi, o cambiare le proprie impostazioni: https://mail.dm.unipi.it/listinfo/universitas_in_trasformazione
Ulteriori informazioni, e per firmare la petizione, sito di Universitas Futura: http://w3.disg.uniroma1.it/unira/index.php
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